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Suscettibilità e Sensibilità Climatica – Aggiornamento

Ci sono alcuni aspetti in ordine al prospettato armageddon climatico che colpiscono in modo particolare la suscettibilità di quanti questa deriva catastrofica la sostengono a gran voce. C’è da capirli, finché si mettono in bella mostra mappe a scala globale colorate di rosso e si danno – letteralmente- i numeri sulle proiezioni di temperatura e chi ascolta non fa domande è un conto. Quando capita che qualcuno chieda come si arriva a quelle tonalità di rosso e a quei numeri il discorso cambia.

Sulle pagine dei giornali, sulla rete e nei dibattiti televisivi, è ancora forte l’eco dei proclami dei primi giorni dell’anno: Il 2010 è stato l’anno più caldo di sempre. Su come ci si sia arrivati abbiamo discusso in lungo e in largo, perciò non mi pare il caso di tornarci su. Semmai vale la pena portare all’attenzione dei lettori il fatto che per l’Hadley Centre, che gestisce uno dei tre dataset di temperatura più accreditati le cose stanno diversamente. Il 2010 è terzo, medaglia di bronzo.

Un risultato comunque importante, al quale chi di queste cose se ne intende, è solito anche aggiungere che nell’ottica di un pianeta destinato inesorabilmente a scaldarsi sempre di più per cause antropiche, il fatto che quest’anno sia risultato così “caldo” nonostante l’insistere della Nina, se non è una pistola fumante poco ci manca. In effetti, il secondo anno più caldo di sempre pare sia stato il 1998, anno in cui ha dominato un Nino decisamente intenso. Quel che si dovrebbe aggiungere però, è che la reazione del sistema al forcing interno indotto dalle variazioni delle SST non avviene secondo la logica del bottone che si accende e si spegne, ma risponde a dinamiche piuttosto complesse in cui è perfettamente distinguibile un lag temporale di accumulo e rilascio dell’energia di parecchi mesi. Infatti, la transizione Nino-Nina è stata nella scorsa primavera e siamo dovuti arrivare all’autunno inoltrato per veder scendere le anomalie di temperatura, cioè quando l’anno era praticamente terminato. Forse non è un caso che i conti della Nasa si siano fermati al mese di novembre prima, e abbiano visto un successivo assestamento poi, quando sono stati aggiunti i dati relativi al mese di dicembre (link al post 2010 anno più caldo di sempre).

Recentemente Roy Spencer ha condotto un esperimento piuttosto semplice per investigare questo aspetto del lag temporale, sostenendo che analizzare come il sistema reagisca all’insorgere di un’alterazione dell’equilibrio radiativo nel breve periodo, possa fornire delle informazioni sul comportamento naturale del sistema stesso, mettendo magari in luce come possa poi reagire all’insorgere di un forcing di lungo periodo quale l’aumento della concentrazione di CO2. L’obbiettivo è dunque quello di arrivare a definire un valore di “sensibilità climatica” che si avvicini alla realtà delle osservazioni di temperatura, posto che la sensibilità climatica imposta ai modelli di simulazione non raggiunge questo risultato.

La distanza tra realtà e simulazione, appare in modo piuttosto evidente nelle due figure sotto. Nella prima è mostrato un confronto tra le osservazioni da satellite delle temperature e della quantità di calore acquisito/rilasciato dal sistema e la simulazione di un modello semplice la cui sensibilità climatica tiene conto di un parametro di feedback essenzialmente negativo. L’accordo tra realtà e simulazione appare ottimo. Nella seconda, sempre impiegando il modello semplice di Spencer, si assegna invece alle simulazioni una sensibilità climatica con parametro feedback positivo, ottenuto dalla media di quanto impiegato nelle simulazioni dei modelli IPCC. L’accordo è decisamente meno buono.

Come lo stesso Spencer chiarisce, però, occorre tener conto di due fattori importanti:

  1. I dati da satellite impiegati sono relativi agli oceani e non comprendono le terre emerse, mentre il parametro feedback dei modelli IPCC è relativo all’intera superficie del pianeta;
  2. Non è detto che un sistema dominato da feedback negativi nel breve periodo non sia poi soggetto a feedback positivi nel lungo periodo.

Tra questi, il punto due è particolarmente importante, infatti, sottolinea Spencer, nessuno ha ancora mai trovato il sistema di testare la sensibilità climatica del sistema con dati di osservazione, cioè nessuno sa quale proiezione dei modelli climatici ha maggiori probabilità di avvicinarsi alla realtà. Si preferisce infatti parlare di range probabilistico della sensibilità climatica, ma questo a conti fatti significa poco o nulla in assenza di dati statisticamente significativi relativi ad un evento il “global warming” che si ritiene unico nella storia.

Ovviamente quanto riportato qui è solo una piccola parte delle riflessioni di Spencer sull’argomento, molto altro è reperibile nel suo librio più recente e, soprattutto, nei tre post sul suo blog in cui ha cercato di approfondire la questione.

In ordine, vi consiglio di leggere qui, qui e qui.

Aggiornamento

Meglio tardi che mai. Nelle recenti discussioni che abbiamo avuto sulla rete in ordine all’approccio del mainstream scientifico alla sensibilità climatica, più di qualcuno si è alterato perché sembra non sia corretto asserire che quella di attribuire al sistema una elevata sensibilità sia stata più che altro una scelta. Al riguardo ho trovato interessante leggere questo post sul blog di Judith Curry. Chi ha tempo e voglia legga e poi si faccia una propria idea.

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Published inAttualitàClimatologiaNews

Un commento

  1. agrimensore g

    Il lavoro di Spencer e l’articolo della Curry riportati nel post, secondo me rappresentano i temi essenziali del dibattito sul clima, per quanto riguarda le critiche all’AGWT.

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