Nuovo giro di termostato per il Pianeta. Secondo quanto pubblicato appena qualche giorno fa da un team di ricercatori dell’università di Boston, anche se si dovesse riuscire a contenere l’aumento delle temperature medie superficiali entro 2°C rispetto al periodo pre-industriale (0.7°C ce li saremmo già giocati), molte zone del Pianeta sperimenteranno comunque un deciso aumento della frequenza di occorrenza di temperature estreme (naturalmente solo verso il caldo).
La fonte della news è di nuovo Science Daily, dove troviamo anche una sommaria spiegazione dei risultati di questa ricerca. Direi però che sia meglio leggere l’abstract linkato perché rende meglio l’idea.
Il 70-80% delle terre emerse sperimenterà valori di temperatura oltre i massimi storici (riferiti al 95° percentile delle serie storiche della seconda metà del secolo scorso) almeno un anno su due. Ciò significherebbe che gli attuali valori oltre la norma diverrebbero la norma.
Per comprendere meglio il contesto però, suggerisco anche la lettura di questo post di Roger Pielke Sr, dove egli da’ conto di una sua pubblicazione che affronta il tema del downscaling regionale dei modelli climatici. Questa la sua conclusione:
Il downscaling dinamico dei modelli multi-decadali globali non aggiunge valore all’accuratezza spaziale e temporale che possa essere utile in modo diverso da ciò che è già disponibile in termini di serie storiche o dati paleo-climatici.
Questo ci riporta all’articolo di SD, nel quale per rinforzare il concetto leggiamo il paragone con le ondate di calore del 2010 in Russia e del 2003 in Europa. Nessuna mezione, ovviamente, delle ondate di freddo del 2009 (sempre nell’est Europeo e negli USA) e nel 2010 in Europa centrale, perché comunque si parla di estate e non di inverno, stagione quest’ultima per la quale la locuzione “riscaldamento globale” pare non vada più molto di moda.
Sarà quindi utile andarsi a leggere gli studi di attribuzione dei due eventi citati, dai quali si evince chiaramente che il più recente è stato giudicato come interamente ascrivibile alla variabilità naturale della circolazione atmosferica, mentre per il secondo (che ci ha visti coinvolti direttamente) quel che si legge in giro è che il contributo antropico avrebbe raddoppiato la probabilità di occorrenza dell’evento.
Sicché mentre di situazioni di blocco atmosferico come quella del 2010 ne vedremo ancora almeno quante ne abbiamo viste sin qui ma nessuno sa quando, parola della NOAA, qualcuno pensa che queste diverranno comunque la norma, anche con un contributo antropico tutto sommato trascurabile, cioè con un futuro riscaldamento comunque limitato.
Vedremo.
Sii il primo a commentare