Gli articoli sono tutti e tre disponibili, scusate per il disagio.
=================
Energia nucleare, il confronto tra pro e contro, entrambe categorie in cui si annida comunque una consistente dose di conoscenza superficiale del problema, era già abbastanza acceso. Di qui in avanti e per parecchi mesi, lo sarà ancora di più. A complicare le cose l’inevitabile emotività con cui vengono assorbite notizie tragiche come quelle che arrivano dal Giappone.
Difficile che l’ulteriore riscaldamento del dibattito possa però aumentare il livello di consapevolezza informata di ciascuno di noi, perché già si levano alte le voci dei professionisti della demagogia.
Di quelli, lasciatecelo dire, ce ne freghiamo. Nelle prossime settimane, con l’aiuto dei lettori di questo blog che hanno già dimostrato di avere conoscenze adeguate al riguardo, cercheremo di capire effettivamente cosa sia accaduto e come possa essere messo in relazione con le policy di sicurezza delle centrali nucleari attuali e future.
Nel frattempo e solo per cominciare, vi segnalo tre articoli apparsi ieri sul Corriere della Sera. Uno a favore, uno contro e uno neutro. Contengono tutti spunti di riflessione interessanti. Quello neutro però fa anche ribollire il sangue.
- Fermare il nucleare? No, le nuove centrali 4 volte più sicure – di Stefano Agnoli
- Rischi troppo alti, misure inadeguate contro gli incidenti – di Gianni Santucci
- Il Nucleare e noi – di Sergio Rizzo
Buona lettura.
@ Fabrizio
Conduttura semiflessibile una ventina di metri sottoterra, materiale elastico resistente ai terremoti ? naturalmente due per ogni reattore ridondanti, se ne rompe una funziona l’altra.
Va be’, da un punto di vista della eventuale contaminazione un paio di chilometri nell’ entroterra magari su una collinetta non cambia molto da in riva al mare.
io ci sto’ provando…
🙂
Ma, allora, se vogliamo ragionare sulle onde, perché non costruire un grande terrapieno di cinquanta metri di altezza su cui poi realizzare la centrale? Non so se poi questo ha un impatto sulla stabilità… Ci sono troppi dettagli che uno che non è esperto non è in grado di capire.
Daniele, non sono neanch’io un esperto, ma la cosa non è così semplice. O meglio, possiamo anche dire che è semplice, ma da un altro punto di vista. In generale, le centrali vengono sempre costruite vicino all’acqua perché, come vediamo, il loro problema principale è il raffreddamento. La conduttura di due chilometri non si sarebbe “otturata”, ma sarebbe saltata completamente come tutto il resto delle infrastrutture. Inoltre, essere sul bordo del mare fa sì che automaticamente il 50% del territorio circostante che potrebbe essere contaminato sarà soggetto ad una dispersione naturale degli eventuali inquinanti radioattivi.
Da quanto ho letto, ovviamente i giapponesi non sono stati così ingenui da non pensare al maremoto. C’erano contromisure, credo compreso argini contro le onde marine. Il problema è che non erano dimensionate per un evento di questa intensità (sarà tutto da verificare più tardi, a mente fredda, quando verrà messa in piedi una commissione d’inchiesta). E’ in questo senso che il problema è “semplice”, ma in un’altra prospettiva: tutta la centrale pare non fosse dimensionata per un evento di scala Richter 9, Questo ha a che fare con l’età dell’impianto e l’errore grave commesso è stato, come qui già detto anche da altri, non averlo chiuso prima.
Non vedo come la mancata chiusura della centrale sia in relazione all’evento naturale. Se il sisma fosse avvenuto il giorno dopo l’inaugurazione avrebbe evidentemente prodotto gli stessi effetti. Il non aver chiuso l’impianto è una scelta che ha alla base delle valutazioni che probabilmente hanno a che fare con l’aspetto economico e politico. Se non si vogliono fare centrali nuove si tira il collo a quelle vecchie dopo che ne è stata verificata la funzionalità e la sicurezza. La data di scadenza prevista in sede di progetto è una valore minimo che l’osservazione diretta dello stato dell’impianto può modificare.
“Se il sisma fosse avvenuto il giorno dopo l’inaugurazione avrebbe evidentemente prodotto gli stessi effetti”
Certo, ma ci sono due considerazioni. La prima è che costruire per Richter 9 oggi costa meno che cinquant’anni fa e quello che non era economicamente vantaggioso ieri può esserlo oggi. La seconda è che magari si hanno più conoscenze sui terremoti oggi che non cinquant’anni fa, per cui può essere che un terremoto 9 sia ritenuto più probabile. Ovviamente, rivedere a posteriori la durata operativa di una centrale influisce sul ritorno dell’investimento e bisogna rifare i calcoli.
Detto questo, è appena arrivato Wikileaks, riportato dal Corriere: http://www.corriere.it/esteri/11_marzo_16/wikileaks-allarme-giappone_f186f8fc-4fdd-11e0-acff-d18cea4068c4.shtml
Leggiamo e cerchiamo di capire.
Tuttavia, scusate se ora faccio una piccola digressione, spero che qualcuno si porrà la seguente questione: siccome Wikileaks i cablogrammi li ha rubati circa un anno fa, com’è che, agendo per il puro bene dell’umanità, questa notizia se l’è tenuta per sé tirandola fuori nel momento in cui si suppone se la siano fatta pagare di più? Magari portandola all’attenzione dell’opinione pubblica sei mesi fa poteva avere delle conseguenze. Dal momento in cui sono entrati in possesso delle informazioni, ne hanno condiviso la responsabilità della conoscenza con i governi e le multinazionali che accusano ogni momento di averle tenute nascosti.
Costruire per richter 9 richiede la decisione di costruire. Oggi tutti hanno il nucleare in sospeso anche perchè è una scelta impopolare e richiede grossi investimenti che l’impopolarità a volte sconsiglia. Forse anche la crisi mondiale ha il suo ruolo in questo temporeggiare generalizzato (e quando non c’era la crisi l’economia puntava di più su un mondo di energia rinnovabile estremamente utopistico demonizzando il nucleare, il carbone ed il petrolio). Se guardiamo il problema da un altro punto di vista, senza stappare lo champagne, potremmo invece considerare che il livello di sicurezza delle centrali giapponesi è veramente alto e solo la dannata legge di Murphy ha condotto a quella situazione di alto rischio. Certo non possiamo nemmeno escludere che forse questo non era il peggio che potesse capitare. Però rispetto a Chernobyl c’è una bella differenza, mi pare.
Per ora sì, ma io aspetterei a tirare le somme ad evento concluso.
Ah, Wikileaks è abituata a maramaldeggiare. Sono un po’ sciacalli anche loro e io non mi fido.
Idroelettrico: in Cina 170mila morti nel 1975, causa evento meteo straordinario crollano diverse dighe:
http://it.wikipedia.org/wiki/Diga_di_Banqiao
Oggi ci sono ancora problemi: “RISCHIO-CROLLO PER LA PIU’ GRANDE DIGA DEL MONDO – Alluvioni e rifiuti minacciano in Cina milioni di persone” –
http://magellano.ilcannocchiale.it/post/2515521.html
Nucleare: a Chernobyl: “Il rapporto ufficiale[2] redatto da agenzie dell’ONU (OMS, UNSCEAR, IAEA e altre) stila un bilancio di 65 morti accertati con sicurezza e altri 4.000 presunti (che non sarà possibile associare direttamente al disastro) per tumori e leucemie su un arco di 80 anni.”
http://it.wikipedia.org/wiki/Disastro_di_%C4%8Cernobyl‘
Paragonando i due disastri Chernobyl, comprendendo i morti “presunti”, sarebbe in termini di vittime il 2,4 % di Banqiao.
Senza contare i danni fisici e strutturali che hanno coinvolto milioni di cinesi che hanno perso tutto.
Non è per dare ragione a Battaglia, ma certe cose dovrebbero farci riflettere. Chernobyl è stato causato da un errore operativo umano, il Vajont da errori di valutazione sulla stabilità della montagna. Il disastro di Banqiao e quello di Fukushima hanno cause principalmente naturali e secondariamente progettuali. Sarà molto difficile che Fukushima produrrà un danno simile a quello di Chernobyl e tanto meno a quello di Banqiao.
Piccola considerazione, forse anche sbagliata, non sono un progettista di centrali nucleari.
Certo che in un paese ad altissimo rischio terremoti e conseguenti tsunami, una centrale nucleare la potevano costruire un paio di chilometri nell’ entroterra.
Non è che bisognava essere degli scienziati per arrivarci. Costo in piu’? un paio di chilometri di conduttura dell’ acqua per il raffreddamento? Se si ostruisce a causa dello tsunami il collettore di carico dell’ acqua quanto ci vuole a stapparlo?
Invece cosi’ è saltato tutto l’ impianto di raffreddamento.
Forse sbaglio…
Daniele
seguo la storia delle centrali nucleari fin dagli anni 60. Sono fisico nucleare ed ero coinvolto nella ricerca di base per il convertitore veloce di Kalkar.
I reattori erano sempre “sicuri”. Negli anni 60 è stato matematicamente dimostrato che il primo incidente serio poteva succedere non prima di diecimila anni.
Il Rasmussen Report dichiarava che era più probabile restare uccisi da un meteorite che da un incidente nucleare.
La IAEA ha dichiarato che Cernobil ha causato 48 morti.
Franco Battaglia ha chiarito che l’energia idroelettrica è molto più pericolosa dell’energia nucleare. Il Vajont ha causato 2000 morti, Cernobyl 48.
Oggi siamo in mano esperti che sanno tutto sulla fisica nucleare e sulla geologia, come la Prestigiacomo o Veronesi.
L’incidente di Cernobyl sarebbe causato dal fatto che era costruito da russi incompetenti. Si tace sul fatto che la manovra fatta a Cernobyl (riavviamento dopo solo 8 ore di sosta) avrebbe fatto esplodere qualsiasi reattore. Non era un difetto di costruzione ma autoritarismo incompetente.
Onestamente, che a Cernobyl ci sia stato un errore umano grave è stato sempre detto e ripetuto, sia a livello dei media generalisti sia in quelli più specialistici (curiosamente ieri ho ricevuto l’ultima copia del periodico dell’Ordine degli Ingegneri della Liguria, dove si parla proprio di nucleare – ovviamente è stato stampato prima degli eventi di questi giorni – e c’è una dettagliata ricostruzione dell’incidente di Cernobyl con grande enfasi data alle procedure umane errate).
Piuttosto, il post di elmar mi va venire in mente un’altra domandona. Lasciamo perdere i modelli di calcolo probabilistico del rischio, che ovviamente possono essere verificati sperimentalmente in modo definitivo solo quando si verifica l’incidente. Ma altre cose, come ad esempio la sicurezza che un vessel è in grado di resistere anche in presenza di fusione del nocciolo, oppure il funzionamento delle misure di sicurezza passive della III+ generazione… si basano solo su modelli matematici oppure vengono verificate sperimentalmente nei centri di ricerca? Perché se è solo la prima cosa… ohi ohi. Non posso fare un doppio standard accettando le critiche ai modelli climatologici, spesso usati per fare previsioni senza il minimo di evidenza sperimentale, e poi accettare che i modelli di sicurezza di una centrale si basino solo su modelli matematici.
Si, effettivamente, l’articolo di Rizzo fa ribollire il sangue. Il guaio è che i nostri decisori politici di sangue nelle vene ne hanno poco o nulla.
A proposito di roba che bolle, qualcuno ha notato, nei servizi RAI sul Giappone, che nei reattori della centrale danneggiata dal sisma “il combustibile nucleare è entrato in ebollizione”?
Con questi “professionisti” dell’informazione quale dibattito franco e sereno possiamo aspettarci?
Ciao, Donato.
Scusate, aggiungo un’altra considerazione. L’altra cosa che nell’emergenza mi sembra sia caduta è la gestione tecnico-politica delle emergenze. Visto che il Giappone è una democrazia “occidentale” ci si aspetta che la gestione dell’emergenza venga gestita in perfetta unità di intenti con le organizzazioni internazionali, in questo caso l’AIEA, e i paesi membri. Ora, sentire il Giappone e l’AIEA classificare l’incidende a livello quattro e tranquillizare gli abitanti di Tokyo mentre l’agenzia nucleare francese già da un paio di giorni ha parlato di livello cinque/sei e ha invitato i propri concittadini a lasciare Tokyo per via del rischio nucleare non dà una bella impressione: o c’è scarsa comunicazione ai piani alti, o il Giappone non dice tutto quello che sa o la Francia straparla. Anche questo peggiora la percezione: perché se proprio si deve arrivare ad un incidente, uno dovrebbe essere garantito dal fatto che ci sono professionisti all’opera, sia tecnologicamente che politicamente, e che operano secondo un piano di lavoro predefinito.
In attesa che siano reperibili gli articoli citati, vorrei provare a fare un ragionamento “macro”, cioè che non dipende dai dettagli a causa dei quali le cose in Giappone stanno andando male (dettagli che richiederanno tempo per l’approfondimento).
Mi riferisco a quello che ho chiamato “problema di comunicazione” nei commenti al post dell’altro giorno. In sintesi, sostenere che lo sviluppo nucleare in Italia è possibile può essere suffragato da due affermazioni:
1) Tutte le centrali nucleari “occidentali” sono ormai costruite secondo tecnologie moderne e sono a prova di ogni ragionevole rischio.
2) Le centrali nucleari che costruiremo in Italia saranno costruite secondo tecnologie moderne e saranno a prova di ogni ragionevole rischio.
La prima affermazione, di fatto, implica la seconda. La prima affermazione può essere argomentata con più forza della seconda, perché mentre la seconda è largamente “predittiva”, la prima può fare riferimento alle statistiche già esistenti.
Mi pare che la prima affermazione sia stata usata abbondantemente nel dibattito: questo è stato l’errore, perché la prima affermazione si è rivelata falsa. L’evidenza di questi giorni mostra che esistono almeno uno/due centrali al mondo che non sono in grado di resistere ad ogni ragionevole rischio. Come ho premesso, rimango ad un livello “macro” di valutazione che è non contestabile, perché è una mera constatazione dei fatti; quando ne sapremo di più capiremo se il problema era che le centrali vecchie non vengono dismesse, o upgradate, oppure se è stato sottostimato quel “ragionevole”, o entrambe le cose.
La seconda affermazione, invece, per me è ancora convincente, almeno per quello che mi riguarda, cioè la decisione della politica italiana. Anche perché per falsificare la prima è stato necessario una catastrofe naturale che, improbabile o no, da noi raderebbe al suolo il paese.
Ma l’errore è stato ormai compiuto e ha fornito non dico argomenti, ma pretesti in abbondanza per i diffusori professionisti di panico; detta all’opposto, l’errore ha danneggiato la credibilità dei sostenitori del nucleare. Siccome alla fine l’uomo della strada non è in grado di fare i calcoli del rischio, il problema si trasferisce su un fatto di credibilità dei partecipanti al dibattito pubblico. Io temo che, politicamente, il danno sia irreparabile.
i primi due articoli linkati risultano indisponibili…. l’autore li ha resi privati…..
Reply
Grazie Max, li recupero e li edito ma ci vorrà un pochino.
gg