Gli americani fanno sempre le cose in grande, si sa. Non fanno eccezione neanche gli eventi estremi che si abbattono sul loro territorio. Un inverno di nevicate eccezionali, una primavera di piogge torrenziali da una parte e siccità da record dall’altra. In mezzo a tutto questo una stagione dei tornado come non se ne vedevano da decenni, sia sotto il profilo puramente meteorologico che in termini di danneggiamenti e, purtroppo, di perdite di vite umane.
Sicché la tentazione di fare le cose in grande anche per portare l’acqua al proprio mulino -nella fattispecie un mulino che gira con il vento del global warming antropico- è veramente troppo forte. E così scoppia la tornado madness, anche questa in grande stile. Ne abbiamo già parlato qualche giorno fa, quando sembrava che il numero degli eventi fosse già abbastanza alto e null’altro dovesse accadere, anche se i vecchi marpioni meteorologi d’oltreoceano continuavano a ripetere che probabilmente si era visto solo l’inizio. Avevano ragione, guarda un po’, questa strana categoria di persone che da una vita fa previsioni e da una vita le sbaglia, le controlla e le migliora, alla faccia di chi pretende di dar loro dell’incompetente dall’alto di prognosi centenarie che nessun essere attualmente vivente potrà mai verificare, a meno di essere discendente di matusalemme ovviamente.
Ora, con un minimo di calma e di lucidità vi chiedo di fermarvi un attimo a leggere le opinioni di tre primi attori della scienza e della divulgazione del tempo e del clima, Roy Spencer, Joe Romm e Bill McKibben. Decidete voi chi è pro e chi è contro cosa. Decidete voi chi ci mette la testa e la conoscenza e chi il Bias e l’ideologia. E infine decidete da quali di questi -o da quali loro emuli- preferite essere informati su quello che diavolo combina l’aria sulle vostre teste, ora come tra cent’anni.
I dai relativi alla frequenza di occorrenza dei tornado dal 1950 mostrano un chiaro segnale di attenuazione della frequenza di eventi di livello 3 o superiore della scala Fujita. Questa diminuzione e’ arrivata in concomitanza con un periodo di generale riscaldamento. Semmai si dovesse trarre una conclusione, questa dovrebbe essere che il caldo e’ causa di meno tornado, specie quelli intensi, non il contrario.
Ma c’è di più, è opinione diffusa e acquisita che potrebbe esserci stata una notevole sottostima del numero di questi eventi prima del 1990. Se questo fosse confermato il trend di diminuzione sarebbe ancora più accentuato. Aggiungo anche personalmente che, speculazione per speculazione, ora che è tornato il freddo (negli USA è nevicato come non accadeva da decenni) sono tornati anche i tornado.
Questa stagione dei tornado incredibilmente violenta non è parte di un trend. Potrebbe essere l’inizio di una nuova tendenza o un segnale che il clima sta andando verso una situazione di elevata instabilità con alto potenziale di energia disponibile per gli eventi violenti. Tutte spiegazioni ragionevoli, ma la realtà è che non si dispone di serie storiche affidabili in ordine a questi eventi.
Certo, le serie storiche non confermano il credo dell’AGW, quindi devono necessariamente essere sbagliate.
Attenzione, è pericoloso tentare connessioni. Questi sono eventi isolati, scollegati dalle dinamiche del clima, come lo sono le alluvioni in Australia o in Pakistan o la siccità in Texas. Ma se proprio volete farlo, allora pensate che i climatologi hanno detto per anni che il secco sarebbe stato più secco e il bagnato sarebbe stato più bagnato, o che gli eventi sarebbero stati più violenti perché l’aria calda trattiene più vapore, o anche che l’artico si e’ sciolto per la prima volta in migliaia di anni (sic!). No, meglio dire a se stessi che tutto questo e’ sempre accaduto e che questi eventi non sono affatto collegati, magari godendosi le immagini spettacolari della cronaca televisiva di questi eventi.
A voi la scelta. Chiudo con le parole di Judith Curry, cui dobbiamo lo sforzo di aver raccolto e condensato questi tre punti di vista:
Il susseguirsi di eventi catastrofici è usato per supportare le ragioni dell’intervento contro il global warming. Mi spiace Bill e Joe, ma si deve guardare ad ogni tipo di evento estremo su differenti zone, poi interpretarlo nel contesto delle serie storiche locali, poi insieme nel contesto delle teleconnessioni dei regimi atmosferici e delle oscillazioni multi-decadali. Dopo aver fatto questo e se saraà individuato un trend di aumento nella frequenza o nell’intensità di questi eventi che non possa essere spiegato con problemi nelle serie o con la naturale variabilità climatica o la roulette del tempo atmosferico, ALLORA parleremo di un potenziale impatto del global warming.
Sii il primo a commentare