Non è che si possa pretendere di capire tutto, di qualcosa ci si deve pur fidare. Io per esempio se c’è fiuto la sola quando leggo di clima e tempo, ma bevo avidamente qualsiasi stupidaggine venga servita dai media su altri argomenti, semplicemente perché non ne so.
A volte però capita di intercettare notizie particolari, che lette da sole hanno un senso, lette insieme ne hanno un altro. Ecco qua, lancio d’agenzia numero uno:
14:03 – Ue: tantissimi fondi per ridurre emissioni
04.02.2011
Roma, 4 feb. – (Adnkronos) – Per raggiungere il target di riduzione della Co2 del 20% entro il 2020 in Europa sono necessari investimenti per 2.900 miliardi di euro. In Italia la spesa prevista per il prossimo decennio 2011-2020 e’ di 265 miliardi di euro, che porterebbe a un risparmio di 230 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. E’ quanto emerge da uno studio pubblicato oggi da Accenture e Barclays e che stima appunto in 2.900 mld di euro gli investimenti necessari per lo sviluppo, acquisizione e implementazione in tutta Europa delle tecnologie, che entro il 2020, contribuiranno alla riduzione delle emissioni di Co2 dell’83% rispetto ai valori del 1990, pari a un abbattimento di 2,2 mld di tonnellate di Co2. Secondo lo studio, per raggiungere l’obiettivo, sara’ fondamentale il ruolo delle banche per finanziare la transizione dell’Europa a un economia low carbon, soprattutto attraverso attivita’ di intermediazione sui capitali istituzionali, unitamente agli incentivi e alle politiche governative di lungo periodo che continueranno a rivestire un ruolo cruciale. Rispetto ai 2.300 miliardi di euro di capitali richiesti dalle stime per le attivita’ di acquisizione, il 73% (pari a 1.650 miliardi di euro) richiedera’ un finanziamento esterno, dando luogo a una domanda senza precedenti di capitali privati e dei prodotti e servizi bancari connessi. Il cammino dell’Europa verso gli obiettivi a basse emissioni di Co2, sottolinea Peter Lacy, Managing Director, Sustainability Services, Europe, Africa and Latin America, Accenture, ’’e’ dipeso in gran parte dalle iniziative dei singoli governi’’. Gli elevati deficit pubblici e il consolidamento delle tecnologie, sottolinea Lacy, ’’rendono fondamentale, per accelerare gli investimenti necessari a conseguire gli obiettivi del 2020, un afflusso di capitali provenienti dal settore privato, la cui intermediazione avverra’ principalmente attraverso gli istituti bancari’’. Tuttavia, continua, ’’alle amministrazioni pubbliche spetta ancora un ruolo di stimolo della domanda e stabilizzazione dei mercati del carbonio attraverso politiche trasparenti e di lungo periodo’’. Rispetto ai 2.900 mld necessari per finanziare la transizione dell’Europa verso un’economia a basse emissioni di Co2, i primi 2.300 sosterranno l’acquisizione e l’implementazione di impianti a basse emissioni e i restanti 600 finanzieranno la ricerca, lo sviluppo e la produzione di tali tecnologie. In Europa, sottolinea Rupesh Madlani, direttore della Renewables and Clean Technology Equity Research di Barclays Capital, ’’le banche scontano le difficolta’ legate ai vincoli nei prestiti di capitali, alle incertezze dei mercati del Co2 e alla pletora di politiche locali. Per ridurre gli oneri di bilancio e mitigare i rischi, esse devono creare dei prodotti di credito in grado di soddisfare le aspettative di rischio e di redditivita’ degli investitori. La transizione verso le basse emissioni di Co2 rappresenta una grande opportunita’ di innovazione per i prodotti e i servizi finanziari al fine di affrontare tale sfida’’.
Porca paletta, 2.900 miliardisono un sacco di soldi. Eh, però, quel che s’ha da fare si fa.
Lancio d’agenzia numero due:
16:24 – Mutamenti climatici “scure” su futuro Pil Europa
04.02.2011
Roma, 4 feb. (TMNews) – È una previsione a tinte fosche per il futuro dell’Europa quella formulata dagli esperti britannici dell’Università di Bath: caldo record e agricoltura in affanno si mangeranno la metà del tenore di vita di una famiglia media e il caos climatico potrebbe costare tra lo 0,2 e l’1% del Pil da qui all 2080, ovvero tra i 20 e i 65 miliardi di euro all’anno. Un bel colpo all’economia europea, destinata a crescere nello stesso periodo del 2% annuo secondo le prospettive esaminate nella ricerca pubblicata su Proceedings of the National Academy of Sciences. “In media, questo potrebbe avere un impatto individuale non pesante. Ma i dati aggregati non sono banali”, commenta Alistair Hunt, che ha guidato la ricerca. A farne le spese saranno soprattutto le regioni dell’Europa meridionale, la produzione agricola potrebbe calare del 27%, mentre il riscaldamento globale potrebbe favorire le aree del Nord Europa, con un raddoppio delle attività agricole e un aumento del 25% delle entrate legate al turismo, considerati i maggiori arrivi per le temperature più miti.
Eh, pure 20-65 miliardi di Euro l’anno sono una bella cifra. Vogliamo metterci nel mezzo? Diciamo 40? Bene, quanto fa 2900:40? Fa 72,5. Siamo nel 2011, quindi al 2080 mancano 68 anni. Questo significa che per “sanare” i problemi climatici dovremmo spendere in 8 anni, secondo queste agenzie, gli stessi soldi che rischieremmo di pagare non sanando alcunché in 68 anni. Visto e considerato che non abbiamo la più pallida idea di cosa sanare, direi che si tratta proprio di un affarone, o sbaglio?
Per restare in tema incentivi e costo per la comunità dei contribuenti, ieri è stata pubblicata un’interessante intervista al Prof. Alberto Rota sul Rapporto annuale dell’Autorità per l’Energia.
(http://www.labussolaquotidiana.it/ita/articoli-fonti-rinnovabiliun-costo-insostenibile-907.htm)
Quello che emerge dai dati (reali) è che per il 2011 gli incentivi potrebbero arrivare a 5,7 miliardi di euro.
Ma vediamo lo storico.
Nel 2009, ultimi dati disponibili, dal sito AEEG si calcola un totale di energia elettrica venduta pari a 84.077 GWh (di cui 57.310 per uso domestico e 26.767 non domestico).
Il prezzo totale per questi 57310 Gwh, prendendo il prezzo medio di vendita comprensivo di tasse e imposte, è calcolato in 12 miliardi e 98 milioni di euro (arr.per difetto).
Se distribuiamo il totale degli incentivi per il 2009, pari a 2,5 miliardi, sui consumi domestici e non, abbiamo una quota di 1,704 miliardi per i primi e 796 milioni per i secondi.
Il conto è presto fatto, gli incentivi hanno pesato per più del 14% sul costo totale delle bollette dei consumatori italiani.
Questo nel 2009.
Non voglio pensare quanto potranno incidere nel 2011, quando saranno più del doppio (5,7 miliardi di euro).
Tutto questo contribuirà a generare meno del 4% dell’energia prodotta in Italia.
Donato, mandi a quel paese il suo vicino anche da parte mia, grazie!
Cordiali Saluti
http://www.autorita.energia.it/it/dati/prezzieledom.htm
http://www.autorita.energia.it/it/dati/eem74.htm
http://www.autorita.energia.it/it/dati/eem75.htm
A proposito, qualcuno di voi ha letto l’ultima sull’amazzonia ?
http://www.tuttogreen.it/lamazzonia-e-sempre-piu-arida-e-non-assorbe-piu-co2/
particolare attenzione per la sentenza di fine articolo:PREVISIONI PER I PROSSIMI ANNI.
che ne dite ?
Donato, fa bene a sentirsi preso per il cooling. A questo aggiunga la serie sempre più incredibile di truffe che stanno venendo a galla e che sono fiorite all’ombra delle energie rinnovabili. I maggiori costi secondo lei chi li pagherà?
In compenso tra qualche anno il suo amico si troverà con un sacco di inutile ferraglia sul tetto e a quel punto dovremo capire chi riderà per ultimo…
CG
Reply
Tranquillo Claudio, arriveranno gli incentivi per lo smaltimento…
gg
Da diversi mesi su CM ci si lamenta dei costi delle energie rinnovabili. La linea editoriale del blog è sempre stata piuttosto critica verso il sistema degli incentivi. Per gli “ambientalisti” ciò è sempre stato un “chiaro” indizio di vicinanza agli interessi dei petrolieri. Anche questo articolo potrebbe essere classificato tra quelli “incriminati” (e, forse, lo sarà). Il clima, però, sta cambiando (non quello meteorologico, ovviamente). Ieri mattina, infatti, il GR1 di RadioRai ha dato grande rilievo ad una cosa che su questo blog circola da sempre: gli incentivi alle rinnovabili le paghiamo di tasca nostra sulle bollette ENEL. Ieri pomeriggio un alto funzionario dell’Autorità per l’Energia, sempre su RadioRai ha rincarato la dose: i pannelli fotovoltaici e le torri eoliche ci costano circa 5 miliardi di euro l’anno! La giornalista che lo intervistava si chiedeva con stupore come fosse possibile una cosa del genere. L’intervistato, con estremo candore, rispondeva che l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili non potrebbe mai stare sul mercato senza l’incentivo. In particolare, faceva notare, che il costo di installazione e gestione di un pannello fotovoltaico è finanziato per circa il 60-70 per cento dall’incentivo (cioè da noi). L’esterrefatta giornalista si chiedeva con disappunto: allora i benefici di cui godono i pochi produttori di energia rinnovabile vengono pagati da noi altri?
Ebbene si, rispondeva l’alto rappresentante dell’Authority, questo è il prezzo da pagare per ridurre le emissioni di CO2! Inutile dirvi che li avrei presi a schiaffi (figurativamente) entrambi.
Come titolava G. Guidi qualche post fa, non sempre è bello avere (sempre) ragione. In questo caso meno che mai perché oltre la beffa abbiamo anche il danno economico. Di fronte alle finestre di casa mia si vede il tetto coperto di pannelli fotovoltaici della casa di un mio carissimo amico. Ogni volta che ci vediamo mi manda in bestia decantandomi le mirabili performances del suo impianto: non paga più le bollette, anzi ogni bimestre gli accreditano sul conto una bella cifretta. Se le cose continuano così nel giro di una diecina d’anni avrà recuperato l’investimento e dopo sarà tutto guadagno, mi dice. Io lo mando a quel paese e gli dico che parte di quel guadagno sono soldi miei. Lui si fa una grassa risata e io mi sento proprio preso per il … cooling!
Ciao, Donato.
Per l’Italia 265 miliardi di euro in 10 anni.
Sempre per quantificare meglio, dopo un calcolo approssimato emerge che sono poco meno di 465 euro procapite, all’anno, per 10 anni, compresi anziani, neonati, disoccupati, invalidi…
Sciocchezze!
Come al solito, quello che non è un affarone per qualcuno lo è per qualcun altro. Così le banche non hanno dovuto neanche pagare anni di ricerca a matematici e fisici per inventarsi i prodotti derivati 2.0… già tutto pronto.
Mi piace molto questo post, Sancho, perchè siamo pieni di dati che vengono sparati sui malcapitati non addetti ai lavoro (che però ci devono mettere i quattrini col loro portafoglio), e non vengono dati, direi quasi sistematicamente, dei punti di riferimento.
“Un iceberg 4 volte Manhattan !”, che sarebbe circa 350 km2, ma poi, se vai a leggere su wikipedia, scopri che se ne può staccare anche uno grande come la Corsica (oltre otto mila km2).
Tante notizie così, che senza punti di riferimento diventano “allarmanti”.
Personalmente ho sempre pensato che la prima cosa da fare, quando si legga una notizia, è avere dei punti di riferimento, ed è un vero peccato che questi non vengano forniti da chi ti sbatte la notizia sotto il naso, perchè fa pensare al titolo di questo articolo…
Secondo me.