Dopo aver criticato l’ipotesi dell’effetto serra come causa dell’estinzione dei dinosauri analizzerò un’altra ipotesi sostenuta da una recente ricerca di Kidder e Worsle, con la quale hanno dimostrato una stretta correlazione fra le grandi eruzioni vulcaniche magmatiche (LIP) e le estinzioni di massa. Il meccanismo dell’estinzione riguarderebbe una tossicità dovuta a grandi ed improvvisi rilasci di CO2 da parte dei vulcani. Il CO2 de-alcalinizzerebbe gli oceani e il riscaldamento globale, che si presume sia indotto proprio dal CO2, bloccherebbe la circolazione delle correnti termoaline. Questo dovrebbe causare una generale “anossia oceanica” che, accoppiata alla mancanza di nutrienti minerali, avrebbe determinato le estinzioni di massa soprattutto delle specie marine. Un’altra tossicità descritta e già nota da tempo è quella legata alle grandi emissioni di solfati sempre vulcanici che metabolizzati dai solfobatteri anaerobici avrebbero generato l’idruro di zolfo che è estremamente tossico per la vita degli eucarioti. Secondo gli autori queste condizioni di tossicità hanno generato la maggior parte delle grandi estinzioni del passato.
In effetti il CO2 sopra i 5000 ppm è tossico per i mammiferi terrestri, ma dai dati paleoclimatici la tesi di una tossicità legata a picchi di caldo che avrebbero determinato un cambiamento nelle correnti oceaniche termoaline non è dimostrata almeno per le quattro estinzioni di massa più importanti e catasrtofiche che invece collimano con repentini e bruschi abbassamenti di temperatura come si evidenzia nel grafico in figura 2 già commentato nel precedente post di questa serie, in particolare per l’estinzione dei dinosauri.
Nel grafico in figura 3 si confrontano le ricostruzioni delle temperature del livello dei mari e del CO2 negli ultimi 550 milioni di anni; i dati sono moto incerti ed approssimativi, le medie riguardano milioni di anni e quindi sono da prendere con le pinze, tuttavia si evidenzia che almeno per le 4 grandi estinzioni di massa già evidenziate nel grafico del Veizer in figura 2 non vi è nessuna coincidenza tra estinzioni e picchi di CO2. Non mi sembra nemmeno plausibile l’ipotesi di tossicità da CO2 perchè alla fine del permiano la concentrazione non ha superato i 2000 ppm mentre era molto più alta nel giurassico durante uno dei massimi momenti di esplosione della vita sulla Terra. Addirittura nell’Ordoviciano la concentrazione di CO2 era quasi 4000 ppm prima durante e dopo l’estinzione di massa. Malgrado l’evidente crollo delle temperature non si vedono picchi di CO2 nemmeno durante l’estinzione dei dinosauri alla fine del cretaceo 65,5 milioni di anni fa quando ci fu invece un brusco calo di temperature come nell’Ordoviciano. Ho già citato Veizer che su Nature afferma che CO2 e Temperature sono disaccoppiate, per gran parte dei periodi negli ultimi 550 milioni di anni. I dati escludono che l’estinzione dei grandi sauri sia dovuta al caldo da effetto serra.
Quindi il presunto effetto fisico dell’aumento del CO2 cioè l’aumento delle temperature non sembra affatto aver determinato le grandi estinzioni di massa, mentre dai dati emerge che le estinzioni di massa sono correlate ad un’azione chimica cioè tossica delle emissioni vulcaniche:
- Su Nature Geoscience si ipotizza che l’agente tossico che ha causato l’estinzione fossero le ceneri vulcaniche (simili a quelle della combustione di carbone) che sono tossiche per la vita marina.
- Su Elements e su Geology attribuiscono le estinzioni di massa a grandi emissioni tossiche di solfati che in seguito forniscono la materia prima ai batteri per la successiva riduzione ad idruro H2S.
- Su PNAS si parla di stress combinati assortiti quindi anossia, rilascio di idrudo di zolfo e hypercapnia, sempre dovuti alle emissioni tossiche vulcaniche.
In molti parlano di “sesta grande estinzione” dovuta alle emissioni antropiche di CO2 della quale potremmo avere l’onore (per così dire) di essere causa e vittime allo stesso tempo. Avevo già analizzato qui lo spauracchio catastrofista della sesta estinzione di massa proclamata da Al Gore. Dal mio punto di vista cioè quello zoologico e agronomico escludo che le massime concentrazioni atmosferiche di CO2 raggiungibili per cause antropiche cioè 800 1000 ppm siano tossiche da determinare un’estinzione di massa visto che a 2000 ppm la terra ha visto la massima esplosione di vita vegetale e animale terrestre e marina. Anzi ho già citato numerose ricerche dove con sperimentazioni si dimostra che a concentrazioni di CO2 di 800 ppm la vita vegetale è più rigogliosa (tanto che nelle serre la si addiziona) mentre per gli organismi marini, alcuni ne sono svantaggiati (come certi coralli tropicali) altri invece ne sono avvantaggiati tanto che quando la concentrazione atmosferica di CO2 sulla terra era di 4000 ppm la barriera corallina era 4 volte più estesa di adesso.
@ Max Pagano
Ottimo
era proprio McGuire
Claudio, ti rispondo brevissimamente io, intanto;
questa storia di cui parli, per quel che ne so io, viene da uno studioso islandese, il professor Sigmundsson, che però parlava nello specifico dell’attività del ghiacciaio islandese Vatnajokull, uno dei più grandi al mondo, che, pare, dal 1890 ha perso il 10 per cento del suo spessore;
in sostanza, la teoria è questa:
alle alte pressioni, legate alla coltre di ghiaccio soprastante, le rocce non si possono espandere liberamente e fondere per trasformarsi in magma; se lo spessore del ghiaccio diminuisce cala anche la pressione di “contenimento” della camera magmatica e questo comporterebbe la formazione di più magma….
certo, una diminuita pressione potrebbe tranquillamente facilitare lo sbocco in superficie del magma attraverso la formazione di nuove vie di fuga, ovvero un numero maggiore di bocche eruttive;
parallelamente, Bill McGuire, del Benfield Hazard Research Centre all’ University College di Londra, ha fatto spesso alcune “sparate” piuttosto discutibili e molto sensazionalistiche:
cito da http://www.express-news.it/scienza/hazard-risk-science-review-2009-le-catastrofiche-previsioni-degli-scienziati-inglesi/
“Il professor Bill McGuire, direttore del Benfield Hazard Research Centre, University College London (UCL), prevede dunque un futuro terrestre sospeso tra grandi tempeste, inondazioni, grande caldo e forti e frequenti eruzioni vulcaniche e terremoti.
Tutto deriva da una serie di studi riguardanti la frequenza delle eruzioni vulcaniche durante l’Era Glaciale nel nostro Continente, che fu molto ridotta, mentre tra 15 e 12 mila anni fa, al momento del ritiro della vasta calotta glaciale che ricopriva l’Europa, tale frequenza aumentò notevolmente per il conseguente sollevamento della crosta terrestre.
12900 anni fa, ad esempio, una gigantesca eruzione vulcanica colpì la Germania occidentale, dando origine ad una grande caldera che formò il Laacher See, vicino Coblenza.”
e da http://quantico-appunti.blogspot.com/2010/03/climada-esperti-allarmecambiamento.html
“Non solo gli gli oceani e l’atmosfera congiurano contro di noi, causando un aumento delle temperature, tempeste e inondazioni più violente, ma anche la terra sotto i nostri piedi probabilmente si unirà al complotto” dice il professor Bill McGuire, direttore del Benfield Hazard Research Centre, all’ University College di Londra. “Forse la Terra sta tentando di dirci qualcosa” commenta McGuire.”
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evviva la sobrietà….
tornando in tema, personalmente, ritengo che se questo ragionamento è valido, lo può essere solo nelle zone del nostro pianeta, come l’Islanda, appunto, in cui intanto manca completamente il grosso spessore di crosta continentale granitica che caratterizza invece l’interno dei continenti, poi il limite tra crosta oceanica e mantello superiore si trova a profondità molto minori, e di fatto in ogni caso ghiacciaio o no, l’Islanda non è altro che un tronco emerso della dorsale medioatlantica, quindi una zona in cui la camera magmatica di alimentazione dell’eruzione è talmente vicina alla superficie terrestre che in effetti potrebbe anche risentire della diminuzione della pressione dovuta allo scioglimento o all’assottigliamento della calotta glaciale;
ben diverse sono le situazioni del vulcanismo ad esempio della cintura di fuoco, o anche di quello italiano, oppure sì del vulcanismo associato a zone di rift come l’Islanda ma in fasce climatiche che di certo glaciazioni recenti non ne hanno viste (vedi africa centro-orientale);
fondamentalmente il motore del grosso dell’attività vulcanica terrestre è di cause endogene (subduzione, hot spot, bacini di retroarco, aperture di rift o “protooceani”) legate alla tettonica a zolle o alla risalita di pennacchi caldi da zone molto profonde del mantello terrestre, quindi parliamo di situazioni in cui la tettonica e grossi sistemi di faglie a scala regionale la fanno da padrone, e in molti casi con spessori di crosta continentale e profondità delle camere magmatiche principali tali che, io ritengo, poco o nulla sarebbero influenzate da pochi cm in più o meno di spessore di ghiaccio in superficie….
lascio la palla a Giovanni Pascoli o chi per lui per aggiungere/correggere/smentire/integrare le mie parole;
🙂
grazie x la palla……nulla da aggiungere, anzi sottoscrivo le tue osservazioni rispetto alla situazione geologica dell’Islanda e di altre regioni del pianeta, ti ringrazio e approfitto dei link per leggere qualcosa sull’argomento.
Aggiungo che mi sembra che a volte vi siano scienziati che cercano risposte a fenomeni di superficie senza sapere nulla di quello che succede sotto i nostri piedi a partire da 10 cm di profondità, come se la terra fosse una sfera cava….una buccia di mela senza mela dentro
Ciao Claudio e grazie della risposta.
Rispetto al fenomeno di cui parli in realtà non sono molto preparato. Per quanto ne so e per la formazione che possiedo ritengo che l’attività vulcanica sia legata essenzialmente al “sottosuolo”, crosta e mantello, alla tettonica e ai moti convettivi mantellici. In base a questa visione le forze in gioco che sviluppano questi fenomeni sono tali che l’apporto dei ghiacci secondo me è ininfluente. Ammetto di non avere dati numerici e calcoli alla mano, ma in qualche modo per fare un confronto ti direi di immaginare la buccia di una mela e la mela stessa e cercare di mettere in relazione le “forze” della buccia con quelle del frutto. Inoltre in questo esempio esagero visto che i ghiacciai costituiscono una buccia discontinua e in proporzione molto più sottile di quella della mela. Quanto tu hai scritto rispetto all’attività vulcanica e ghiacciai comunque può essere ricondotto ad altri fenomeni attribuiti al peso dei ghiacciai ed in particolare al sollevamento e alla subsidenza isostatica (ex di parte del continente europeo) attribuito all’avanzata e successivo sgioglimento delle calotte glaciali dell’ultima glaciazione. O anche lo sviluppo di fratturazioni “decompressionali” in rocce un tempo sepolte da ghiacciai ( ex zona alpina) e lo sviluppo di fenomeni gravitativi ( frane, crolli ecc.).
Ora rispetto all’origine glaciale di questi fenomeni io sono abbastanza scettico, diciamo che accetto il fatto che in alcuni casi vi possa essere questa influenza ma non possa essere una regola applicabile in maniera generale ( dipende dallo spessore dei ghiacciai dal loro tempo di permanenza dal tipo di rocce o sediemnti del substrato su cui sono poggiati, dalla loro orientazione ecc.). Ora senza addentrarmi troppo sulle correnti dei geologi direi in breve che vi sono dei geologi “quaternaristi” e di “superficie” che prediligono interpretazioni in cui i motori di questi fenomeni sono “superficiali”, e legati alla gravità ( quindi “passivi”) vi sono altri geologi diciamo “di basamento” ( anche se il termine non è appropriato) che invece considerano generalmente i fenomeni di superficie come degli eventi “secondari” originati dalle dinamiche profonde della Terra. ( Ex terremoti che provocano frane o orogenesi che crea un disequilibrio e favorisce erosione e sediemntazione delle rocce) in cui la gravità in se non giuca un ruolo unico ( nel senso che c’è bisogno anch edi un disequilibrio tettonico per scatenare il fenomeno). Io diciamo faccio parte più della seconda corrente. Infine all’interno di questa seconda corrente vi sono i geologi che hanno una visione in continuo spazio temporale dei fenomeni (ex neotettonica associata a strutture profonde ma anche superficiali come frane e strutture di deformazione in sediementi recenti o attuali) mentre altri tendono a separare in qualche modo il prequaternario ( evidenta di fenomeni tettonici) dal più recente quaternario dove i fenomeni sono essenzilamente legati alla forza di gravità superficale.
Poi come sempre è chiaro che non esiste mai una spiegazione unica per tutti fenomeni e non esiste nella realtà una visone globale unica.
Comunque cercherò di documentarmi sul fenomeno che hai descritto e se avrò i mezzi cercherò di darti una risposta o magari scrivere un post.
P.S: suggerirei a tutti di approfittare dei documenti video di questo evento sismico con tsunami appena verificatosi in Giappone, che fa parte di uno degli eventi più intensi che possa scatenare il nostro pianeta ( 8.9 Richter) e osservare le dimensioni e i tempi di questo fenomeno rispetto alle “grandezze spazio temporali” umane.
@ Giovanni Pascoli
Ciao
ovviamente condivido ciò che hai scritto
a proposito c’è un fenomeno che mi incuriosisce ma non ne so niente, in un doc su sky dicevano che c’è una forte correlazione tra i disgeli e l’aumento delle attività vulcaniche. In pratica il peso dei ghiacci e la compattezza del permafrost limitano le eruzioni che invece si scatenano quando la crosta diventa più leggera e “friabile”.
Se ne sai qualcosa perchè non ci fai un post?
MI permetto di porre un “dubbio” a quanto proposto da questi ulteriri studi aull’estinzione dei dinosauri.
Mi sembra che l’estinzione del Cretaceo Sup. abbia coinvolto maggiormente organismi “subaerei” piuttosto che marini. In particolare quasi tutti i rettili, oltre a svariate specie di piante. Negli oceani i principali organismi a subire gli effetti dell’estizione furono quelli planctonici, mentre pesci ed altre specie marine foruno in proporzione quelle maggiormente risparmiate.
QUesto è un’indicatore del fatto che in qualche modo l’acqua ha fatto da barriera o da diluente abbatendo la mortalità degi esseri viventi marini. Va inoltre ribadito che l’estizione coinvolge organismi sensibili alla luce, al calore e alla fotosintesi (rettili, piante, plancton) metre risparmia quelli indipendenti o più adattabili (funghi, felci, pesci). QUindi senza voler tirare conclusioni frettolose, mi sembra più che plausibile oltre che ragionevole indicare alla base di quest’estinzione un effetto di acidificazione e nel contempo di raffreddamento dell’atmosfera.Effetto che può essere ben spiegato con due fenomeni naturali 1) Vulcanismo 2) impatto di meteorite. CHiaramente si tratta di due eventi con caratteristiche “Uniche” e con tempi di ritorno di milioni di anni, non certo un’eruzionecome il vesuvio o un meteorite come quelo siberiao degli anni 20. COmunque avevo già illustrato come vi siano tracce geologiche di questi due eventi commentando il post precedente.
LE ipotesi che vengono fatte di un’acidificazione dell’atmosfera non sono tanto legate alla CO2 quanto a gas solforosi (SO2 SO4) In particolare questi gas sono insieme a CO2 e H2O i più abbondanti emesi durante le eruzioni vulcaniche e caratterizzati da effetti di acidificazione e tossicità sicuramente molto più elevati della CO2 presa singolaermente. inoltre se andiamo a vedere l’analisi dei gas vulcanici vediamo come vi siano tutta una serie di altri gas minori (N, H, S, F, Ar, CO, Cl HCl, HF, H2SO4, H2S) che mischiati assieme danno origine ad una miscela estremamente acida ( ph quasi 0) e tossica per gli esserei viventi.
Infine va ricordato il fatto che vi siano abbondanto andriti all’intero di un cratere d’impatto in Messico che testimonierebbero della disidratazione e “fusione” di enormi masse di sedimenti evaporitici con liberazione nell’atmosfera di gas soforosi ( e non di CO2) responsabili di questa acidificazione dell’atmosfera.
In entrambe i casi ( vulcani e meteoriti) vengono messi in gioco due elementi fondamenetali dell’estinzione Cretacea 1)L’acidificazione dell’atmosfera 2) la diminuzione dell’irraggiamento solare a causa di un “filtro” atmosferico ( nubi, polveri ceneri ecc.)
Quindi mi sembra riduttivo e di parte cercare sempre delle spiegazioni che implichino sempre un solo fattore scatenante, un solo colpevole, ancor più se quest’ultimo finisce sempre per essere la CO2.
E mi fa anche un po ridere come ormai si rimetta tutto in discussione, forti 1)dell’ignoranza sui processi e fenomeni naturali e 2) della infallibilità della matematica e dei computer ( e dei loro modelli).
E sono contento che CLAUDIO Costa mostri di saper ragionare in maniera autonoma usando dati e buon senso per cui sottoscrivo le sue conclusioni e le sue critiche a fine post.