I clima-addicted non faranno fatica a capire, per tutti gli altri mi spiego. Novembre 2009, tutti pronti per suonare la carica a CO2penhagen, la capitale danese pronta a diventare anche la capitale del salvataggio del pianeta dal climarrosto. Biglietti aerei fatti, articoli già scritti, piani di distribuzione (e spartizione) delle risorse che circolano già neanche tanto in sordina. Bum! Scoppia uno scandaletto degno dei nostri giorni. Migliaia di mail scambiate tra una ristretta cerchia di scienziati del clima che contano, rese pubbliche da un’operazione di hacking (termine ormai obsoleto, oggi si direbbe leaked e sarebbe pure lecito).
Non proprio uno scambio di amorosi sensi (oggi anche quello sarebbe lecito), piuttosto la prova di un classico dei classici: c’è del marcio in Danimarca. Qualcuno dice che la scienza del clima sia oggi vittima del “group thinking”, beh, da quelle mail è uscito fuori che per difendere il gruppo il gota del clima ne ha fatte di cotte e di crude. Barricate contro la pubblicazione di lavori non conformi al mainstream, reticenza nella cessione delle informazioni necessarie a verificare gli esiti dei propri lavori, omissioni di informazioni, cancellazione di dati sensibili, insomma, un bel casino.
Urge indagare ma non troppo, perché a CO2penhagen nevicava, ma a CAn’tCun potrebbe anche tornare il Sole, per cui, più o meno rapidamente, vengono messe in piedi un certo numero di commissioni d’inchiesta che approfondiscano la questione quel tanto che basta per limitare i danni e lasciare che il tempo (non certo quello atmosferico) sani la ferita. Lavoro prontamente eseguito da tutti gli incaricati, giunti all’unanime conclusione che “non c’è nulla da guardare, circolare per cortesia”.
E invece pare proprio che da guardare ce ne fosse, tanto che negli stessi report delle commissioni sono presenti rilievi tutt’altro che banali, che però non trovano posto nelle considerazioni finali. La GWPF (Global Warming Policy Foundation), che quelle inchieste le aveva volute, fa fatica a digerire il colpo di spugna e così incarica Andrew Montford, autore dell’instant book “The Hockey Stick Illusion” di analizzare gli esiti di queste inchieste e produrre un report che ne chiarisca l’operato. Presto fatto.
Maurizio Morabito, blogger ad ampio spettro, ma particolarmente attento alle questioni di clima e affini, ha tradotto il report per l’Istituto Bruno Leoni, che oggi lo pubblica in esclusiva. Quale il danno maggiore, del climagate prima e degli sforzi per sopirne gli effetti poi? La distruzione dell’interfaccia tra scienza e politica, per aver mostrato “come gli stessi scienziati che scrivevano cautamente i loro articoli su riviste professionali passavano invece a dichiarazioni roboanti nei rapporti IPCC e in altre pubblicazioni politiche e divulgative. L’IPCC stesso è insomma stato, finanche nelle parole di una delle mansuetissime Commissioni d’inchiesta, colpevole di semplificazioni eccessive e di omissioni delle incertezze pur presenti nella letteratura scientifica. Dopo il Climategate la politica non può più fidarsi di una scienza schiava della necessità di essere sempre utile, utilizzabile, sempre corretta, concentrata sulle emissioni di CO2 di origine umana e mai smentita. Tale scienza finisce quindi con il trovarsi in posizione subalterna: come provato dal risultato di Copenhagen e come scritto da Mike Hulme sul Guardian il 16 Novembre 2010”.
Questo e molto altro nell’introduzione che Morabito ha scritto sul report per le pagine dell’IBL. Ve ne consiglio la lettura. Ah, dimenticavo, naturalmente solo e rigorosamente per scettici, perché color che tutto sanno si limiteranno a dire che è roba vecchia. Può darsi che sia vero, come è vero che certe cose invecchiando migliorano e altre -leggi proiezioni di catastrofi climatiche- invecchiando si rivelano sbagliate.
NB: Qui trovate l’articolo sul sito dell’IBL dal quale potrete scaricare liberamente il pdf del report nell’edizione italiana a cura di maurizio morabito.
Richard Muller alla NPR l’11 aprile scorso:
CONAN: Do you find that, though, there is a lot of ideology in this business?
Prof. MULLER: Well, I think what’s happened is that many scientists have gotten so concerned about global warming, correctly concerned I mean they look at it and they draw a conclusion, and then they’re worried that the public has not been concerned, and so they become advocates. And at that point, it’s unfortunate, I feel that they’re not trusting the public. They’re not presenting the science to the public. They’re presenting only that aspect to the science that will convince the public. That’s not the way science works. And because they don’t trust the public, in the end the public doesn’t trust them. And the saddest thing from this, I think, is a loss of credibility of scientists because so many of them have become advocates.
CONAN: And that’s, you would say, would be at the heart of the so-called Climategate story, where emails from some scientists seemed to be working to prevent the work of other scientists from appearing in peer-reviewed journals.
Prof. MULLER: That really shook me up when I learned about that. I think that Climategate is a very unfortunate thing that happened, that the scientists who were involved in that, from what I’ve read, didn’t trust the public, didn’t even trust the scientific public. They were not showing the discordant data. That’s something that – as a scientist I was trained you always have to show the negative data, the data that disagrees with you, and then make the case that your case is stronger. And they were hiding the data, and a whole discussion of suppressing publications, I thought, was really unfortunate. It was not at a high point for science
And I really get even more upset when some other people say, oh, science is just a human activity. This is the way it happens. You have to recognize, these are people. No, no, no, no. These are not scientific standards. You don’t hide the data. You don’t play with the peer review system.