In questo articolo di qualche giorno fa uno dei nostri lettori, Antonio Marino, ci ha proposto un’analisi del metodo di previsione dei cicli solari del Dott. David Hathaway. Ora torniamo ad intervenire sullo stesso argomento analizzando un metodo di previsione diverso. Premesse interessanti ma risultati alquanto deludenti. In effetti forse l’insuccesso era nelle premesse, vediamo perchè.
Questo metodo di previsione dell’attività solare è stato messo a punto dal team di scienziati del NCAR guidato dal DR. Mausumi Dikpati. Anche questa volta dobbiamo tornare un pò indietro nel tempo, più precisamente al 6 Marzo del 2006, data di pubblicazione dei risultati di ricerca e della relativa previsione dell’attività solare del ciclo solare 24°. Anche il team di scienziati del NCAR, basa il proprio metodo di previsione sulla correlazione fra la circolazione interna del sole, il nastro trasportatore, ed il movimento di deriva in superficie delle macchie solari.
Al NCAR hanno provveduto allo sviluppo di un modello numerico di previsione della futura attività solare e lo hanno testato simulando delle previsioni e confrontandole con i dati degli ultimi 8/12 cicli solari. I risultati ottenuti hanno riprodotto in modo soddisfacente i dati osservati, così gli stessi scienziati hanno dichiarato di avere a disposizione uno strumento di previsione molto valido. Dato l’esito positivo dei test di prova il modello è stato usato per la previsione dell’attività solare del ciclo 24 fornendo i seguenti risultati:
- Attività  prevista per il 24° ciclo solare superiore del 30-50% rispetto al precedente;
- Inizio del 24° ciclo solare non più tardi del periodo compreso tra la fine del 2007 e l’inizio del 2008.
A questo link si può leggere una lunga e dettagliata descrizione del lavoro di ricerca, dei dai impiegati e delle conclusioni cui sono giunti i ricercatori che appena descritti sommariamente.
Nonostante la dichiarata affidabilità del modello, si può affermare che il primo punto non si sta avverando ed il secondo non si è avverato. Ma quali e quanti dati sono stati usati per il processo di validazione? Qui iniziano le dolenti, infatti è difficile immaginare come ci si sia potuti fidare di test di prova che, anche se numericamente  rilevanti, sono stati fatti con una serie di dati molto breve. Parliamo di un arco temporale di circa 130 anni che, se paragonati all’ età del sole, sono meno che un inezia. E’ anche vero che dati certi, andando ancora più indietro nel tempo non sono facilmente reperibili, almeno quelli che riguardano le osservazioni dirette delle macchie solari. Esistono però serie storiche di dati di prossimità abbastanza attendibili. Non sarebbe stato più opportuno testare il modello di previsione anche con questi ultimi ?
Altro fattore importante è che il modello è stato inizializzato, con particolare riferimento agli ultimi settanta anni, con serie di dati appartenenti a cicli solari particolarmente intensi, un’attività solare, che la comunità scientifica ha dichiarato essere la più intensa degli ultimi mille anni, arco temporale che poi è stato ampliato ad 8000 anni come potete leggere da questo link direttamente dalla rivista scientifica Nature:
“According to our reconstruction, the level of solar activity during the past 70 years is exceptional, and the previous period of equally high activity occurred more than 8,000 years ago.†[…] “Here we report a reconstruction of the sunspot number covering the past 11,400 years”1.
In questa immagine una serie di dati mediati su periodi di dieci anni risalenti al 9500bc (curva blu) ricavati dal C14 ed un’altra serie, sempre mediata su dieci anni di gruppi di macchie solari (GSN) ottenuti da osservazioni telescopiche dal 1610 (curva rossa). La linea orizzontale segna il livello oltre il quale l’attività solare è considerata eccezionalmente alta e corrisponde ad una deviazione standard dalla media pari a 1.3. In basso anche l’incidenza dell’errore di misurazione o di interpretazione dei dati di prossimità .
Appare evidente che per classificare l’intensità dell’attività solare si è fatto uso delle serie dati indirette, ma queste, benchè disponibili, non sono poi state utilizzate per testare il modello di previsione.
Questo ha probabilmente esposto il procedimento ad un pesante rischio di bias, compromettendone l’affidabilità . Più del 50% dei dati impiegati per la validazione apparteneva infatti ad un periodo di massima intensità solare. Non v’è dubbio che l’osservazione diretta sia largamente più affidabile, ma sono stati proprio Hathaway e Dikpati ad individuare la stretta correlazione esistente tra il movimento del nastro trasportatore e la deriva delle macchie solari che può essere così brevemente descritta in questa immagine: l’evoluzione dei campi magnetici solari porta alla produzione di macchie solari all’interno della zona di convezione solare (il 30% circa del settore esterno della sfera, intorno al nucleo radiativo). Dato che il sole ruota più velocemente all’equatore che sui poli, il campo magnatico poloidale orientato sud-nord (a) viene deformato in un campo toroidale orientato est-ovest (b). Delle sacche di questo campo toroidale salgono fin sulla superficie ed emergono sotto forma di macchie solari (c, in alto a destra). Il flusso magnetico quindi emerge verso l’esterno durante il decadimento della macchia. Il nastro trasportatore del flusso del plasma (d, e)trasporta il flusso magnetico di superficie (giallo) verso i poli, invertendo la polarità del campo magnetico. Altre macchie solari possono poi formarsi nel campo poloidale (f), definitivamente invertito rispetto all’inizio del processo (a)2.
Quindi anche se ci troviamo al cospetto di serie di dati ricostruite, da queste si può risalire al numero delle regioni attive presenti sul disco solare ed alle relative macchie solari che le contraddistinguono; in base a queste ed al loro presunto movimento di deriva (le macchie solari o i gruppi di macchie hanno un piccolo ciclo vitale che va dalla loro comparsa alla loro fase di decadimento e l’arco temporale di tale ciclo può variare da qualche giorno ad alcune settimane) si può risalire a quello che poteva essere il valore della velocità del nastro trasportatore.
Chissà se impiegando dati magari meno attendibili ma certamente più completi, i risultati di questa previsione non sarebbero stati diversi e quindi anche impiegabili per dare il giusto peso alla forzante solare nei modelli di simulazione del clima.
NB: Ricerca ed approfondimenti a cura di Antonio Marino3.
- Nature 431, 1084-1087 (28 October 2004) | doi:10.1038/nature02995 [↩]
- Mausumi Dikpati NCAR [↩]
- fonte: http://www.ucar.edu/news/releases/2006/sunspot.shtml [↩]
Fiori
Concordo su questo punto.
@ Santini
Legga bene alla fine dell’articolo:
“Chissà se impiegando dati magari meno attendibili ma certamente più completi, i risultati di questa previsione non sarebbero stati diversi e quindi anche impiegabili per dare il giusto peso alla forzante solare nei modelli di simulazione del clima.”
Poter tenere conto delle ‘variazioni solari’ è una cosa del tutto nuova perchè fino ad ora non si è mai verificato un minimo solare così prolungato mentre nei precedenti minimi non v’è stata nessunna ripercussione dell’output solare: chissà poi se
la forzante solare in termini di irradianza solare varierà in maniera significativa oppure no, altrimenti come ipotesi si dovrà tirare in ballo ancora una volta i raggi cosmici modulati dall’attività solare.
In risposta al precedente commento (di Lorenzo Fiori):
1) non mi sembra che nell’articolo si sia parlato di Clima terrestre.
2) la stessa sezione della NASA, dedicata allo studio del Sole, ha dichiarato che l’eccezzionalità dell’attuale minimo solare molto probabilmente avrà riflessi sulle T globali dei prossimi anni.
Tale dichiarazione mi ha stupito, infatti ero a conoscenza del fatto che NOAA, NASA e quindi IPCC, considerassero la variabilità della forzante solare pressoché trascurabile sul bilancio energetico terrestre (tesi assai discutibile).
Ora, invece, viene fuori che addirittura potrebbe influenzare le T globali per qualche decimo di grado (il GW stesso consiste in qualche decimo di grado) per i prossimi anni!
Evidentemente siamo ancora molto, troppo distanti dal parlare di certezze, sia per quanto riguarda il Sole che, e soprattutto, per ciò che riguarda il Clima, e mi viene da pensare che gli scenari proposti dall’IPCC possano essere definitivamente catalogati come fantasie da futurologi piuttosto che, come spesso viene erronemente fatto credere, previsioni.
Un momento: qui si sta parlando di Modello di Prognosi Futura, peraltro fallita, dell’Attività Solare in termine di ‘Macchie Solari’ non di ‘Attribution Solare’ per il quale valgono le registrazioni di dati osservati…
Inoltre nell’output del modello non sembra essere implicato il ‘forzante radiativo’ solare, ma più semplicemente il ‘campo magnetico solare’ tramite il numero delle ‘macchie solari’ ad esso collegato, quindi il possibile meccanismo di interazione col Clima terrestre, ovvero la ‘forzante solare’ propriamente detta, se c’è è più complesso ovvero di natura probabilmente ‘indiretta’ coinvolgendo i Raggi Cosmici (tesi non ancora dimostrata) o altro…