Il matrimonio del secolo di William e Kate è passato, tra i sorrisi ed abbracci dei partecipanti e la felicità dei sudditi festanti che, per un giorno, hanno provato l’emozione di sentirsi partecipi di un sogno, di una favola, pur rimanendo sempre e solo spettatori.
Ora la regina darà due anni sabbatici alla coppia in attesa che questa abbia il tempo di generare eredi alla corona ed apprendere con calma come si adempie agli impegni da regnanti. Non si capisce come mai tutta questa calma visto che proprio loro padre, il Principe Carlo d’Inghilterra, a Londra nel 17 maggio 2008 disse: “Abbiamo soltanto 18 mesi per fermare il disastro provocato dai cambiamenti climatici”. Quella volta il mondo si è salvato, ma come non dimenticare che a Roma, alla Camera dei Deputati , il 27 aprile del 2009 Carlo ha previsto: “Sui cambiamenti climatici ci rimangono solo 99 mesi prima di raggiungere il punto di non ritorno” . Fu in quella occasione che il presidente della Camera Gianfranco Fini si rivolse al principe del Galles definendolo ‘un alfiere’ della cultura ambientale e il responsabile ambiente del PD, on. Ermete Realacci, chiese al Governo italiano di raccogliere “l’appello lanciato dal Principe Carlo”.
Siccome risulta che a livello mondiale nessuno abbia raccolto tale appello, come può ora Carlo, sapendo dell’imminente disastro, augurare ai propri figli e nipoti un futuro radioso? Come può pensare di prendersela comoda?
Certo i maligni potrebbero pensare che neanche Lui ed i suoi parenti stretti credano alle sue previsioni, forse fanno finta di crederci solo i nostri organi parlamentari che lo ospitano molto probabilmente con cospicue spese da parte del contribuente italiano. A parte le balzane previsioni, occorre essere riconoscenti verso questi reali, che pur essendo ricchissimi e consumatori da sempre, hanno deciso di educare il popolo con l’esempio ecologista, correndo anche il rischio che qualche maligno li accusi di comportamenti ipocriti scelti solo per marketing d’immagine. Invece loro mica sono come Obama che ogni tanto scappa dalla routine dell’orto di sua moglie Michelle per farsi un hambuger con patatine, loro mangiano solo cose biologiche e sostenibili.
Un esempio è stato il banchetto “ecologico” e “low carbon” di William e Kate, descritto dal magazine ecologico “business green”, un esemplare menù a “km zero” come riportano i quotidiani.
Certo mica poteva essere vegetariano come gli ecologisti dicono si debba mangiare (ora chiedete troppo!!), ma tutto era prodotto a km zero, vicinissimo. A memoria, però, di orti e fattorie intorno al Big Ben se ne vedono pochini e la produzione agricola inglese non è molto famosa per la varietà e quantità dei prodotti. Principalmente sono cereali, barbabietole da zucchero, lino, luppolo, patate. Stranamente invece il menù nuziale era ben più appetibile.
Molti dei prodotti sembra che venissero dalla tenuta biologica di Carlo a Tetbury Glocestershire, dove però, vi invito a verificare sul sito (qui e qui), si vendono solo marmellate, miele, porcellane e cianfrusaglie varie. Una tenuta comunque sempre a 160 km da Londra, un po’ di più di zero.
Ma il prodotto ecologico per eccellenza era la famosa carne fornita da selezioni Mey del North Highlands prodotto lanciato dal 2005 dal Principe Carlo.
Ma da dove viene? Potete verificare che la fattoria dista a SOLE 677 miglia (1089 km) da Londra. Insomma i “km zero” corrispondono come se a Milano si fosse mangiato cibo prodotto più lontano di Parigi, più lontano di Budapest, prodotto a Lecce. Probabilmente se “voi plebei” organizzate una cena a Milano utilizzando prodotti pugliesi, state certi che i quotidiani non scriveranno che si tratta di un menù a km zero, nessuno dirà che siete un alfiere ecologista, nessuno vi inviterà a tener discorsi al Parlamento. Siamo consapevoli però di essere in difetto noi nel scrivere queste cose, siamo sicuri che l’ecologista Carlo, prima di macellarli, avrà fatto arrivare bovini ed ovini a Londra a piedi e senza emettere anidride carbonica né da davanti né da dietro. Dopotutto a un principe verde si deve perdonare tutto, mica è un italiano qualunque che, solo perché costano meno, acquista banane prodotte lontano da poveri africani invece delle mele prodotte più vicino senza preoccuparsi di trasformarsi in questo modo in uno “sporco inquinatore” per emissioni di anidride carbonica.
Probabilmente gli animali si saranno anche suicidati, senza soffrire, per non turbare gli animi sensibili degli ambientalisti, come descritto dal mai troppo compianto D.N.Adams nel “Ristorante al termine dell’universo”:
…
– Un piatto di insalata – disse Arthur, con enfasi.
– Un piatto di insalata? – grugnì l’animale, rivolgendo ad Arthur un’occhiata di rimprovero.
– Non vorrete dirmi per caso che faccio male a prendere un piatto di insalata? – disse Arthur.
– Be’ – disse l’animale – conosco molte piante d’insalata che non esiterebbero a rispondervi di sì. Ed è proprio per questo che alla fine, per porre un rimedio al problema, si è deciso di allevare un animale che volesse veramente essere mangiato e fosse in grado di dirlo chiaramente, senza mezzi termini. Ed eccomi qui, infatti. Fece un piccolo inchino.
– Allora io prendo un bicchier d’acqua – disse Arthur.
– Senti – disse Zaphod – vogliamo mangiare, non filosofare. Quattro bistecche di prima qualità, per favore. E in fretta. Sono cinquecentosettantaseimila milioni di anni che non mettiamo qualcosa sotto i denti.
L’animale si alzò faticosamente in piedi, con un lieve grugnito soddisfatto.
– Un’ottima scelta, signore, se mi consente. Davvero ottima. Vado subito a spararmi.
Si giro e strizzò l’occhio Arthur con aria amichevole.
– Non preoccupatevi, signore – disse. – Sarò molto umano con me stesso.
…
Si, la sensazione è che ormai si prendano le quattro o cinque parole d’ordine, “ecosostenibile”, “fonte rinnovabile” ed altre amenità, si mettono nello shaker e qualunque discorso le contenga va bene…