La prima frase del titolo di questo post è il compendio al principio dell’attualismo, largamente dibattuto in filosofia della scienza e pilastro della scienza geologica. La seconda è, o potrebbe essere, la sua trasposizione nel campo della scienza del clima.
Questa convinzione, che Uberto Crescenti e Luigi Mariani esprimono e spiegano compiutamente in un lavoro di recente pubblicazione, deriva da un altro assunto: un’adeguata conoscenza delle dinamiche del clima nella storia del pianeta è cruciale per valutarne l’evoluzione futura. Ma si può – e si deve- andare anche oltre: se questa conoscenza è parziale, oppure condizionata da fattori ideologici, l’idea che ne deriva del clima del futuro non può che essere affetta dagli stessi problemi, risultando quindi, in sede di definizione di eventuali policy di mitigazione e adattamento, del tutto inutile ove non dannosa.
Da qualche anno a questa parte, più o meno tre decadi, l’attenzione della comunità scientifica che si occupa di clima è stata catalizzata dalle variazioni della temperatura media superficiale globale. Tale parametro, è di per se imperfetto per problemi di natura strumentale, di distribuzione dei punti di osservazione e di raccordo tra serie più “datate” e serie più recenti. E’ inoltre difficile considerarlo rappresentativo delle condizioni energetiche del sistema nel suo complesso, ma e’ anche l’unico di cui si disponga di record sufficientemente lunghi per rappresentare le dinamiche del clima, l’unico inoltre, di cui sia possibile stabilire relazioni quantitative con i proxy (dati dendrocronologici, dati pollinici, composizione isotopica di sedimenti calcarei, ecc.) che possono consentirci di descriverne l’evoluzione nel passato remoto, quando cioè non esistevano i termometri.
In questo contesto, appare in qualche modo strano che la ricerca scientifica più recente abbia abbandonato quella preziosa memoria storica che viene anche da lavori come quello di Umberto Monterin, su cui si basa lo studio di Crescenti e Mariani. In questo lavoro, è infatti efficacemente descritta una accentuata variabilità della temperatura dell’ultimo millennio, completamente avulsa dalla visione piatta, priva di riscontri storici e condizionata esclusivamente da un forcing interamente antropico su cui si basano le proiezioni del clima prossimo venturo.
Non si può dimenticare infatti, che alla base delle “preoccupazioni” per il futuro del clima e quindi del pianeta, ci sono sostanzialmente due concetti, 1) il riscaldamento delle ultime decadi del secolo scorso non avrebbe precedenti negli ultimi mille anni e 2) le origini di questa impennata sarebbero essenzialmente antropiche – ovvero indotte dall’aumento della concentrazione di CO2 ascrivibile alle attività umane.
Va da sé che questa impostazione è in aperto contrasto con la variabilità cui la temperatura è stata soggetta secondo quanto documentato da Monterin e ripreso nel lavoro di Crescenti e Mariani.
Impiegando dati di diversa origine infatti, si arriva a concludere che il Periodo Caldo Medioevale (950–1250) possa essere stato caratterizzato da temperature di 1-3°C superiori alle attuali, e che poi sia seguito un periodo di intenso e prolungato raffreddamento, la Piccola Eta’ Glaciale (1500-1850) conclusosi appena prima dell’inizio dell’era industriale. Un periodo in cui una vasta storiografia colloca anche frequenti eventi meteorologici intensi, a riprova del fatto che sia la tendenza al freddo e non la deriva verso il caldo a innescare fenomeni violenti, in quanto causa di una accentuazione del gradiente latitudinale.
Le considerazioni di Crescenti e Mariani trovano riscontro in un recentissimo lavoro di Trouet et al. uscito su Science e secondo cui il periodo Caldo Medioevale sarebbe stato caratterizzato da una intensa e persistente anomalia positiva della North Atlantic Oscillation (NAO) con sensibili effetti sul quadro termico e precipitativo in ambito europeo (alte temperature e scarse precipitazioni nel Sud Europa).
Di particolare interesse, anche per l’approccio decisamente multidisciplinare proposto, è in questo studio l’analisi delle condizioni climatiche della pianura padana e dell’area alpina occidentale in quelle epoche. Un’analisi certamente limitata nello spazio, ma non per questo meno importante, giacché qualunque possa essere l’evoluzione del clima a scala globale, è certamente dei suoi effetti a scala regionale e locale che occorre tener conto, essendo poi questi ad avere impatto sulle realtà sociali.
Uno sguardo al passato per conoscere il futuro dunque, secondo il postulato del principio dell’attualismo.
Qui l’articolo per intero: Anidride Carbonica e Temperatura Globale Prospettiva Storica e Nessi Causali (Uberto Crescenti E Luigi Mariani)
Approfitto dell’ultimno intervento di Giovanni Pascoli, per informarlo che nel 2002 assieme ad altri colleghi abbiamo fondato l’Associazione Italiana Geologia e Turismo (G&T) che ormai è ben organizzata ed opera su tutto il territorio nazionale. Per maggiori informazioni si può cliccare su http://www.geologiaeturismo.it. Lo scopo dell’associazione è proprio quello di avvicinare un pubblico non addetto ai lavori al patrimonio geologico del nostro Paese. Sono stati organizzati vari congressi a Bologna che sempre hanno avuto un notevole successo di partecipanti . L’associazione è diffusa su tutto il territorio nazionale con delegati regionali.
Concordo: anche io ho trovato l’articolo molto interessante e confesso che mi piacerebbe vedere più spesso un tale rigore nel trattare i dati scientifici.
Credo che l’articolo affronti chiaramente un problema molto importante: per capire cosa possono realmente dirci i dati climatici occorre innanzitutto conoscere i dati che si hanno a disposizione (da dove vengono e come sono stati ottenuti) e poi prendere coscienza del fatto che la nostra conoscenza del sistema climatico è incompleta e quindi l’interpretazione che se ne deriva non è una verità assoluta ed incontrovertibile.
Ringrazio gli autori dei tre commenti per le utili considerazioni sviluppate. In particolare concordo con Luca Fava sul fatto che il passato può essere una importante palestra ove verificare le risposte del sistema alle diverse scale a fronte di valori delle diverse variabili guida (astronomiche, geografiche, atmosferiche, ecc.) che si muovono su range assai più ampi di quelli riscontrabili sul brevissimo periodo “strumentale”, che copre gli ultimi tre secoli.
D’altro canto non è da trascurare l'”ipereccitabilità” del clima in periodi caratterizzati da una variabilità non particolarmente rilevante delle variabili guida (per quanto riguarda i casi più recenti cito gli eventi di Dansgaard-Oeschger o il Dryas recente).
Anche io sono contento di questo post e vorrei fare alcuni commenti sull’attualismo.
E’ stato uno dei principi guida della ricerca geologica, ma la sua versione allargata (che implica che i processi geologici non mutino nel tempo né come tipo né come intensità) è stata superata da tempo. Questa versione dell’attualismo che deve il suo successo all’opera di Charles Lyell va a braccetto con un altro concetto classico della geologia, il gradualismo, che ebbe un ruolo fondamentale nella creazione della teoria evolutiva di un altro Charles, quel Darwin il cui lavoro rappresentò una rivoluzione così fragorosa da propagare la sua eco fino ai giorni nostri.
Negli ultimi decenni, però, la geologia si è mossa verso una versione “debole” dell’attualismo che altro non è se non un prerequisito indispensabile ad ogni ricerca scientifica. L’universo funziona secondo regolarità e eventi una-tantum non sono contemplati dalla scienza. Per un geologo moderno è chiaro, cioè, che nel passato posso essere avvenuti processi di intensità maggiori di decine di ordini di grandezza rispetto a quelli odierni. In questa ottica il passato è la chiave per il presente e per il futuro. Questa visione della storia geologica che qualcuno ha ribattezzato neo-catastrofismo fa piazza pulita del gradualismo e apre finalmente la strada ad una ricerca più matura e libera dagli opposti dogmatismi.
Se qualcuno è interessato posso espandere queste brevi note e accludere anche citazioni.
Cordialmente
Dal mio punto di vista penso che un po di storia della geologia non farebbe male anzi aiuterebbe a comprendere meglio come si è arrivati alle attuali conoscenze evitando di ricadere su aberrazioni e di ripercorrere strade sbagilate soprattuto da parte di chi è a diugiuno su quest’argomento. Inoltre troverei molto educativo cercare di far comprendere le scale spazio-temporali che si devono utilizzare per per comprendere i fenomeni geologici, da quelli morfologici superficiali a quelli strutturali profondi (diciamo dalle frane alla tettonica delle placche) poichè pe esperienza ho potuto notare come nessuna persona, che non abbia una formazione universitaria nel campo della geologia, riesca a ragionare con gli stessi parametri di spazio e tempo che noi geologi utilizziamo e questo porta spesso a incomprensioni e fraintendimenti. Inoltre porta ad una lettura sbagliata dei fenomeni che spesso non vengono visti nella loro intierezza dimensionale.
Mi permetto di fare ancora una considerazione sulla geologia e sulla figura del geologo ( che riprendo da un mio altro commento postato altrove, mi scuso per la ripetizione)
Noto spesso come da parte dei non “addetti ai lavori” vi sia un approccio a molte tematiche geologiche molto possibilista, come se queste fossero più il frutto di osservazioni superficiali e congetture piuttosto che il risultato di 150 anni di osservazioni e studi sul campo, studi scientifici teorici basati su regole e principi matematici, fisici e chimici, analisi di laboratorio di tipo chimico-fisico, esperimenti ecc.ecc.ecc. A riprova di questo atteggiamnto vi è il fatto ( sempre per esperienza personale) che il geologo è visto un po come lo stregone che arriva dove c’è un problema e con procedimenti ai più incpomrensibili, paragonabili a riti esoterici, trova delle soluzioni ( più o meno risolutive). Spesso chi discute con il geologo, a partire dall’ingegnere civile, si trova a discutere con uan persona che parla di cose strane con un linguaggio strano e con una visione del soggetto del discorso, anch’essa strana o comunque compeltamente differente da quella ceh è al percezione comune. COme il mago con lo spettatore. Come un uomo e un extraterreste. Questa incomprensione generalizzata e di fondo nasce proprio dal fatto che il geolgo sviluppa ( o in genere dovrebbe sviluppare) durante i suoi studi un nuovo meccanismo spazio temporale di ragionamento che sostituisce i vecchi canoni acquisiti nel percorsso formativo della scuola obbligatoria e superiore. Questo nuovo approccio lo porta ad avere una nuova visione dei fenomeni naturali, completamente differente da quella percepita e appresa dalle altre persone e che lo porta ad assumere questo alone di “mistero” e “incomprensibilità” ripstto a chi si rapporta con lui. Rispetto a questa situazionedi incompresione e incompatibilità generalizzata che nasce proprio da qusto diverità di basi di ragionamento torno a ribadire che ritengo la proposta di Fava, di un’approfondimento sul tema dell’attualismo e in generale dei meccanismi di ragionamento propri dei geolgi come estremamente importante e stimolante per i lettori del sito.
Considerazione interessante!
Ma forse non è anche responsabilità di noi geologi il trovare il modo di rendere comprensibile il frutto dei nostri studi anche ai non addetti ai lavori?
Sicuramente è anche nostra responsabilità ed è anche responsabilità del mondo accademico che ruota intorno alla geologia e che troppo spesso costituisce una cerchia isolata che poco e male si amalgama e si confronta con le altre discipline. Come uscirne, cosa fare? Cme al solito non lo con certezza e oltrettuto i mezzi e il tempo di cui dispongo sono limitati.
Un’idea potrebbe essere il geoturismo, inteso anche come semplice escursioni e visite a siti e situazioni utili a comprendere e osservare acuni meccansimi “geologici” naturali, andando un po altre ai soliti minerali e fossili. Mostrare ad esempio l’evoluzione di una valle glaciale, fluviale, mostrare una frana, una faglia o delle pieghe. Far vedere quanti oggetti derivino da materie prime minerali (a cominciare dalla plastica) e cosa ci sia dietro a livello ri ricerca esplorazione ed estrazione. Ecc. Ecc.
Basta tempo e voglia……. 😉
Se le proiezioni non venissero abusate, non ci sarebbe niente da discutere. Come scrisse Gavin Schmidt anni fa su RealClimate, infatti, i calcoli con i modelli e la forzante antropica non possono essere previsioni, perche’ nessuno puo’ dire che faranno i vulcani nei prossimi cinquanta anni, o il Sole (oppure, aggiungo io, le altre variabilita’ naturali, incluse quelle trascurate o ancora ignote).
In quest’ottica, il modello antropico con l’Hockey Stick ha perfettamente senso, cosi’ come uno puo’ estrarre e studiare l’andamento del segnale a una particolare frequenza da una canzone di Elvis: senza pero’ sognarsi di dire che si tratti di tutta la musica del Re.
Invece uno si legge, che ne so, la dichiarazione di Copenhagen, e ci trova che davvero i Lorsignori si sono riuniti per stabilire “non piu’ di 2C di aumento di temperatura”, invece che al massimo di “non piu’ di 2C di contributo alla temperatura di origine antropica”. E da li’ in giu’ partono le fregnacce sulla CO2-termostato, la necessita’ di interrompere le emissioni entro il 2020, il rigetto delle serie storiche, le stupidaggini sul Sole che non contribuirebbe ai cambiamenti climatici, e compagnia cantante.
Sono molto compiaciuto e soddisfatto ( benchè nulla abbia fatto!) nel leggere questo post e nel leggere la pubblicazione di Crescenti & Mariani. Finalmente vedo un riferimento all’attualismo che è uno dei principi della geologia ma in realtà è uno dei principi delle dinamiche terrestri. Vorrei precisare, onde evitare eventuali fraintendimenti, che attualismo non significa ripetersi ciclico e immutabile degli eventi ( come un percorso circolare) ma un’evoluzione ciclica che si ripete evolvendo e diversificandosi da se stessa ( come un percorso a spirale o elicoidale). QUindi tutto si ripete ma in maniera sempre differente in quanto evolve. Chiaramente il concetto espresso vale in man iera diversificata a seconda della scala spazio temporale che si considera. E qui vorrei introdurre altri due concetti fondamentali della geologia o meglio dei fenomeni naturali che sono la riproducibilità di un evento a diverse scale spazio temporali.
Il senso è questo . Un evento a scala microscopica è entro certi limiti paragonabile o omologabile a stessi e venti a scala meso e mega scopica. Faccio qualche esempio semplificando un po la realtà. Una piccola “fenditura” o fessura di qualche centimetro in uan roccia mi rappresenta a piccola scala la stessa struttura che costituisce una faglia kilometrica. Un piccolo ruscellamento e smottamento di terra osservabile in un aiuola di giardino equivale a una grande frana sullo stesso territorio che provoca lo sgombero di un paese intero. Le onde provocate dal lancio del sasso in uno stagno sono cmel le onde di tsumani provocate da un sisma sottomarino. E altri infiniti esempi possono seguire.
Per quanto riguarda la realtività temporale va detto che molti processi naturali ci sfuggono per le loro dimensioni ma anche per le tempistiche delle loro dinamiche. Spesso ci riuslta difficile “veder ed immaginare un orogenesi o una deriva di continenti , ma anche in questo caso possiamo riprdurre questi eventi con esperiemnti in piccolo e in tempi previ. Cosi mettendo tanti strati di materiali più o meno plastici in una teca e comprimendoli orizzontalmente otteniamo in pochi minuti l’effetto alla formazione di una catena montuosa. Oppure per avere una semplice idea del ribollire del magma e dell’espulsione di gas basta osservare un paiolo di polenta. O per immaginare il disastro del vajont si puo tirare un grosso sasso in una bacinella piena d’acqua ( il sasso grande quanto la bacinella). Infine a voler semplifica se noi accellerassimo enormemente la velocità di alcuni fenomeni vedremmo come loscendere a valle dei ghiacciai equivale allo scorrere dell’acqua in un fiume, di come l’erosione lenta e continua di un fiume possa eqivalere a una frana o a una colata di fango semplicemente dluita nei secoli e millenni invece concentrata in pochi minuti.
Bene ora mi chiedo chi leggendo queste righe pensi che stia delirando e chi pensi invece che stia dicendo cose serie. Beh o direi che chi crede che stia delirando non ha ancora capito quali sono i meccanismi che regolano i fenomeni naaturali ne come vadano letti ed interpretati i segni che la Terra ci lascia. Chi invece ha pensato che parlassi seriamente sta capendo o ha capito questi meccansimi.
Comunque la relatività e riproducibilità a diverse scale spazio-temporali dei fenomeni naturali costituiscono due concetti alla base di un corretto approccio allo studio e soprattuto alla comprensione dei fenomeni naturali. E devo dire che questo approccio è tuttora ben lungi da essere un punto fermo e riconosciuto da molte settori scientifici che si occupano di fenomeni naturali. Sicuramente non sono per nulla recepiti dall’informazione di massa e dalla gente comune. A riprova basta ascoltare le testimonianze e le statistiche tipiche ” pioggia mai vista, temperature record, nevicata mai vista, anno più caldo, anno più freddo, uragano record, eruzione record, terremoto record. Ecco quado sentite queste cose ponetevi sempre la domanda “piu o meno o record rispetto a cosa?” Rispetto a qualche secolo o qualche decennio di dati misurati in qualche parte del globo? rispetto ai ricordi del vecchio del villaggio? Ma siamo seri per favore. SI tratta di fenomeni che hanno tutti vari cicli o scale evolutive che vanno dai decenni (per le variazioni minori, “impercettibili”dal punto di vista Terreste, ma a volte anche devastanti per la fragile società umana) ai milioni di anni (per le variazioni principali che contraddistinguono le ere geologiche), per qusto non ha senso quantificarli con dati insufficienti. Nessun metereologo si sognerebbe di fare una previsione per l’Italia con dati provanienti solo da qualche regione e solo relativi a qualche secondo. Lo stesso dovrebbe valere per cliam e fenomeni naturali.
Il fatto che questo approccio non sia ancora riconosciuto e tantomeno assorbito sta alla base di molte incomprensioni e carenze di dialogo proprio tra geologia e altre discipline scientifiche fa si che si possa credere tranquillamente ai catastrofisti climatici, fa si che interventi di mitigazione di frane, alluvioni sismi siano cosi difficli da far approvare, digerire e realizzare proprio perchè troppo distanti dalle limitate nozioni che ci sono state fornite dall’educazione generalista che riceviamo. Con questo non voglio dire che si debba diventare tutti geologi, voglio dire che per discutere di certi argomenti correttamente si deveono avere delle basi e una formazione corretta. Quindi ancora comlplimenti per il tema trattato.