Questa è una di quelle cose che hai in testa per tutta la vita e non sai perché. E’ il titolo di una storia uscita sui Classici di Walt Disney qualche decennio fa, quando mi dedicavo a ben più sane letture. Non sto qui a raccontarvela, basti sapere –per chi non lo sapesse- che certame sta per “gara”.
Questo mi è venuto in mente leggendo l’ultimo pezzo di Roger Harrabin sulla piccantissima querelle tra la BBC, il Met Office e il governo di Sua Maestà. L’amico Maurizio Morabito ci ha spiegato tutto per filo e per segno appena questa mattina, per cui anche qui, sorvolo.
Ma sull’epilogo (se tale sarà perché tra interviste, richieste FOI e carta bollata varia potrebbe anche durare per mesi) decisamente non si può sorvolare.
Qual è il problema, dice Harrabin, l’attendibilità delle previsioni? Bene, facciamo una bella gara. Ogni “soggetto” sia esso istituzionale, commerciale, free lance o scienziato pazzo che normalmente produce informazione meteorologica sarà chiamato a cimentarsi nelle varie forme di prognosi del tempo. Uno, due, tre, cinque giorni, tendenza nel breve periodo, previsioni mensili, stagionali, climatiche e, perché no aggiungo io, anche centennali. La gente ha diritto di sapere chi sa fare meglio cosa -spiega più o meno sempre Harrabin- per poter decidere a chi dare ascolto.
Molto spettacolare, molto politically correct, molto british, molto tabloid, molto inutile. Ora capisco perché Harrabin, le cui analisi sono solitamente oggettive si è andato a cacciare in questa spigolosa diatriba previsionistica. Egli mostra chiaramente di non aver capito una cosa, e cioè che una previsione è sempre la migliore possibile, nel senso che la si fa con i dati di cui si dispone. Far bene oggi non è affatto garanzia che si farà altrettanto bene domani (a meno che non si applichi pedissequamente la regola del trono, cioè che dopo er brutto viè er bono…). Chi si occupa di clima infatti, dato che i dati non li possiede non fa previsioni, fa scenari, cosa ben diversa e molto meno utilizzabile, checché ne dica qualcuno (per esempio al Met Office) che con gli scenari ci vorrebbe riscrivere la storia del mondo.
Diverso il discorso per le previsioni di medio periodo, che ancora nessuno sa fare (ma tutti ci provano), benché qualcuno si faccia un po’ troppo spesso condizionare dalla suddetta faccenda degli scenari. Sarebbe altrimenti difficile spiegarsi perché se le indicazioni probabilistiche dell’evoluzione delle stagioni (notoriamente inaffidabili e comunque difficilmente traducibili in una informazione di senso compiuto) vanno verso condizioni miti le si debba ritenere attendibili perché allineate agli scenari, mentre se dicono il contrario vengono tenute in scarsa considerazione, come pare sia accaduto per la “passata d’inverno” che si è beccata l’albione prima di Natale.
Sapete che vi dico? Ma con tutto il casino che c’è in giro per il mondo non c’è proprio nient’altro per riempire le pagine dei giornali?
Ma non era gia’ passata l’Economia, dietro tutto questo pasticcio? Perche’ ripetere gli stessi errori con la Climatologia?
E infatti ogni gestore di fondi e investimenti qui deve scrivere nella pubblicita’…”Past performance is not necessarily indicative of future results”… 😎 chi glielo dice a Roger?
Speriamo solo che la tragedia della contrapposizione capitalismo/socialismo/comunismo con almeno 50 milioni di morti nel XX secolo, sia adesso ripetuta nella piu’ classica farsa per quanto riguarda la contrapposizione riscaldamento antropogenico/riscaldamento naturale.