Dopo giorni di attesa e di preparativi, dopo una tensione giornalistica giunta quasi al parossismo, dopo un corretto ma forse troppo sbandierato atteggiamento di estrema prudenza da parte delle autorità federali e locali, l’uragano Irene ha finalmente toccato terra sulla costa orientale degli Stati Uniti.
Allo stato attuale il sistema depressionario galleggia tra lo status di tempesta tropicale e quello di Uragano di intensità 1 della scala Saffir Simpson, dal momento che l’intensità del vento registrata sulla costa della Carolina del Nord al momento dell’atterraggio è stata di circa 75 nodi.
E purtroppo c’è stata già la prima vittima, che si spera sia anche l’unica. Un uomo è stato travolto da un ramo di un albero spezzato dalla forza del vento. Nonostante sia comprensibile il desiderio di essere informati – chissà quanti ad esempio hanno qualcuno che sta trascorrendo le proprie vacanze negli Stati Uniti orientali- direi che sia decisamente il caso di leggere esclusivamente le notizie ufficiali, disponibili con grande dovizia di particolari sul sito del National Hurricane Center della NOAA. Da lì, ad esempio, è possibile leggere che l’intensità della tempesta sta diminuendo, comportandosi più o meno come da previsioni.
Il motore dei cicloni tropicali ha infatti bisogno di combustibile. Nella fattispecie giocano un ruolo determinante le temperature di superficie e dello strato immediatamente sottostante dell’oceano. In questo periodo dell’anno il mare sull’Atlantico tropicale è normalmente caldo. Difficile dire che possa esserci una anomalia positiva della temperatura di supercie all’origine di Irene, dal momento che attualmente le SST in area caraibica sono assolutamente nella norma. Da questo e da altri fattori meteorologici che potete leggere nella forecast discussion deriva la previsione di attenuazione seppur graduale e comunque marginale della tempesta, la cui traiettoria finirà comunque per interessare buona parte degli Stati Uniti orientali fino al New England e forse anche sul Canada. Dopodiché la depressione sarà catturata dalla circolazione extra-tropicale e tornerà sull’oceano in forma di Ciclone Extra-Tropicale. Tra una settimana o giù di lì, ritroveremo quel che resta di Irene nell’Atlantico settentrionale e ci sarà modo anche per il vecchio continente di subirne gli effetti, anche se si tratterà probabilmente di qualcosa di assolutamente ordinario.
Da quanto tempo non succedeva? Beh, dal 2008. L’ultimo “atterraggio” sulle coste USA di un ciclone tropicale risale al 2008, in un contesto di stagioni piuttosto intense ma comunque stranamente “fortunate” per l’America del Nord. Quest’anno, inoltre, la previsione della NOAA era per una stagione consistentemente al di sopra della norma, per intensità e numero di tempeste cui viene assegnato un nome, cioè che arrivano alla qualifica di uragano. Almeno sin qui la previsione sembra aver sovrastimato gli eventi, con 8 depressioni tropicali e un solo (ma basta e avanza per carità) uragano ad aver trovato vita sulle acque dell’Atlantico. Anche lo Stato e la città di New York del resto hanno già avuto più volte a che fare con questo genere di eventi. Le dinamiche atmosferiche di questa stagione sono spesso tali infatti da accompagnare le tempeste e i cicloni tropicali su una traiettoria sudovest-nordest
Per chi è da quelle parti non resta che attendere che passi dunque, con la previsione che viene ovviamente costantemente aggiornata in funzione dell’evoluzione del sistema e con i provvedimenti cautelativi che dimostrano quanto sia efficace e assolutamente necessario possedere un efficiente sistema di sorveglianza e prognosi a breve termine, nonché una adeguata organizzazione sociale per far fronte agli eventi che la Natura pone in mezzo al nostro cammino.
Aggiornamento
E alla fine è toccato anche a New York, episodio significativo seppur tutt’altro che privo di precedenti. L’intensità del vento è a quota 65mph, per cui è arrivato il declassamento da uragano a tempesta tropicale. La cronaca continua ad essere serrata, per cui non credo sia il caso di aggiungere altro al riguardo.
Per rinfrancar lo spirito, come leggeremmo sulla Settimana Enigmistica, vi consiglio la lettura dell’ennesima Maraccata. Al riguardo dichiaro tutta la mia ignoranza e chiedo ai lettori di CM di trovare informazioni circa l’indice di dissipazione dell’energia (che sarebbe quadruplicato dagli anni ’90) e di aiutarmi a metterlo in correlazione con questo evento atmosferico. Di seguito, per sottolineare quanto speculativo possa essere parlare di evento anomalo in questo contesto, vi propongo un’immagine in cui sono riportati cento anni di climatologia riguardo gli uragani. La fonte è NOAA (disponibile quindi anche per l’esperto di turno); i puntini rossi rappresentano le zone di origine per la decade 21-31 agosto.
E queste che seguono sono invece le traiettorie. Curiosamente un fan del ‘very likely’, non si accorge che la costa orientale degli Stati Uniti è ‘more likely’ sotto scacco per il mese di agosto e lo è addirittura ‘most likely’ per il mese di settembre. Evidentemente è un problema di suffisso.
Una buffonata giornalistica, l’ennesima, che riguarda il meteo-clima.
RAINews ci ragguaglia sul fatto che a NewYork addirittura, addirittura, novantamila persone sono rimaste senza energia elettrica!!! Pensa te… In una città di dieci milioni di abitanti sono rimasti senza luce meno di un centesimo… Praticamente un isolato. Ma mi faccia il piacere.
E’ stato un uragano, declassato, eccezionalmente ed estremamente moderato rispetto alle previsioni.
In quest’ottica possiamo dire che la predizione di continui fenomeni estremi ed eccezionali da parte dei climatologi è la conferma sul campo della teoria del GW… Ma anche… dello Stato di Paura di Crichton.
Concordo, quella offerta da Crichton in Stato di paura è un’ottima chiave di lettura per questo come per molti altri argomenti trattati da CM.
Ieri al TG2 presentavano il possibile landfall di Irene su NYC come un evento storico e senza precedenti. Da qualche giorno, invece, un noto sito meteo italiano (dunque neanche in inglese!) parla degli uragani che si sono abbattutti su NYC negli ultimi secoli: praticamente uno ogni 4 anni negli ultimi 300 anni, generalmente tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno (quindi direi che siamo “nella norma”). Inoltre, l’uragano del settembre 1938 arrivò imprevisto (si pensava che andasse al largo) ed era di categoria 3: semidistrusse Long Island ed allagò con 3m d’acqua le zone basse della metropoli – quell’uragano fu un vero disastro per tutto il New England, e finì la sua corsa addirittura in Canada! Inoltre, non più tardi del 1976 fu l’ultima “alluvione” da uragano ad NYC.
Che dire, memoria corta e beata ignoranza?
l,uragano irene inevitabilmente fa notizia e lo deve fare in maniera molto amplificata per un semplice motivo..si sta impattando sul cuore degli states…se si fosse schiantato sulla classica isoletta caraibica..beh!!ne avrebbero certamente parlato nella normalita piu assoluta ,ma niente di piu..
non ce giornalismo che tiene qua..il fatto é che cio che accade in USA per noi occidentali o accidentati in leccagine da oltre 60anni é un imperativo..e non ce libia ,siria ecc ecc che possano evitare il fatto..
senza volere essere cattivi ,speriamo che l,uragano dia una bella lezione di vita a chi pensa solamente al profitto e interlazzi propri–
VIVA LA NATURA
Reply
Vabbè… continua a far caldo del resto.
gg
ti pareva che non qualcuno non incolpasse l’AGW per Irene ?
http://wattsupwiththat.com/2011/08/25/climate-activist-mckibben-bizarrely-blames-hurricane-irene-on-global-warming/
Caro Guido,
fai benissimo a richiamaci ad una visione realistica dell’evento in questione.
Temo tuttavia che lo sfruttamento mediatico di Irene sia a livelli ormai parossistici, per cui assisto a giornali radio che non parlano più della vicenda libica (di molti ordini di grandezza più grave per il nostro Paese) per dare tutto lo spazio a questo “inferno di cristallo”.
In tali condizioni è ridotto al lumicino lo spazio per un’informazione sensata, che spieghi ad esempio che un ciclone tropicale non può vivere con temperature del mare troppo basse o quando si porta sulla terra ferma o che ogni anno le nostre perturbazioni autunnali derivano in piccola parte da cicloni tropicali spintisi a latitudini troppo alte e che i meteorologi smettono di chiamare “cicloni tropicali” vuoi per serietà (dovendosi in tal caso parlare di perturbazioni delle medie latitudini) vuoi per evitare il “procurato allarme”.
Come già accaduto con le nubi dei vulcani islandesi, colgo un’enfasi eccessiva data dai media ai fenomeni (e su cui lucrano tutti, dai media stessi ai politici – i capelli di Obama sono di nuovo neri e la sa abbronzatura è smagliante – alle assicurazioni….) che secondo me non può portarci bene.
In altri termini mi pare che quello che noi stigmatizziamo per quanto riguarda il clima si stia riproducendo pari pari per i fenomeni meteo.
Ciao.
Luigi
PS: mi domando fra quanti millenni i giornalisti che commentano eventi come Irene saranno in grado di distinguere un ciclone tropicale da un tornado.