Siamo evidentemente duri di comprendonio, per alcuni siamo addirittura pazzi a voler continuare a nutrire dei dubbi sulla teoria dell’AGW1, ma in fondo siamo anche arrivati da poco. Chi invece ha dedicato la propria vita allo studio ed alla ricerca nel settore del clima, spesso vedendosi messo da parte perché non aderente al consenso, duro ha dovuto imparare ad esserlo e pazzo certamente non lo è.
Qualche settimana fa ho avuto il piacere di conoscere il Prof. Adriano Mazzarella, Direttore dell’Osservatorio Meteorologico Dell’Università Federico II di Napoli. In quella occasione mi ha parlato di un suo lavoro recentemente pubblicato su Energy & Environment il cui titolo è piuttosto eloquente: Sun- Climate Linkage Now Confirmed. Inutile sottolineare che spazio nel mondo dell’informazione scientifica top class non ne ha trovato, dato che questa si è ormai appiattita completamente sui temi della catastrofe climatica e delle sue origini antropiche. Dell’informazione più generalista poi è inutile parlarne, del resto quest’ultima ha comunque bisogno di essere almeno imbeccata.
Il titolo, come detto, dice già molto, tuttavia vale la pena entrare un po’ più nello specifico. Per farlo occorre essere disposti ad avvicinarsi all’argomento del clima e delle sue dinamiche con un approccio olistico, ben diverso da quanto avviene normalmente. Nonostante da più parti si senta affermare che quello del clima è un sistema complesso, l’attuale stato dell’arte impedisce di scrollarsi di dosso l’abitudine a pensare alla sua evoluzione in senso deterministico. La nostra ragione ha necessità di individuare continui rapporti di causa effetto che regolino il funzionamento delle cose. Questo sistema funziona piuttosto bene ad esempio in un settore in rapporto di stretta parentela con il clima, il tempo atmosferico, infatti i moderni modelli di previsione numerica sono appunto detti deterministici. Queste tecniche però non danno risultati altrettanto soddisfacenti nel settore del clima, tuttavia anche i modelli di simulazione climatica (GCM) seguono questa logica.
Come sottolineato già nell’abstract del documento, la complessa non-linearità del sistema clima, in cui agiscono innumerevoli processi di azione e retroazione -i cosiddetti feedback-, non può essere riprodotta sperimentalmente, specie se la maggior parte di questi processi è sconosciuta. Le approssimazioni e le semplificazioni finiscono infatti per descrivere un sistema molto diverso da quello reale. L’approccio olistico consisterebbe nel considerare il sistema nella sua interezza, investigando il comportamento del Sole, della circolazione atmosferica, della rotazione terrestre e delle temperature di superficie del mare come una sola cosa. Da questa analisi scaturisce l’idea che il sistema stia andando nel corso della prossima decade verso un graduale raffreddamento.
Per giungere a queste conclusioni sono state impiegate le serie storiche dell’attività geomagnetica (indice aa) nella sua qualità di proxy per la turbolenza del vento solare sul piano dell’ellittica, della differenza di pressione atmosferica al livello del mare tra le latitudini 35° e 55° nord lungo l’intera circonferenza, ottenendo così una misura dell’indice di zonalità della circolazione, della velocità di rotazione della Terra, misurata con la lunghezza del giorno, ed infine delle SST (Sea Surface Temperature), ovvero delle anomalie rispetto al periodo 1961-1990.
Analizzando questi dati si nota una correlazione pari a -0.97 tra l’indice aa e l’indice di zonalità. In sostanza un aumento del vento solare produce una diminuzione del flusso zonale con un lag temporale pari a cinque anni. La correlazione tra l’indice di
zonalità e la lunghezza del giorno è pari a -0.87, da ciò si deduce che un’attenuazione del flusso zonale produce una decelerazione della velocità di rotazione della Terra con un ritardo di quattro anni. La lunghezza del giorno e le SST sono infine correlate con un indice pari a -0.98; da questo si deduce che un aumento della lunghezza del giorno produce una diminuzione delle temperature di superficie con un ritardo di quattro anni. Il meccanismo, secondo quanto esposto dal Prof. Mazzarella dovrebbe funzionare in questo modo: L’arrivo sulla Terra di shock idrodinamici nei periodi di intensa produzione di particelle da parte del Sole, produce una compressione della magnetosfera terrestre e una decelerazione della rotazione del pianeta attorno al proprio asse prodotta dall’attenuazione del flusso zonale. A seguire una diminuzione delle temperature di superficie degli oceani e successivo raffreddamento di tutto il sistema.
In effetti è l’approccio unitario che consente di apprezzare il contributo energetico cumulativo piuttosto che istantaneo del vento solare e della circolazione zonale. Analizzando quest’ultima è inoltre possibile individuare periodi in cui prevalgono scambi meridiani piuttosto che zonali di masse d’aria. Ad esempio le circolazioni con basso indice zonale sembrano aver prevalso nei periodo 1885-1915 e 1960-2000, mentre quelle ad elevata zonalità hanno dominato tra il 1915 ed il 1960 ed ai giorni nostri. Una forte componente zonale è associata ad un vortice polare molto contratto e ad un tendenza all’aumento delle SST, mentre la prevalenza di circolazioni meridiane, che favorisce la formazione di strutture bariche associate ad un vortice polare più espanso favorisce una diminuzione delle temperature di superficie degli oceani.
Infine, considerata la relazione di proporzionalità inversa tra la lunghezza del giorno e le SST (massimo per la prima e conseguente minimo per le seconde dopo circa quattro anni) si può tentare di ricavare delle indicazioni sulla futura evoluzione del sistema. Posto infatti che la relazione tra queste grandezze rimanga costante e considerata l’esistenza di un ciclo della durata di sei decadi che si sovrappone ai cicli di Hale e Shwabe rispettivamente di 11 anni circa il primo e 22 il secondo, si può immaginare un graduale declino delle temperature a partire dall’anno 2005. Le tendenze più recenti sembrerebbero confermare questa ipotesi.
PS: Il Prof. Mazzarella mi ha autorizzato a pubblicare il pdf del suo articolo, lo trovate qui; successivamente mi ha anche inviato una nota di suo pugno ad integrazione del post, nota che pubblico integralmente.
Ho letto con attenzione i vari commenti al riguardo del lavoro da me pubblicato su E&E e sono rimasto sorpreso dalla durezza di alcuni commenti che non hanno forse ben compreso lo spirito del lavoro.
E’ noto che l’approccio riduzionista non ha portato e non porterà mai ad alcuna valida conclusione sulla modellazione fisica del sistema Atmosfera-Terra-Oceano per la presenza di innumerevoli gradi di libertà che aumenteranno sempre di più man mano che si usano porzioni di atmosfera sempre più limitate . Per liberarci da questo limite e cercare di ottenere delle previsioni più affidabili occorre trovare un metodo per diminuire il numero di gradi di libertà.
Per tale motivo ho cercato di analizzare il sistema Sole-atmosfera -Terra nella sua interezza analizzando eccellenti misure di alcuni importanti parametri (tutti disponibili in rete): la turbolenza del vento solare, la circolazione zonale atmosferica, la lunghezza del giorno e la temperatura del mare. Questo perché la variazione della turbolenza solare, differentemente da quella elettromagnetica, è molto variabile ed in grado di influenzare pesantemente la circolazione atmosferica attraverso la magnetosfera. Ma se la circolazione zonale è disponibile non lo sono le altre circolazioni del pianeta e per questo ho rivolto l’attenzione alla velocità di rotazione che rappresenta un po’ la “summa” di tutte le circolazioni atmosferiche.
In definitiva la turbolenza solare è in grado di frenare la velocità di rotazione della terra attraverso la magnetosfera e questo si ripercuote sulla temperatura del mare che, rispetto alla temperatura dell’aria, è molto più rappresentativa della temperatura del Pianeta a causa della sua elevata capacità termica. A causa della forzante esterna solare non si può invocare il principio dell’invarianza del momento angolare.
Questo è tutto e penso che tale modello unitario molto semplice sia la chiave di volta per fornire informazioni sul futuro del riscaldamento; l’applicazione di tale modello mi ha consentito di prevedere la diminuzione della temperatura a partire dal 2005 come effettivamente sta succedendo.
Adriano Mazzarella
- Riscaldamento Globale di origine Antropica [↩]
[…] screditata rivista “Energy and Environment“. Un suo riassunto in italiano è uscito su Climate Monitor, con commenti […]
Ho letto con attenzione l’articolo, che riprende un precedente lavoro pubblicato un anno fa, ma onestamente non riesco a capire alcune cose.
Mazzarella prende serie storiche di circa 120 anni e le media a 23 anni. Ottiene quindi circa 5 punti indipendenti. Sottrae un trend lineare (2 gradi di libertà ), normalizza le ampiezze dei residui (un grado di libertà ) e sposta temporalmente le serie. Ottiene quindi un singolo parametro indipendente per ogni serie, che risulta lo stesso entro gli errori per le grandezze considerate. È un dato interessante, ma non capisco quanto significativo, andrebbe capito per bene cosa indichi. Andrebbe capito, per esempio, come il pesantissimo trattamento dei dati operi su un rumore 1/f, tipico in questi processi.
Spesso oltretutto l’informazione rimossa ha il segno opposto a quello della correlazione trovata. Ad es. la lunghezza del giorno aumenta nel tempo (come la temperatura), mentre la correlazione ha segno negativo.
Poi come han osservato altri prima di me, manca completamente un qualche meccanismo fisico. È perfettamente possibile che la correlazione (supposto sia reale) avvenga in senso opposto, che sia il clima a modificare il momento di inerzia terrestre, ad es. O che le fluttuazioni climatiche e di rotazione siano entrambe dovute ad altro (El Ninho, ad es.).
Tutta la parte filosfica dell’articolo (non trascurabile in percentuale) francamente non l’ho capita. L’idea di cercare correlazioni a tappeto sperando di scoprire qualcosa non è certo nuova, e l’ho adoperata pure io. Ma serve a farsi venire idee, non a provare qualcosa. Poi viene in difficile, cercare di capire cosa significhi quel che si è trovato. Può essere qualcosa di interessante, o (come mi è capitato) un diodo rotto in un ricevitore che dava un falso segnale.
Le tue sono delle considerazioni interessanti, le segnalerò al prof. Mazzarella, magari potrà rispondere. Per quel che attiene ai meccanismi fisici tuttavia, la loro assenza non credo sia una buona ragione per evitare di investigare in questa direzione. Semmai ci si dovrebbe concentrare proprio su questo per provare a tenerne conto nelle simulazioni no?
gg
[…] propone un modello fenomenologico (in altre parole “Un approccio olistico“, argomento trattato dal Prof. Mazzarella, citato nel lavoro di Scafetta, che CM ha avuto […]
[…] propone un modello fenomenologico (in altre parole “Un approccio olistico“, argomento trattato dal Prof. Mazzarella, citato nel lavoro di Scafetta, che CM ha avuto […]
[…] […]
@guidi
solo per concludere e, brevemente:
come forse sa, ho scoperto da poco questo blog e dunque non posso sapere tutte le cose che sono state già scritte. E’ verosimile che molte vengano ripetute.
Riguardo ai gas: so bene che la contro radiazione è emessa anche verso l’alto. Ho omesso di scriverlo solo per brevità .
Quello che volevo sottolineare, e qui lo ribadisco, è che il legame fisico, nel senso stretto del termine, tra gas serra e temperatura non è affatto immaginato, ma reale, e, pur con tutti i limiti delle approssimazioni, anche calcolabile.
Chiedo scusa se m’intrometto tardivamente, forse anche un po’ OT, ma prendo la palla al balzo visto che la discussione ha preso una direzione che mi interessa particolarmente. Consideriamo allora la nota relazione ΔF = 5,35*ln(C/Co). Bene a questo punto vi chiedo: come è stata ricavata? Mi riferisco in particolare alla determinazione del coefficiente alfa (=5,35) che gioca un ruolo fondamentale. Se tale relazione deriva da esperimenti di laboratorio sullo spettro di assorbimento della CO2, anche tralasciando gli effetti di feedback a scala planetaria, come si può negare l’importanza del forcing dei gas-serra antropici?
Salve Carlo,
spero che il Prof. Mazzarella veda il commento e risponda, altrimenti cercherò di sollecitare il suo intervento. Ti prego di avere pazianza perchè il post è piuttosto datato e non so se l’autore ne segue ancora la discussione. Se dovesse tardare ti prego di insistere, anche solo per memo.
Grazie, gg.
Bene, lo farò perchè mi sembra un punto fondamentale.
E’ esattamente quanto ho detto io. Sono certo che a voce ci spiegheremmo meglio che per iscritto.
@Claudio Gravina
Forse ho capito male il suo discorso sulla sensibilità climatica rispetto all’articolo citato.
Nell’abstract dell’articolo (solo a quello ho accesso) mi sembra si sostenga il contrario, cioè che non c’è tuning sulla sensibilità climatica ma è l’incertezza sul feedback degli aerosol a dare un fattore due di differenza sul forcing antropogenico e di conseguenza sensibilità climatiche diverse nei vari modelli.
@Guido Guidi
Il logaritmo è una funzione “lenta” ma ciò non vuol dire che è trascurabile sempre. Il logaritmo di 390/280 (rapporto fra le concentrazioni di CO2) è 0.33. Non sarà granchè, ma nemmeno gli aumenti di temperatura sono granchè, sempre di decimi si tratta.
Non voglio ovviamente sostenere che questo è un conto affidabile, ma non mi sbilancerei a sostenere così semplicemente che essendo logaritmico non è assolutamente sufficiente.
@ Giordano
Lungi da me il pensiero che lei volesse polemizzare. Trovo un po’ strano che lei parli di inesattezza e poi scriva le stesse cose che ho scritto io. Circa il legame fisico di cui sopra, ne abbiamo parlato su CM alcuni mesi fa a questo link (http://www.climatemonitor.it/?p=113). Tra l’altro, ma sono sicuro che è una svista, è forse inesatto dire che la radiazione infrarossa torna verso la superfice. Infatti la ri-emissione avviene in tutte le direzioni, non solo verso il basso. E’ proprio in funzione di questo meccanismo fisico che è noto il forcing diretto che la CO2 può esercitare. E questo, perdoni se mi ripeto, dato che è regolato da una funzione logaritmica non è assolutamente sufficiente a spiegare il riscaldamento nè per come si è manifestato, nè per come è previsto che si manifesti.
Se poi vorrà segnalarmi gli altri concetti espressi nel commento o altrove con cui si trova in disaccordo, sarò felice di provare a motivarli.
gg
Mi permetto di consigliare la lettura di questo libro:
Useless Arithmetic: Why Environmental Scientists Can’t Predict the Future
di Orrin H. Pilkey e Linda Pilkey-Jarvis.
Spett. Luca Galati, grazie intanto per l’intervento tecnico.
Una risposta l’ha già data lei. Infatti i modelli climatici globali vengono parametrizzati sulla sensibilità climatica. A parità di ricostruzione di temperature (e quindi per proxy conosciuti, siano essi misurazioni o ricostruzioni del paleoclima), bisogna però effettuare dei fitting (o tuning, non importa come li vogliamo chiamare) su fattori ad oggi sconosciuti, per esempio l’ozono e altre forzanti naturali ad oggi sconosciute o poco conosciute.
Le lascio un riferimento bibliografico, nella speranza di averle fornito la risposta che cercava:
Twentieth century climate model response and climate sensitivity. Geophysical Research Letters 34, L22710, doi:10.1029/2007GL031383. Kiehl, J.T. 2007
Buongiorno,
sono uno studente di Fisica dell’Atmosfera prossimo alla laurea
ed ho seguito il post molto interessante e i relativi commenti. Vorrei potervi chiedere solo delle delucidazioni in merito alla questione del tuning dei modelli climatici; dalle mie conoscenze in materia mi risulta che le equazioni utilizzate dai modelli altro non siano che le equazioni della fluidodinamica più le equazioni del trasferimento radiativo-convettivo che in quanto leggi fisiche universali non sono certo soggette a tuning: l’unica grandezza che io sappia soggetta a regolazione è la grandezza nota come ‘climate sensitivity’ la quale pare si possa dedurre dalle ricostruzioni paleoclimatiche e da altri tipi di studi: volevo quindi sapere quali sono le altre grandezze soggette a regolazione?
Noi nella laurea breve non studiamo i modelli climatici, ma ci ferimano alle equazioni di quelli meteorologici, per cui mi sembrava giusto chiederlo.
Grazie e Distinti Saluti
LG
@ Guidi e tutti.
premetto che sono sostanzialmente in disaccordo su quasi tutti i punti della risposta; comunque ringrazio per la stessa.
Non per amore di polemica, ma di chiarezza, e per informazione a chi leggesse questo blog, e per lo stesso Guidi, sottolineo in particolare l’inesattezza contenuta in questa affermazione:
“Lei parla di legame fisico, per cui certamente saprà che quello tra il forcing dei gas serra e la temperatura è in parte definito da una funzione logaritmica nota e in altra parte (la maggiore) immaginato attraverso tutta una serie di feedback assolutamente poco noti, per cui è parimenti assente, almeno fino a che queste azioni e retroazioni non saranno chiarite definitivamente.”
Il legame fisico tra gas serra e temperatura non è immaginato. E’ Fisica, ampiamente assodata, a meno che qualcuno qui non voglia mettere in discussione la fisica quantistica. Molte molecole, tra le quali la CO2, assorbono la radiazione infrarossa ad onda lunga emessa dalla superficie. Più precisamente vengono eccitati i livelli vibro-rotazionali delle molecole. Le ri-emissione di questa radiazione determina quindi un ritorno verso la superficie della radiazione termica che diversamente verrebbe dispersa verso lo spazio.
La discussione sui feedback, che come dice lei complica le cose, (verissimo!), ma non deve tuttavia confondere. Il legame fisico tra gas serra e temperatura c’è.
Buon lavoro a tutti.
Va bene, credo sia ora di chiudere questa faccenda. Ne parlavo poco fa, al telefono, con Guido Guidi: sig. Fiori, le consigliamo di aprirsi un blog tutto suo, la verremo a trovare (forse).
Mi è stato insegnato che i toni duri (quale che sia la ragione), se mi trovo a casa di altri, rimangono FUORI dalla porta.
Siamo quindi certi che il Sig. Fiori e chiunque altro volesse seguirne l’esempio, troverà tutto lo spazio necessario a toni duri (fosse solo questo…) nel proprio meraviglioso (e dignitoso) blog.
Se non sa da dove iniziare, vada qui: http://wordpress.org/
Buona fortuna.
Claudio Gravina
Il Sig. Monti ha ragione:
se si vuole trasparenza nelle vicende climatiche bisogna rispondere a qualsiasi critica senza rifugiarsi in ‘permalosità ‘ strane che non hanno nulla di scientifico: qui la tendenza sul blog è stata fino ad ora, ovvero molte volte, a soprassedere su certi attegiamenti esageratamente critici se non proprio maliziosi, sarcastici e a tratti irrispettosi e offensivi nei confronti di tanti onesti ricercatori-lavoratori nel campo del Clima: credo sia ora di rimettere le discussioni su un binario certamente più equilibrato; siamo quindi convinti che si possa ancora porre rimedio a questa situazione…
Mi dispiace per i toni più duri del solito, ma a tutto c’è un limite: c’è di mezzo la dignità di chi legge…
@ Giordano
Se avessi la risposta ai suoi quesiti, ovvero se sapessi quali sono i meccanismi con cui i flussi energetici provenienti dal sole e dal cosmo condizionano il sistema pianeta, vincerei il premio Nobel. E non sarebbe quello per la pace, come accaduto per alcune “certezze acquisite” che esprimono pari se non superiore livello di incertezza. Lei parla di legame fisico, per cui certamente saprà che quello tra il forcing dei gas serra e la temperatura è in parte definito da una funzione logaritmica nota e in altra parte (la maggiore) immaginato attraverso tutta una serie di feedback assolutamente poco noti, per cui è parimenti assente, almeno fino a che queste azioni e retroazioni non saranno chiarite definitivamente.
Per tornare al tema dello studio, può darsi che qualche idea l’abbia l’autore che, dato che segue il blog, se riterrà opportuno risponderle lo farà . Può darsi che questo non accada perchè il suo approccio non è stato proprio benevolo, ma questa è probabilmente solo una mia sensazione. Quello di cui si è dato conto è una serie di sinergie che difficilmente possono essere casuali, vista la precisione con cui le variabili in gioco subiscono oscillazioni. Saprà anche che sta per aver luogo un esperimento molto importante al CERN che si pone lo scopo di approfondire prorpio questi temi che quindi, forse, non sono così strampalati. Ma questa, ancora una volta è solo una mia opinione.
Vengo ora brevemente al suo commento sulla mia frase dedicata alle simulazioni numeriche. Non è affatto un problema di malafede, è che semplicemente, a causa della mancanza di informazioni relative alla maggior parte delle dinamiche che regolano il sistema, si è cercato di sopperire con un sovradosaggio di effetto antropico, ovvero con una probabile sovrastima della sensibilità climatica, in ordine alla quale il dibattito, come certamente sa, è tutt’altro che chiuso. Questo è il tuning, certamente necessario, ma anche in grado di condizionare i risultati delle simulazioni. In questo modo, la risposta della temperatura alla forzante antropica è divenuto un input e non un output delle simulazioni. Ancora una volta come lei saprà , i GCM sono stati in grado di ricostruire (seppur parzialmente) il passato recente, solo con questa sovrastima, che si rivela tale nel momento in cui, in assenza di un cambiamento di tendenza della forzante, il sistema reagisce in modo differente, cioè ora.
Non è detto che le risposte siano nella direzione in cui va lo studio del Prof. Mazzarella, ma è probabile che non siano neanche nella direzione in cui va la teoria del forcing antropico sull’effetto serra.
Sono certo di non essere stato esaustivo, ma spero di aver almeno ricondotto la discussione sul tema piuttosto che sul tono degli interventi.
Grazie per il suo contributo, saluti.
gg
@ Monti
Sulla risposta, attendo e non faccio illazioni. Riguardo invece ai modelli matematici e in questo caso i global climate models (anche io li conosco), lei che è un fisico dovrebbe sapere che non vengono regolati per ottenere un risultato per compiacere questo o quel committente (onestamente non riesco a capire come lei possa estrapolare questa intenzione dalle parole di Guidi), bensì per far quadrare un bilancio energetico che sfugge alla perfetta e completa quantizzazione del modello stesso. Tale imperfetta rappresentazione (ma stiamo parlando di sistemi dinamici e complessi, quindi è più che normale) richiede delle aggiustature prima e durante le corse modellistiche.
C.Gravina
caro gravina,
mi sembra evidente che nel merito la risposta tarda ad arrivare perchè è impossibile o quasi da trovare. Attendo fiduciosamente smentite, naturalmente.
Continuo del resto a non capire cosa ci sia di così terribile nell’avere espresso perplessità nel commentare l’articolo da voi proposto. Ho scritto che mi sembrava strampalato. Mi cospargo il capo di cenere e chiedo perdono. Ma questa non può essere una scusa per aggirare le domande poste da me, nonchè da altri lettori. Il miglior modo per contraddirmi è rispondermi con argomenti convicenti nel merito della questione, non accusarmi di essere maleducato.
Riguardo ai modelli climatici e meteorologici, che un poco conosco, la frase di Guidi ‘regolati alla bisogna’ per un non addetto ai lavori potrebbe sembrare proprio voler indicare che i modelli vengono regolati ‘ad hoc’ per ottenere il risultato desiderato. Perdonatemi, anche stavolta, se ho capito male, ma molti potrebbero interpretarla proprio in questo modo.
Buona discussione
Monti.
@ Giordano Monti
Un paio di precisazioni. Innanzitutto le operazioni di tuning sui modelli matematici sono all’ordine del giorno, senza bisogno di tirare in ballo comportamenti truffaldini (che tra l’altro ipotizza lei, e nessun altro in questo sito). Semmai, il tuning più che mettere in luce comportamenti fraudolenti, mette in luce i limiti del modello stesso (e questo è addirittura più grave, dal mio punto di vista).
La seconda precisazione è relativa ai mancati chiarimenti sull’articolo del Prof. Mazzarella. Come avrà letto, l’articolo qui pubblicato è un contributo esterno, ciò significa che non è un prodotto di chi scrive quotidianamente su Climate Monitor. Quindi i tempi per le risposte sono sicuramente più lunghi. Ammesso che si possa dare seguito ad una affermazione come questa:
Molto olisticamente, mi sembra di poter riassumere che questo post è semplicemente, olisticamente pieno di affermazioni strampalate.
@guidi
… questo è stato possibile soltanto per tramite di fini operazioni di tuning e delle giuste dosi di effetto antropico e sensibilità climatica, regolati alla bisogna.
questa affermazione equivale un po’ a dire che chi studia il clima con i modelli ne modifica artificiosamente la struttura, e dunque gli output, per far quadrare il risultato in modo dunque truffaldino.
Credo che molti onesti fisici e modellisti dell’atmosfera avrebbero qualcosa da dire su questa accusa gratuita.
Ps: siamo usciti fuori tema, ma vedo che dopo alcuni giorni che non frequento il blog i chiarimenti chiesti riguardo all’articolo di mazzarella (la lunghezza del giorno che modifica le SST, per esempio…) non sono per nulla arrivati.
Saluti,
G.
@ Silvio
Concordo con la tua ultima affermazione in merito alle capacità dei GCM. Però hai dimenticato di aggiungere che questo è stato possibile soltanto per tramite di fini operazioni di tuning e delle giuste dosi di effetto antropico e sensibilità climatica, regolati alla bisogna. Togli quello ed il giocattolo (si fa per dire per carità ) non funziona più. Posto che su questo si sta ancora discutendo, mi sorge il dubbio che non siano così attendibili….Dove sono finite tutte le medie, mediane, attrattori, anomalie etc. etc. degli ultimi dieci anni?
gg
La previsione climatica e’ cosa ben differente dalla previsione meteorologica. Il fatto che in meteorologia non si possa andare oltre i 7 giorni circa, non significa che le previsioni climatiche siano di conseguenza impossibili, in quanto, come dice giustamente Lorenzo, si tratta di previsioni di medie/anomalie, cosa ben diversa quindi. Le previsioni climatiche non sono previsioni meteo protratte per lunghissimi tempi.
Per fare un esempio semplice/semplicistico e un po’ riduttivo. Il lancio della monetina: la previsione per ogni lancio singolo e’ assai piu’ difficile della previsione della media di tanti lanci.
Pur concordando che su scala regionale i modelli climatici siano assai lontani dalla realta’, questo non e’ pero’ vero su scala globale. Si e’ verificato che essi sono in grado di riprodurre aspetti importanti del clima attuale, ovvero si e’ visto che l’ultima generazione di modelli del clima è in grado di riprodurre piuttosto fedelmente l’andamento temporale negli ultimi cento anni di alcune quantità medie, come per esempio la temperatura superficiale media terrestre, la sua distribuzione su scala continentale, la circolazione generale atmosferica e oceanica, l’estensione del ghiaccio marino. Hanno quindi dimostrato la loro capacità di effettuare previsioni attendibili.
@ Lorenzo
Non c’è da girarci tanto intorno, gli output dei GCM non sono trattati di filosofia o concetti da interpretare, sono numeri, stime di pressione, temperatura, vento etc. etc…Su quei numeri, ottenuti secondo la logica se uno varia di tot, l’altro non può che variare di tot e così via, non si fanno simposi interpretativi, si prendono (o si vorrebbero prendere) decisioni. E visto che è largamente provato che quei numeri non hanno alcun significato nè alcuna attendibilità , questo non dovrebbe accadere.
gg
Quello che forse voleva dire Silvio è che i modelli climatici hanno come output le grandezze medie le quali si raggiungono come ‘media’ delle ‘traiettorie di stato’ dell’attrattore che le caratterizza, quindi nei modelli climatici non c’è il problema della non-linearità che affligge invece quelli meteorologici.
@ Silvio
Grazie per il tuo intervento, però dire che i GCM seguono la logica del rapporto causa effetto (Cioè sono deterministici) non mi sembra proprio una imprecisione. Che poi perseguano scopi differenti da quelli dei modelli per le previsioni del tempo non c’è dubbio, come hai giustamente sottolineato. L’impatto dell’aumento dei gas serra sul bilancio radiativo non è un rapporto di causa effetto? L’aumento (presunto) della violenza dei fenomeni in ragione dell’aumento della temperatura non è un rapporto di causa effetto? Il fatto che dentro ci siano anche previsioni socio economiche il problema lo complica, non lo risolve, perchè queste sono ancora più impossibili da fare. Una piccola imprecisione forse è parlare di effetti su una regione: Per dirla con Tim Palmer (ECMWF) lo skill regionale dei modelli climatici è oggi pari a zero. Quanto alle limitazioni differenti mi trovi concorde. Le previsioni del tempo con i modelli numerici si possono fare, basta non pretendere di andare oltre i 5-7 giorni. Quelle climatiche non si possono fare proprio, nè per una stagione, nè per un anno, nè per dieci e tantomeno per cento. Con buona pace di chi ci crede.
gg
Riguardo alla affermazione sui modelli
“i moderni modelli di previsione numerica sono appunto detti deterministici. Queste tecniche però non danno risultati altrettanto soddisfacenti nel settore del clima, tuttavia anche i modelli di simulazione climatica (GCM) seguono questa logica”
mi permetto di riscontrare una grossa imprecisione.
Seppur i modelli di simulazione climatica, cosi’ come i modelli numerici meteorologici, siano basati sulle leggi fondamentali della fisica e della chimica, (sono rappresentazioni matematiche del sistema atmosfera) la previsione climatica e’ ban altra cosa rispetto alla previsione meteorologica.
Attraverso una previsione meteorologica si prevede lo stato del tempo in un certo istante futuro a partire dalle nostre conoscenze dello stato iniziale.
Altra cosa è una previsione climatica. Le proiezioni climatiche per il futuro sono effettuate sulla base di scenari di sviluppo socio-economico che a loro volta implicano tassi di emissione di gas serra e aerosol dovuti alle attività umane, utilizzando modelli numerici del sistema climatico terrestre.
Inoltre il clima è di per sé una grandezza statistica. Fare una previsione climatica ipotizzando uno specifico scenario futuro di emissione significa prevedere se, quanto e come la distribuzione statistica che rappresenta il clima in quella regione sarà soggetta a variazioni significative imputabili alle variazioni nelle emissioni ipotizzate dallo scenario. Questo tipo di previsioni climatiche, seppur affette da margini di incertezza, non soffrono delle stesse limitazioni di base delle previsioni meteorologiche deterministiche e permettono una stima della probabile evoluzione dello stato climatico del nostro pianeta.
L’accentuazione dei flussi meridiani è indice di variabilità nel breve periodo ed poco a che vedere con i trend di lungo periodo cui sono soggette le SST, le cui oscillazioni sono per lo più cicliche seppur sottoposte a forcing di vario genere. Tra questi naturalmente anche le strutture bariche e la ventilazione che ne consegue. Questo è ad esempio noto per l’enso, può darsi che si possa immaginare un meccanismo simile. Chiedo scusa per la brevità ma sono su una connessione mobile.
Gg
Ho letto tutto il PDF del Prof.Mazzarella e non avendo trovato alcuna risposta alle domande di chiarimento proposte da me e da altri, se non tutta la serie di correlazioni descritte anche nelle conclusioni e nell’abstract, attendo pazientemente risposte in merito.
@ Guidi
E allora ci spieghi cosa sarebbero le oscillazioni termiche a livello emisferico, il meteorologo è lei.
Ho scritto: “affermazioni strampalate”, sottintendendo “scientificamente strampalate”. Aggiungo che sono laureato in fisica, dunque qualcosa di scienze ci capisco.
Mi scuso per la sintesi, ma non credo sia vietato esprimere garbatamente una perplessità . Poi però nessuno risponde alla mia domanda: in particolare chiedevo chiarimenti riguardo al seguente passo:
“L’arrivo sulla Terra di shock idrodinamici nei periodi di intensa produzione di particelle da parte del Sole, produce una compressione della magnetosfera terrestre e una decelerazione della rotazione del pianeta attorno al proprio asse prodotta dall’attenuazione del flusso zonale. A seguire una diminuzione delle temperature di superficie degli oceani e successivo raffreddamento di tutto il sistema”.
Nell’attesa di una risposta auguro a tutti una buona giornata.
Gradirei conoscere le motivazioni scientifiche che hanno portato il Sig. Monti a dire che il lavoro del Prof. Mazzarella poggia su molte affermazioni strampalate.
Magari se avesse la bontà di fornirci i sui risultati di ricerca, ottenuti grazie ad approfonditi studi scientifici,avremo un altro importante punto di vista dello stesso argomento da poter confrontare con quello del Prof. Mazzarella.
La discussione diverrebbe in tal modo ancor più interessante, in quanto il confronto da inutilmente distruttivo passerebbe a proficuamente costruttivo.
Antonio Marino
@ Tutti
Ho aggiunto in calce al post una nota esplicativa del Prof. Mazzarella.
gg
@ Lorenzo
Non sempre si riesce a dare ad intendere di conoscere una pagina in più del libro. La tua considerazione sugli scambi meridiani e l’indice di zonalità mi fa sorgere il sospetto che tu confonda le ondate di freddo con le oscillazioni termiche a livello emisferico. Credo di poter affermare che tra le due cose c’è parecchia differenza.
Ciò detto, io ho apprezzato il lavoro del Prof. Mazzarella dopo averlo letto interamente, tu hai dichiarato di aver letto “almeno” le conclusioni. Magari vorrai approfondire un pò prima di continuare.
gg
@ Giordano
Noto con piacere che all’opera di peer-review si è aggiunta anche la valutazione altamente scientifica e ponderata di “affermazioni strampalate”.
Sono sicuro che si possa fare di meglio.
gg
Qualcuno però mi dovrà spiegare perchè la rotazione della Terra varia in funzione del flusso zonale: semplice spintarella?
Deve comunque valere la conservazione del momento angolare, per cui se diminuisce uno aumenta l’altro e viceversa.
visto che il tema è l’approccio olistico, mi sia consentito adottare un approccio olistico anche nel commento di questo articolo.
Dove sarebbe il legame fisico tra flusso solare, rotazione terrestre, lunghezza del giorno, SST? Cos’è uno shock idrodinamico?
Molto olisticamente, mi sembra di poter riassumere che questo post è semplicemente, olisticamente pieno di affermazioni strampalate.
Personalmente non sono per nulla scandalizzato dall’approccio olistico, sempre che non abbia capito male in cosa consista.
Il mio commento era riferito all’articolo del prof. Mazzarella nel quale, certamente per mia ignoranza, non capivo, e non capisco, in cosa consista l’approccio olistico.
Mi viene più semplice comprendere l’utilizzo dell’approccio olistico quando si tratta di analizare l’impatto del cambiamento climatico sulla biosfera o sul sistema socio-economico, ad esempio; oppure per valutare gli interventi di mitigazione e adattamento da intraprendere.
L’utilizzo per trovare alcune correlazioni fra coppie di quantità fisiche mi sembra, ironicamente, riduzionista.
Vorrei dire che l’approccio olistico è perfettamente consono allo studio dei sistemi complessi (anche quando li si consideri nella stretta accezione del termine, come sottolineato da Fiori). In particolar modo, anzi, l’approccio olistico può esistere come indagine a sè stante, oppure anche integrata ad una analisi più classica.
Infine, giusto per dare un nome a tutte le cose, lo studio tramite reti neurali (tanto citato da alcuni) è figlio dell’approccio olistico.
Non vedo tutto questo scandalo nell’approccio olistico, anzi sarebbe ora di comprendere che questo è l’unico approccio possibile per contrastare il sempre più imperante riduzionismo.
La medicina è il paradigma primo dei rischi di un eccessivo riduzionismo, a scapito di un approccio più olistico.
Attenzione, sbaglia chi pensa che approccio olistico significhi non avere risultati numerici, sbaglia chi si immagina risultati solo qualitativi e sbaglia chi pensa che una scienza olistica porti a perdere la conoscenza approfondita delle singole parti.
Ho letto almeno le conclusioni finali del link:
oltre alle tante cose ‘strane’ che appaiono e che abbiamo precedentemente rimarcato, manca anche il ‘forzante energetico’ globale che dovrebbe gistificare il GW e non la semplice variabilità della circolazione atmosferica e della circolazione oceanica.
Attendiamo inoltre con serenità e senza premura che vengano risolti i nostri dubbi fisici (miei e di Achab) sulla teoria, mancanti nelle conclusioni del paper ed espressi nei nostri precedenti interventi, consapevoli che le spiegazioni da parte vostra non tarderanno certo ad arrivare.
Per facilitare l’opera di peer-review (peraltro già a buon punto) che va avanti tra “suvvia non ci credo” e “a naso”, ho pubblicato nell’articolo il pdf del lavoro del Prof. Mazzarella. Per vostra ulteriore comodità allego comunque il link: http://www.climatemonitor.it/wp-content/uploads/2009/04/sun-climatelinkage-now-confirmed.pdf
gg
Una piccola e poco “scientifica” precisazione sull’ approccio olistico di cui ha sempre parlato il Prof. Mazzarella.
Una sera a cena si è giunti a dare questa semplicistica definizione, insieme al Prof. Mazzarella ed a un caro amico Pisano, il Sig. Luciano Passetti all’approccio olistico:
“osservare l’intero sistema climatico, non solo nella sua totalità delle variabili in gioco, ma ponendosi virtualmente come osservatori esterni al sistema stesso. Come esempio “banale” ma allo stesso tempo molto valido, prendemmo una persona che guarda la TV, o un bel dipinto;se tale osservatore dovesse mettersi nelle immediate vicinanze di ciò che sta osservando avrebbe un quadro molto confuso e sfuocato,ma allontanandosi l’immagine diverrebbe sempre più chiara e dettagliata.
Tale esempio, usando un immagine di un famoso dipinto, prima estremamente ravvicinata e quindi molto confusa e poi con veduta dalla giusta distanza di osservazione, e quindi molto chiara e dettagliata,il Prof. Mazzarella lo usò durante il seminario che tenne presso il CNMCA di Pratica di Mare nel Giugno scorso ed al quale ero presente.
Spero di avervi fornito ulteriori chairimenti in merito all’approccio olistico di cui ha sempre parlato il Prof. Mazzarella.
Antonio Marino
@Guido Guidi
Non ho alcuna competenza in materia, anzi, come dicevo nel post precedente ho difficoltà a capire addirittura in cosa consista l’approcico olistico al di là della definizione.
Ho riportato il mio dubbio per ciò che mi è sembrato di vedere, uno studio di correlazioni chimato poi dall’autore approccio olistico un’unica volta nell’ultima sezione dell’articolo.
@Lorenzo Fiore
A naso anche a me risulta difficile pensare che qualche millisecondo di variazione nella durata del giorno posso avere questi effetti. Probabilmente si tratta di una correlazione spuria, mediata da un terzo fattore correlato con entrambi. Ma qui mi sa che esco fuori dall’approccio olistico e cerco rappporti di causa-effetto 🙂
Devo ammettere che ero già insospettito dallo spostamento di 4 anni. Comprenderei un’inerzia del sistema, ma questa non è traducibile in umo spostamento rigido; si dovrebbe avere invece uno sfasamento variabile fra le due quantità .
In sostanza lei trova ragionevole un meccanismo di causa-effetto tra variazioni di alcuni millisecondi nella durata del giorno e le SST per di più a distanza di 4 anni?
Suvvia non ci credo…
Lei come la vede, quali sarebbero i meccanismi di causa-effetto dietro le correlazioni?
@ Achab
Non credo si possa parlare di rassegnazione. La differenza consiste nell’immaginare il sistema nella sua complessità analizzandone il comportamento generale. Certamente il passo successivo deve essere quello della quantificazione, ma forse in questo modo si possono raggiungere migliori risultati di quanto non accada con l’atteggiamento riduzionista. La scomposizione dei sistemi complessi in sottosistemi semplici in apparenza più facilmente riproducibili non sembra dare grossi risultati, perchè questi non sono affatto più semplici e perchè comunque sono interconnessi in modo non lineare. Purtroppo l’equazione del clima non esiste né è possibile pensare che molte equazioni finiscano per scriverla. Per liquidare l’analisi proposta come semplice studio su alcune correlazioni, occorre una conoscenza del sistema che io non ho, spero sinceramente che per te sia diverso.
@ Lorenzo
E’ la diminuzione del flusso zonale che causerebbe la decelerazione della Terra ed il conseguente aumento della lunghezza del giorno, a sua volta in grado di produrre una diminuzione delle SST.
@ Tutti e due
Sono Correlazioni, non c’è dubbio, ma possibile che siano casuali? Non sarà il caso di cercare di capire perchè avvengono?
gg
@ Achab
‘Olistico’ vuol dire ‘in toto’, ma a volte viene storpiato il senso più corretto attribuito ai ‘sistemi complessi’ dove domina il cosidetto ‘comportamento emergente’ che è invece quello che deriva dall’interazione (o computazione), ‘complessa e non-lineare’, delle singole parti tramite modello ovvero tramite sistema di equazioni differenziali non-lineari:
non è proprio la stessa cosa perchè la prima fa ampio uso di ‘correlazioni’, la seconda si basa su modelli sia pure non-lineari…
Se la variabilità della durata del giorno è intorno ai millisecondi a maggior ragione come è possibile correlarla alla SST in maniera sensata?
Devo emmettere che non mi è per nulla chiaro in cosa consista l’approccio olistico. Ciò che vedo nell’articolo è uno studio su alcune correlazioni, come ne abbiamo visti tanti, ma senza alcun tentativo concreto di giustificazione nè tanto meno di quantificazione.
Sarebbe questo ciò a cui dovremmo rassegnarci visto che trattiamo di sistemi complessi?
@Lorenzo Fiore
Guardando fra i riferimenti nell’articolo c’è il sito da cui sono presi i dati. La variabilità della durata del giorno è dell’ordine dei millisecondi; fra il minimo e il massimo della serie sono poco più di una decina di millisecondi.
Io sapevo che la teoria in questione era:
variabilità vento solare, interazione con campo magnetico terrestre, variazione della rotazione della terra e conseguente variazione del flusso zonale per la conservazione del momento angolare…
quindi lunghezza del giorno e flusso zonale sono anticorrelate: ad una diminuzione della rotazione terrestre dovuta all’interazione vento solare-magnetosfera corrisponderebbe un’aumento della velocità del flusso zonale (non diminuzione) per conservazione del momento angolare terrestre e viceversa…
Non si capisce poi di quanto varierebbe la durata del giorno: sarà dell’ordine del secondo non di più, ammesso che sia vero…quindi che correlazione si vuol fare con le SST e con che meccanismo causa-effetto?
Ma poi elevata zonalità dovrebbe corrispondere a minor scambi meridiani e quindi clima più mite (non il contrario) come successo approssimativamente tra 1960 e 2000…
Come sempre Carissimo Guido, un articolo altamente interessante.
Grazie ancora per il tuo prezioso apporto.
Ciao,
Giorgio-Rimini