C’è stata un po’ di maretta nel dibattito sul clima recentemente. Il sasso nello stagno lo ha lanciato Kevin Trentberth proponendo di ribaltare la pratica scientifica. L’evidenza delle origini antropiche del riscaldamento globale è tale – ha annunciato nel suo recente intervento all’AMS- da richiedere un capovolgimento dell’ipotesi nulla, cioè, ora è chi sostiene il contrario – ovvero che molto possa essere spiegato con la variabilità naturale- che deve dimostrare di essere nel giusto.
Su CM abbiamo già commentato questo intervento, e ci siamo anche presi gli strali di quanti hanno accolto entusiasticamente questa proposta. La nostra obiezione è semplice, la variabilità naturale ha dominato l’evoluzione del clima da sempre, non ha alcun bisogno di essere dimostrata, semmai, certamente, c’è molto da fare per comprendere come funzioni esattamente il sistema. A meno che non si ritenga che da qualche decennio a questa parte non stia accadendo qualcosa di strano e nuovo per le normali dinamiche del sistema stesso.
A dimostrare questa ipotesi ci hanno provato in molti, a volte con buon successo iniziale, salvo poi dover scendere a più miti consigli perché, dal momento che piaccia o no misuriamo tutto con la temperatura, è noto che questa ha subito oscillazioni assolutamente paragonabili se non superiori a quelle misurate nelle ultime decadi del secolo scorso. E non stiamo parlando di ere geologiche, basta guardare indietro agli ultimi mille anni per trovare due eventi climatici di ampiezza globale e di segno completamente opposto tra loro, con i quali chiaramente il forcing antropico non può aver avuto nulla a che fare (LIA e MWP per chi volesse approfondire).
Tuttavia, giustamente, una parte molto ampia della comunità scientifica ha ipotizzato che il forcing antropico sia stato preponderante per il riscaldamento occorso dalla fine degli anni ’70 al 2000, salvo poi essere mascherato da una variabilità naturale che quando dovesse tornare ad essere in fase con il forcing, ne riproporrebbe più che mai la pericolosità in termini di riscaldamento. Dunque la variabilità naturale esiste, questo ci conforta. Ed è anche più forte dell’ipotesi di cui sopra, questo ci conforta ancora di più.
Sicché, la prevalenza del forcing antropico è di fatto una spiegazione alternativa che si è cercato sin qui di sostenere con la pratica scientifica delle simulazioni climatiche. E’ un’ipotesi accettabile in quanto tale. Non è certa, non può dunque dirsi che sia vera ma neanche che non lo sia. Diversamente è certo che il clima esiste come è sempre esistito. Come uscire da questa impasse? Con l’unico strumento possibile evidentemente, la ricerca. Così Roy Spencer dal suo blog lancia il guanto di sfida: che qualcuno mostri un solo lavoro che abbia attraversato il percorso di revisione paritaria che escluda la variabilità naturale come origine delle recenti evoluzioni del clima. Sono esclusi, egli scrive, tutti i lavori che hanno investigato la variabilità del forcing solare, inteso come agente esterno e non interno al sistema, dal momento che stiamo parlando di variabilità naturale interna. Parimenti, aggiungo io, sono esclusi tutti i lavori che proponendo la soluzione alternativa del forcing antropico negano per esclusione la variabilità naturale. Infatti, se immagino che il sistema sia fortemente dipendente da variazioni in termini assoluti minimali di una delle sue componenti -i gas serra- è logico che se poi agisco su quella componente il sistema smetta di funzionare, ma questa è una scelta, non è una prova.
Ammetto candidamente la mia ignoranza. Non so se esistano lavori del genere e invito quanti (so che ci leggono) normalmente ci accusano di ignoranza, malafede, incompetenza e quant’altro ad illuminare le nostre menti. Se così dovesse essere leggeremo avidamente. Diversamente, temo ci sarà consentito di continuare a praticare lo scetticismo, ovvero a considerare la preponderanza del forcing antropico un’ipotesi e non una tesi, a vedere le cosiddette evidenze, scioglimento dei ghiacci, fenomeni violenti etc etc, per quello che sono e sono sempre stati, ovvero manifestazioni delle dinamiche di un sistema che malgrado si siano ripetuti migliaia di volte nella storia del Pianeta ancora non abbiamo compreso.
Ah, un’ultima cosa nella quale forse sarà difficile tacciare chi scrive di incompetenza. Mentre si procede alla ricerca di questi lavori, sarebbe comunque un bel passo avanti smetterla di attribuire ogni evento atmosferico al clima impazzito. Per due ragioni. La prima è che il clima e il tempo sono sempre stati pazzi. La seconda è che ognuno di questi eventi ha la sua bella spiegazione meteorologica e una serie infinita di similitudini, ancora una volta, piaccia o non piaccia ai cultori dell’unprecedented.
Approvo in pieno il commento di Guido Botteri, perché avrei potuto scriverlo io, con la differenza che Guido Botteri se ne intende di clima, io no. Approfitto del’occasione per fare i complimenti a Guido Guidi per il suo blog, molto ricco di contributi e senza tesi precostituite, un “modello del clima” (spero apprezziate il doppio senso) che dovrebbe esserci in tutti i blog di tema scientifico, cosa che non succede.
Ho detto più volte che quello che ha attirato la mia attenzione sul clima è stato il “clima” (scusate il bisticcio di parole) in cui si svolge quello che non può più chiamarsi un dibattito “scientifico”.
Non lo si può chiamare “scientifico” quando qualcuno ti accusa di “malafede”. Mi fa pensare a quelli che scrivono sui muri “fesso chi legge”. Non penso che una persona intelligente diventi un “fesso” solo perché il suo sguardo è incappato in una scritta di uno (quello sicuramente) “fesso”.
Così, per abitudine, quando qualcuno lancia delle accuse, sono solito domandarmi se basti un’accusa per infamare l’accusato, o se magari l’accusatore non sia, eventualmente, “lui” quello che andrebbe etichettato con l’accusa che ha lanciato…non sta a me giudicare, ma il figlio di un falegname, due mila anni fa disse “chi è senza peccato scagli la prima pietra”, e non vorrei che quelli che scagliano le pietre siano essi, sì, i maggiori peccatori.
Del resto, cosa ha di scientifico questa insistenza nell’etichettare “negazionisti” chi non la pensa come loro, ben sapendo che è un insulto, ed anzi sostituendo questa parola deliberatamente, quando altri parlano di “scetticismo” ?
Oltre a non essere un modo “scientifico” di ragionare, esso è millantato credito, perché si parla “come se” non fosse lecito dubitare in una scienza in cui poi ci sono tantissimi dubbi e incertezze, e se glielo fai motare, si offendono come candide colombe, facendoti notare che loro lo dicono che ci sono le incertezze, che la scienza non ammette certezze assolute. Lo dicono tra di loro, badando bene di non farsi sentire dai non addetti al lavoro, a cui continuano a millantare certezze che non hanno e non possono avere.
Ma allora, se queste incertezze ci sono, se la NASA le ammette, se c’è chi ci fa degli studi, se tra di loro si confessano queste cose innominabili….perché dare del “negazionista” a chi non è convinto ?
Se il dibattito fosse stato civile e scientifico, senza insulti, senza accuse arbitrarie, io mi sarei interessato di tutt’altro.
Chi sono io ? Un colibrì, che non spegne un incendio, da solo.
Una goccia che non fa il mare, da sola.
Ma finché vedrò questi atteggiamenti, avrò stimoli per continuare ad interessarmi di clima.
Posso anche sbagliare, ma quando vedo un “clima” del genere, penso che sotto le cose siano tutt’altro.
Uno scienziato vero non ha bisogno di insultarmi, per dimostrarmi che ho torto. Se ha ragione lui, diceva Catone “tene rem, verba sequentur”.
Chi ha bisogno di urlare, di accusare, di insultare…sbaglierò, ma mi fa pensare a gente che abbia, semplicemente: torto.
Secondo me.