Niente previsioni, neanche questa volta. Neanche per questo scorcio d’autunno così stabile e caldo. Neanche in presenza dei deliri catastrofici che la maggior parte dei media nazionali, opportunamente imbeccati da chi se intende di farfalle ma non di caos e nemmeno di meteo e clima, hanno inscenato per questa appendice estiva fuori stagione.
Il cambio di stagione è, anzi, non è, nel titolo del nuovo libro di Martìn Caparròs (Verdenero Edizioni Ambiente). Sulla pagina dove è possibile acquistare il libro ci sono i link a tre recensioni.
“Senza offesa, credo che l’enorme attenzione che si sta dedicando alla minaccia del cambiamento climatico si relazioni soprattutto a vantaggi politici ed economici che quei timori possono generare”.
Metro – Intervista di Stefania Divertito
“Si è perso il senso della proporzione tra la concretezza del problema e quella di situazioni più gravi, come la fame, che uccide ogni secondo” I dati sul clima però sono reali. “Il problema esiste, ma è assurdo che il vertice di Copenhagen sul clima abbia avuto tutti i media e i Capi di Stato e quello di Roma sulla fame solo il Papa, perché vive lì, e leader come Ahmadinejad e Gheddafi. l’ecologia è una moda e detta l’agenda”.
Vanity Fair – Ferdinando Cutugno
“L’ecologia tende a ipotizzare un mondo statico dove i procedimenti richiederebbero sempre le stesse risorse naturali. Entra nel panico perché proietta le carenze del fututo sui bisogni attuali: perché tutto quello che immagina sono apocalissi. E’ uno dei suoi grandi vantaggi: l’ecologia è la forma più prestigiosa del conservatorismo. Dev’essere assai rassicurante. E’ fantastico aver trovato una forma di partecipazione che non implica rischi, giova direttamente a se stessi e propone il mantenimento di ciò che si conosce. E’ fantastico poter sentire che uno sta facendo qualcosa per il mondo, lo sta difendendo dai cattivi, facendo sì che cambi solamente il necessario affinché nulla cambi.”
E Caparròs non è uno scettico. Non potrebbe, non ne sa di clima. Sicché decide di andare a vedere alcuni dei posti dove il cambiamento climatico starebbe già facendo danni o è previsto che li faccia, prima o poi. E invece ci trova l’ipocrisia di un movimento che ha troppo da fare per occuparsene. Troppo impegnato a fare summit, troppo impegnato a scrivere regole come quelle del Protocollo di Kyoto che “si basa sul principio che se inquini, paghi. Quindi basta comprare crediti. Il mercato vale 160 miliardi di dollari all’anno“.
Mi sa che questo libro è da leggere…
NB: da Meteoweb.
Ultime notizie: Nobel per la Fisica (2011, non 1971) pericolossimamente vicino al negazionismo climatico!!!
Ha detto
Dov’e’ il negazionismo? Ma come!!! Non ha detto che bisogna diminuire le emissioni, e ha lasciato una porta aperta alla possibilita’ (blasfema!!!) che i modelli non siano poi cosi’ affidabili.
Orsu’ qualcuno si dimetta, in quel di Stoccolma!!
Mi sembra che il prof. B. Schmidt abbia perfettamente ragione. Il suo è un approccio estremamente corretto al problema GW e, più in generale, alle problematiche scientifiche. Egli, in primo luogo, giustifica il dibattito sviluppatosi intorno alle problematiche climatiche: trattandosi di questioni scientifiche è giusto che se ne dibatta, dice, in quanto la teoria scientifica non è mai definitiva. Anche la teoria dell’accelerazione dell’espansione dell’universo è buona, continua, ma è legittimo metterla in discussione. Sentire uno scienziato che mette in conto che la teoria da lui sviluppata e che gli è valsa il Nobel 2011, possa essere messa in discussione è un balsamo per le mie orecchie! Questo blog e, indirettamente tutti i suoi frequentatori, sono considerati “mistificatori” solo perché avanzano dubbi su certe “conclusioni” scientifiche considerate “definitive” dai loro sostenitori. Spero che chi ha queste idee abbia l’occasione di leggere le parole del prof. Schmidt. Anche se le leggerà, però, sono convinto che continuerà a considerarci mistificatori e incompetenti in quanto la confutazione di una teoria scientifica, ci dirà, è compito dei pari certo non di quattro sprovveduti perditempo che invece di chiacchierare nel bar lo fanno qui su CM.
Eh, cari miei, la vita è dura per i blog, per i blogger e per i commentatori!
Ciao, Donato.
Eppure c’è ancora chi sostiene tesi di questo tipo:
“..Ma l’uomo è anche un animale comunitario, e l’allargare l’immaginario dalla propria morte a quella di tutta la propria comunità, del proprio mondo, è un’operazione che vien da sola.
Sappiamo di certo che questa fine ci sarà, possiamo cercare di immaginare come avverrà, ma fino a qualche decennio fa non immaginavamo che avremmo scoperto molto presto la risposta alla domanda su quando questo avverrà. Ora lo sappiamo: molto presto. La fine è vicina, è certo. Fino a qualche anno fa prevedevamo di avere a disposizione almeno un centinaio di anni per invertire la rotta ed evitare il collasso del nostro pianeta. Ora sappiamo che ci siamo sbagliati. Il tempo che manca alla clessidra, infatti, ora lo misuriamo in lustri, e non in tanti.”
Naturalmente non finisce qui.
“Noi ora abbiamo il compito di essere assolutamente creativi. Nei prossimi dieci anni dobbiamo aspettarci delle sorprese, catastrofi naturali, economiche, sociali, difficile immaginare lo scenario. Ma di sicuro se non saremo capaci di uscire dagli schemi che crediamo invalicabili come gabbie, il futuro non sarà roseo, semplicemente non sarà.”
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Evidentemente, c’è bisogno anche di questo…
gg
Purtroppo sembra di sì. Inoltre questa ennesima profezia proviene da un festival del giornalismo anche abbastanza noto. Tristezza.
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Animo, queste cose sono sempre esistite. Non ci sono problemi di anticorpi.
gg