Perdonatemi il titolo privo di senso, non me ne veniva uno migliore per descrivere l’ultimo volo pindarico della scienza del clima. Esce sul Journal of Climate uno studio che mette in correlazione i movimenti del nucleo esterno fluido del Pianeta con le variazioni della durata del giorno e del campo magnetico terrestre, ipotizzando che poi questo, modulando il flusso dei raggi cosmici possa avere effetto sulla temperatura del Pianeta stesso regolando la quantità di copertura nuvolosa.
Naturalmente, tutto questo aveva un senso fino alle prime decadi del secolo scorso, ora non più. Ora, per leggere nei dati questa correlazione è necessario sottrarre il contributo antropico che, ci avvertono nello stesso studio, sarà molto ma molto più significativo nel corso di questo secolo. Tralasciamo il fatto che nelle prime decadi del secolo scorso il mondo ha preso una “scaldata” di ampiezza paragonabile a quella incriminata di fine secolo, tralasciamo anche il fatto che la CO2 era allora poche ppm oltre il valore pre-industriale e tralasciamo anche il fatto che l’IPCC giudica il forcing antropico significativo solo dagli anni ’70 in poi e concentriamoci su quanto segue.
Raggi cosmici? Nubi? Durata del giorno? Ma dai? Leggete un po’ qui era l’aprile del 2009 e qualcuno giudicò “strampalate” le cose di cui avevamo parlato.
Non c’è che dire, il tempo è galantuomo.
La durata del giorno? Con variazioni (irregolari) del Tempo Universale dell’ordine del secondo all’anno che influenza avrà mai sul clima?… o no?