Forse non si potrà dire “se tutto va bene moriremo congelati”, come abbiamo scherzato tanto volte sulle pagine di CM. Ma una cosa è certa, se lo studio di attribuzione del contributo antropico alle dinamiche del clima appena pubblicato da Loehle e Scafetta reggerà al confronto scientifico, ci sono buone probabilità che si rendano vacanti parecchi posti di lavoro di “Esperti di clima specializzati in catastrofi prossime venture”.
Qui il PDF: Climate Change Attribution Using Empirical Decomposition of Climatic Data, qui il materiale informativo, qui il testo pubblicato sull’Open Atmospheric Science Journal.
E di seguito l’abstract:
Il problema dell’attribuzione del cambiamento climatico è affrontato impiegando la scomposizione empirica. I cicli del moto e dell’attività solare di 60 e 20 anni sono stati utilizzati per sviluppare un modello empirico delle variazioni di temperatura della Terra. Il modello è stato tarato con i dati di temperatura globale dell’Hadley Centre fino al 1950 (periodo di tempo prima che le emissioni antropogeniche diventassero il meccanismo di forcing dominante), e poi estrapolato per il 1951-2010. I risultati hanno mostrato un andamento verso l’alto approssimativamente lineare di circa 0,66°C/secolo per il 1942-2010. Si assume che questo riscaldamento sia stato indotto principalmente dalle emissioni di origine antropica, dall’urbanizzazione e dall’utilizzo dei terreni. Il riscaldamento osservato prima del 1942 è relativamente piccolo e si presume sia stato per lo più indotto naturalmente. Il modello completo, forcing naturale più antropico, riproduce molto bene l’intero record di 160 anni. L’analisi dei risultati non fornisce alcuna prova di un effetto di raffreddamento sostanziale a causa di aerosol solfati per il 1940-1970. Il raffreddamento osservato durante questo periodo può essere dovuto a un naturale ciclo di 60 anni, che è visibile nelle serie di temperatura globale dal 1850 ed è stato osservato anche in numerosi record climatici plurisecolari. Sono stati sviluppati nuovi modelli di prossimità dell’attività solare che suggeriscono un meccanismo sia per il ciclo di 60 anni che per una parte della tendenza al riscaldamento nel lungo termine. I nostri risultati suggeriscono che, poiché gli attuali modelli sottovalutano il peso dei cicli naturali multidecadali nelle serie di temperatura, il contributo antropogenico al cambiamento climatico dal 1850 dovrebbe essere meno della metà di quanto precedentemente affermato dall’IPCC. Circa il 60% del riscaldamento osservato 1970-2000 è stato molto probabilmente causato da questo ciclo naturale di 60 anni climatiche durante la fase ascendente. Una previsione per il 21° secolo suggerisce che il clima potrebbe rimanere stabile fino a circa il 2030-2040, e può al più subire un riscaldamento di 0,5-1,0°C entro il 2100, allo stimato tasso di riscaldamento di origine antropica di circa 0,66°C/secolo, che è circa 3,5 volte inferiore alla media di 2,3° C/secolo previsto dall’IPCC per le prima decadi del 21° secolo. Tuttavia, ulteriori cicli plurisecolari naturali potrebbero raffreddare ulteriormente il clima.
Sicché, come ormai si sente dire sempre più spesso, il peso reale del contributo antropico alle dinamiche del clima potrebbe essere largamente inferiore a quanto stimato. Tanto da far praticamente cessare ogni forma di allarme. E questo peso potrebbe essere ancora inferiore tenuto conto della probabile sovrastima del riscaldamento registrato dovuta ai bias dell’urbanizzazione e delle modifiche al territorio cui sono soggette le osservazioni.
Una spiegazione a firma di Loehle la trovate anche sia su WUWT che su Climate Etc.
Con questo sono due in una settimana (qui l’altro) gli studi di attribuzione che ridimensionano il problema restituendo alla variabilità naturale un ruolo più realistico rispetto al forcing antropico, senza impiegare terabyte di tempo macchina in termini di di modelli climatici. Quando se ne accorgeranno anche quelli bravi sarà sempre troppo tardi.
Empirico? Ma che follia sarebbe? Lo sanno tutti che i dati non sono importanti in climatologia se non per migliorare i modelli ((c) Gavin Schmidt)…
Reply
Appunto Maurizio. Nell’attesa di avere modelli che riproducano correttamente la realtà, teniamoci i dati!
gg