Le nubi, fatte d’acqua e minuscole particelle di cui la nostra atmosfera è ore troppo, ora troppo poco ricca. Le nubi e il vapore acqueo da cui si originano sono la più imponente manifestazione della grandiosità e complessità delle dinamiche regolano il sistema clima e il sistema Pianeta. Eppure sono la componente di cui si sa di meno, anche se sarebbe più corretto dire di cui è più abbondante la porzione che si sa di non sapere. Per il resto meglio che passiate in un altro momento.
Si fa un gran parlare di nubi negli ultimi tempi. L’argomento, se mai aveva smesso di esserlo, è ora tornato ad essere centrale nel dibattito sull’evoluzione del clima.
Mentre infatti prosegue a suon di pubblicazioni scientifiche e scambi di più o meno amorosi sensi sui blog che trattano di clima la battaglia tra Spencer e Dessler, con l’ultimo lavoro di quest’ultimo che ha già avuto gli onori della cronaca senza assolvere agli oneri della pubblicazione ufficiale, un altro lavoro sugli effetti sostanzialmente mitiganti della copertura nuvolosa ha fatto la sua comparsa.
Combining satellite data and models to estimate cloud radiative effect at the surface and in the atmosphere (abstract + pdf).
La questione è in questi termini. Spencer sostiene che l’ipotesi scientifica che assegna al sistema clima una elevata sensibilità, ovvero la caratteristica di essere dominato dal forcing antropico, sia minata da un errore sostanziale, quello di aver scambiato la causa con l’effetto. Secondo questa ipotesi le variazioni di temperatura sarebbero in grado di provocare una modifica della nuvolosità attraverso l’accresciuta disponibilità di vapore acqueo in atmosfera. A questo vapore e a questa nuvolosità si assegna un potere amplificante del processo di riscaldamento portandolo alle estreme conseguenze. Ma se fosse la variazione della nuvolosità ad aver generato la variazione delle temperature? In questo caso, come dice Spencer, in presenza di una documentata (seppur da serie imprecise e comunque storicamente brevi) diminuzione della quantità assoluta di nubi nella troposfera che ha accompagnato l’aumento delle temperature, le nubi avrebbero un ruolo essenzialmente raffreddante – quindi di mitigazione- del riscaldamento. In sostanza la diatriba tra Spencer e Dessler è sul ruolo della nuvolosità e sulla capacità che hanno le simulazioni climatiche di fornire informazioni utili alla definizione dello stesso.
Il lavoro linkato qualche riga più su entra anch’esso nel merito della questione, assegnando alla nuvolosità un ruolo essenzialmente raffreddante:
The cloud radiative cooling effect through reflection of short wave radiation dominates over the long wave heating effect, resulting in a net cooling of the climate system of -21 Wm2.
L’effetto raffreddante delle nubi attraverso la riflessione della radiazione ad onda corta domina sull’effetto riscaldante della radiazione ad onda lunga, risultando in un raffreddamento netto del sistema pari a 21 Wm2.
Non proprio un’inezia, e soprattutto un altro passo verso la definizione per le nubi di un ruolo determinate nelle dinamiche del sistema in un lavoro scritto in modo chiaro e facilmente comprensibile. Non che questo ruolo non fosse noto, tuttavia è anche noto che sull’argomento l’attuale livello di comprensione scientifica è piuttosto basso. Questo pone un limite sostanzialmente invalicabile per qualsiasi tentativo di replica del sistema al fine di definirne l’evoluzione nel futuro.
Se come nelle precedenti occasioni lo scopo del prossimo report IPCC sarà quello di fare un punto di situazione sul livello di comprensione scientifica del sistema e di fornire degli scenari futuri, è auspicabile che le determinazioni di questo lavoro, come di quello di Spencer & Braswell e di quello di Lindzen & Choi e, perché no, anche di quello di Dessler di opposte vedute quando vedrà la pubblicazione, siano oggetto di attenzione. Una attenzione che, leggendo i numeri, difficilmente potrà andare nella direzione di una conferma dell’imminenza e ineluttabilità di una deriva catastrofica del clima, anche e soprattuto per il ruolo assunto dalle nubi.
è auspicabile
Campa cavallo! Sarebbe stato auspicabile anche che Mao avesse rivisto le sue dottrine, dopo la Grande Carestia, ma naturalmente non l’ha fatto.