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La mela stregata

Leggendo quanto segue, qualcuno potrà pensare che ci siamo fissati su problemi di scarso rilievo. In particolare, se leggono, lo penseranno quanti sono convinti che ormai in materia di origini antropiche del riscaldamento globale e quindi dei cambiamenti climatici si debba discutere dei dettagli, non certo delle fondamenta dell’ipotesi.

Nella fattispecie per fondamenta si intende la convinzione che il rateo di aumento delle temperature delle ultime decadi sia una novità nelle oscillazioni che queste hanno avuto nella storia recente del clima e che i valori raggiunti non abbiano precedenti. Tale convinzione, deriva dall’analisi delle ricostruzioni del comportamento che le temperature hanno avuto negli ultmi secoli.  Per fare queste ricostruzioni, si dispone fino a un certo punto -era post industriale- di dati osservati più o meno oggettivi, e di lì a ritroso nel tempo di dati di prossimità, ovvero altro genere di osservazioni in qualche modo riconducibili alle oscillazioni di temperatura.

Tra tutte queste, come abbiamo scritto molte volte, le più gettonate sono quelle che ci giungono dagli anelli di accrescimento degli alberi. Su questi dati, ad esempio, si basa la famosa ricostruzione di Mann, l’Hockey Stick, ma ne hanno fatto largo uso anche molti altri ricercatori come Keith Briffa e Phil Jones, entrambi scienziati della Climatic Research Unit (CRU) inglese, coinvolta nell’affaire climategate nel novembre del 2009.

Per alcuni mesi da allora, la blogosfera climatica è stata invasa da valutazioni di ogni tipo sul contenuto delle mail e dei codici oggetto del climategate. C’è voluto un po’ di tempo, ad esempio, perché fosse chiaro che con la frase “hide the decline”, letteralmente nascondere il declino, non si voleva nascondere una diminuzione della temperatura, quanto piuttosto evitare di mostrare al pubblico che i dati di prossimità derivati dalle misure dendrologiche e le temperature osservate erano in grave disaccordo a partire dal 1960 a causa di un problema noto come divergenza.

Come chi segue queste faccende probabilmente sa bene, la quantità di materiale resosi seppur illegittimamente disponibile con il climategate è enorme. Se per quel che riguarda le mail la lettura è stata lunga ma semplice, mettere in relazione quel che in alcune di queste si leggeva con i codici contenuti nelle directory del famoso file FOI2009 è ben altra cosa. Sorge il sospetto, ma per certi versi è una certezza, che nessuna delle numerose commissioni d’inchiesta più o meno indipendenti che hanno cercato di far luce sull’accaduto sia entrata mai nel merito vero e proprio de problema. Le assoluzioni, che -è bene chiarirlo- sono state praticamente unanimi, hanno evidentemente valutato l’atteggiamento degli scienziati coinvolti nell’accusa di comportamento a-scientifico solo dalle comunicazioni che si scambiavano. Per i codici, come detto, è tutta un’altra cosa. Ci sarebbe voluto molto più tempo e molta più pazienza, entrambi elementi incompatibili con la necessità di arrivare in fretta ad una soluzione indolore.

C’è qualcuno, però, che di tempo e di pazienza pare ne abbia da vendere. Si tratta di Steve McIntyre, lo statistico canadese che da anni martella Mann, Briffa, Jones e tutti gli altri, dal suo blog come sulle riviste scientifiche, nei forum di discussione come nelle conferenze. E’ proprio da lui che arriva l’ultima scoperta.

Il problema è ancora la divergenza, l’oggetto della questione è ancora la ricostruzione delle temperature, l’obbiettivo è ancora mostrare qualcosa che sia il più possibile in fase con l’idea di temperature  sostanzialmente soggette a oscillazioni di scarsa ampiezza fino all’insorgere del forcing antropico a causa del quale si verifica il riscaldamento unprecedented. La prima mossa, di cui abbiamo parlato già qui, è quella di eliminare dalla ricostruzione i dati dendrologici post 1960, ma McIntyre ha scoperto nel file FOI2009 alcune istruzioni di codice che mostrano come siano stati in realtà eliminati anche i dati dendrologici dal 1402 al 1550, anch’essi soggetti a forte divergenza. Nella figura sotto, tratta da Briffa 1999, sono stati aggiunti in magenta i dati non mostrati.

Sull’opportunità di mettere nella stessa rappresentazione grafica le temperature rilevate dai proxy (linee colorate) e quelle osservate (linea nera), abbiamo disquisito a lungo. Ma come pensate sarebbe stato interpretato questo grafico se la linea magenta fosse stata mostrata per intero? Forse qualcuno avrebbe notato che i dati dendrologici non sono così affidabili e quindi che giudicare “unprecedented” le oscillazioni della temperatura del secolo scorso non avrebbe avuto basi scientifiche solide?

Ma forse quelle basi si sono solidificate nel tempo. Infatti nel 2001, compare un’altra ricostruzione (Briffa et Osborn 2001) in cui il campione dei dati proxy è lo stesso, infatti troviamo dati a partire dal 1402. Però cambiano le curve perché, come abbiamo scritto anche di recente, con la statistica e con opportuna scelta dei dati da campionare la scienza fa passi da gigante.

Progressi della conoscenza? Forse. Sta di fatto che i campioni disponibili sono sempre gli stessi, e le serie appaiono e scompaiono (soprattutto scompaiono) a seconda del genere di pubblicazione. Da somaro in statistica (ma McIntyre non lo è di sicuro) e da dilettante del clima (di fronte alle innumerevoli pubblicazioni di questi signori) penso che un ricercatore dovrebbe mostrare sempre tutte le informazioni di cui è in possesso sull’oggetto della sua ricerca, non solo quelle che assecondano l’idea che si è fatto dei risultati. Sono però certo che tra i tanti lettori di CM, quelli che fanno ricerca abitualmente sapranno spiegarmi le ragioni di queste scelte.

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Published inAttualitàClimatologiaNews

Un commento

  1. Giovanni Pascoli

    Personalmente trovo che non sia per nulla secondario quanto scritto nel post anzi mi pare ottim aver riportato questi grafici che rimettno in discussione per ennesima volta sia l’oggettività dei grafici che la Scienza ci mostra sia il fatto che i dati grezzi vengono spesso rielaborati, tagliati , manipolati(?!) usando criteri non propio neutri ma spesso vincolati all’ottenimento di un risultato prestabilito ( ciè stabilito prima di aver analizzato i dati). Insomma la solita storia che ha portato la scienza attuale ( diciamo quella applicata ai fenomeni neturali) a prediligere il modello rispetto all’osservazione alla rielaborazione piuttosto che al dato grezzo semplicemente perchè il “modo” di fare sceinza attualmente è quello che prevede in primis l’elaborazione di un modello “comodo e vantaggioso” (x alcuni) e in secundis la raccolta di dati per confermarlo.
    qui i link ad altri commenti sui grafici in questione
    http://climateaudit.org/2011/03/21/hide-the-decline-the-other-deletion/
    http://www.rechauffementmediatique.org/wordpress/2011/03/24/quand-le-baril-na-pas-de-fond/

    e qui un link a un libro di carattere storico(in francese) sui cambiamenti climatici in europa negli ultimi 500 anni….

    http://www.plon.fr/ficheLivre.php?livre=9782259208987

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