Questo articolo è uscito su La Bussola Quotidiana l’8 gennaio scorso. Lo staff di CM spera di farvi cosa gradita pubblicandone la versione integrale, ricca di interessanti approfondimenti.
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La fine dell’anno è stata l’occasione per fare i soliti bilanci catastrofici sulla situazione ambientale, soprattutto prendendo spunto dalle condizioni meteorologiche, che nelle ultime settimane sono state indubbiamente inclementi. E’ il caso però di verificare con lucidità alcune di queste affermazioni, per capirne la reale fondatezza e quali suggerimenti allora ci offre la realtà.
Ci sono stati segnali forti di un “cambiamento climatico” rispetto agli anni passati?
la variabilità del clima è una caratteristica naturale, ci sono stati eventi estremi come l’inaspettato ed intenso caldo in Russia, le piogge in Pakistan, le nevicate ed il freddo che non si osservava da un secolo negli Stati e nel Nord Europa, etc. Grazie ai sistemi tecnologici evoluti come i satelliti ed ai mass-media viviamo ogni giorno quello che accade in ogni parte del globo e questo ci colpisce come se accadesse tutto nel posto dove abitiamo. In passato sono accaduti anche eventi “straordinari”, addirittura il freddo in estate come quando nevicò a Roma il 5 Agosto o “l’anno senza estate” nel 1816 il quale ispirò il libro “Frankestein” o le carestie epocali come quella descritta da Padre Daniele Comboni dell’Africa Centrale nel 1878-791. Purtroppo ogni anno si possono annoverare eventi estremi meteorologici, quando colpiscono le zone ricche solitamente causano prevalentemente danni economici, quando si abbattono su zone sottosviluppate uccidono molte persone. Per quanto riguarda il ghiaccio dei poli l’Artico è in diminuzione da decenni e quest’anno, pur non avendo toccato i valori minimi di pochi anni fa, ha raggiunto una estensione sensibilmente inferiore a quella dei freddi anni 70-80; anni in cui i satelliti hanno iniziato le loro misure2. L’Antartide contemporaneamente invece continua a mantenersi stazionario ed in alcuni periodi in crescita3. Per gli uragani si era prevista una delle peggiori estati per il Golfo del Messico, ma la realtà ha smentito le previsioni.
Ha fatto molto parlare di sé l’eruzione del vulcano islandese che ha bloccato il traffico aereo sull’Europa.
l’eruzione vulcanica è un fenomeno naturale imprevedibile, dal punto di vista climatico Benjamin Franklin (1706-1790) fu uno dei primi, nel XIX secolo, a mettere in relazione cambiamento del clima ed eruzioni vulcaniche. Ma in questo caso l’eruzione non sembra degna di particolar nota per gli effetti sul clima, lo è invece perché forse per la prima volta si è bloccato il traffico aereo solo sulla base di previsioni e non di osservazioni sperimentali. Questo ha creato moltissime polemiche, il “principio di precauzione” ha comportato che è divenuto scientifico e sufficiente non il dato reale ma quello virtuale. In altri paesi meno sviluppati si continua ancora a volare in condizioni ben peggiori, lontano dall’Europa i vulcani hanno continuato ad eruttare senza avere effetti sulla navigazione aerea, con dispersione di ceneri ben più visibili di quanto fossero in Italia in quel periodo. Finita l’eruzione sono finite le polemiche, il problema però della differenza tra verosimile e vero per valutare l’uscita dei modelli rimane ancora da approfondire, problematica che ricade anche sulla modellistica climatica o meteorologica a lunga scadenza. Riguardo i vulcani, durante l’anno ha colpito osservare come le persone che vivono alle pendici del Vesuvio sono maggiormente angosciate per la presenza di una discarica che di quella del vulcano.
Guardiamo l’Italia, oltre le alluvioni di Genova e Vicenza, molte sono state le frane.
Migliaia di anni fa, gli egiziani quando esondava il Nilo facevano festa ed aspettavano speranzosi che accadesse, da noi ogni ruscello che si gonfia per le precipitazioni crea allarme. Quasi sempre il problema non è la precipitazione, ma come si è utilizzato il territorio per negligenza, incuria, imperizia ed in numerosi casi interesse economico. Certe volte si è costruito sulle sponde dei fiumi come se questi potessero essere “imprigionati” per secoli, sulla sabbia lungo le coste pensando che il mare fosse immobile, sulle pendici dei vulcani pensando come se fossero inattivi, in prossimità dei terreni franosi sperando che il cemento fermasse la forza della natura, etc. Questo modo di pensare la natura come qualcosa da poter tenere in un museo e che si modifica solo, o prevalentemente, grazie all’azione umana ha agevolato scelte dannose di cui prima o poi si pagheranno i danni. Purtroppo il colpevole diviene sempre l’evento naturale “straordinario”, ma in realtà i responsabili quasi sempre sono la superficialità e l’egoismo, se non avidità, dell’uomo.
Si parla tanto di cambiamenti climatici, è vero che il 2010 è stato globalmente l’anno più caldo da millenni. Cosa si può dire per l’Italia?
Sicuramente siamo in una fase calda della storia del nostro Pianeta, fino a pochi anni fa gli storici avevano sempre descritto le fasi calde con l’aggettivo “ottimo” (es. optimum medievale o post-glaciale), stiamo aspettando i dati definitivi sulla temperatura globale media dell’anno 2010. Le differenze sono di centesimi di grado e quindi, se si considerassero gli errori strumentali e statistici, molti confronti perderebbero di senso. E’ stato dato gran spazio sui quotidiani all’affermazione della NASA, fatta in coincidenza della conferenza di Cancun, che il 2010 è l’anno più caldo degli ultimi 130 anni, il periodo in cui esiste una serie di dati ritenuta affidabile dai maggiori centri mondiali. Secondo l’autorevole centro meteorologico giapponese, invece, questo dovrebbe essere il secondo della serie4. Aspetteremo i dati ufficiali in modo che comprendano anche il mese di Dicembre. La differenza nelle posizioni non è trascurabile in quanto non è ben chiaro perché da più di un decennio la concentrazione di CO2 continui crescere mentre la temperatura è stazionaria.
Per quanto riguarda l’Italia è opportuno riferirsi più ai dati che alle sensazioni, questi si possono trovare ad esempio sul sito del “Consiglio Nazionale delle Ricerche”5. Sono aggiornati al momento fino a Novembre 2010 e riferiti al periodo 1971-2000: per quanto riguarda la temperatura il dato annuale è +0.33°C il 19° anno più caldo sulla serie di oltre due secoli del CNR, l’anno più caldo è stato con 1.29°C il 2003. Per quanto riguarda la precipitazione quest’anno è +15% rispetto il trentennio di riferimento, l’anno in cui ha piovuto di più è stato il 1826 con +42%.
Le temperature sono espresse in centesimi, ma se pensate “alle linee” del termometro con cui misurate la febbre, è impossibile che si possano misurare fisicamente temperature dell’aria con tale precisione, oggi ed ancor di più neanche 200 anni fa.
A proposito di energia, la fuoriuscita di petrolio nel Golfo del Messico cosa può insegnare.
La società BP era una di quelle maggiormente impegnate contro il cambiamento climatico, infatti voleva cambiare il nome da “British Petroleum” al suo slogan “Beyond petroleum”6. Forse era più preoccupata del clima che dell’inquinamento del mare, tanto che si dice abbia risparmiato sui sistemi si sicurezza per evitare fuoriuscite. Se c’è da imparare da quest’evento, è di stare attenti ai molti in politica, aziende, mass-media, che sfruttano la questione ambiente solo per presentarsi nel modo migliore per poter portare avanti solo i propri interessi. Si tratta del cosiddetto fenomeno del “greenwashing”. Per anni ci è stato raccontato che il petrolio era finito, invece si scavano nuovi pozzi, più il prezzo di questo salirà e maggiori saranno i giacimenti da cui diverrà conveniente estrarre. E’ inutile e dannosa la politica energetica che vede in un’unica fonte la strada del paese, da ricercare è un mix energetico equilibrato e sicuro che cerchi di utilizzare tutto al meglio e non demonizzi petrolio e nucleare. Anche le rinnovabili possono dare un loro contributo, sapendo che se da noi i mulini erano ad acqua ed in Germania, Spagna ed Olanda erano a vento, ci sarà stata una ragione.
Unica illusione scomparsa nel 2010 è l’era dell’idrogeno, nessuno più ne parla mentre fino a pochi anni fa i pochi che ne mettevano in mostra gli aspetti negativi erano trattati da faziosi pagati dai petrolieri. Il suo maggiore sostenitore, Rifkin, rimane a galla parlando di tutt’altro. Per quanto riguarda i biocombustibili, Al Gore, dopo una decina d’anni, ha ammesso candidamente che il suo sostegno per le sovvenzioni all’etanolo dal mais, mentre prestava servizio come vicepresidente, è stato un errore che aveva più a che fare con il suo desiderio di ottenere i voti dei coltivatori nelle elezioni presidenziali del 2000 che non per far bene all’ambiente. In Europa analogamente si dice che il +10% di biocarburanti sia stato inseriti nel famoso 20-20-20 più per sostenere l’agricoltura, specie francese, che per l’ambiente.
Cosa si può fare per l’ambiente, è vero che l’esplosione demografica causerà la fine delle risorse?
Il Mondo secondo i dati FAO produce cibo per 12 miliardi di persone, il problema di chi muore di fame non è la mancanza di cibo ma dei soldi per comprarlo.
Spesso si sente dire che nel 2030 serviranno “2 Terre”. Ma che significa? Se analizziamo l’evoluzione dell”overshoot day”7 dal 1987 ad oggi, le date8 permettono di calcolare ogni anno quanto abbiamo consumato in più del “disponibile”, “i debiti annui” poi possono essere cumulati. Non ci si crederà ma dal 1987 ad oggi abbiamo già consumato quasi 3,5 pianeti in più del nostro; se fossero stati soldi per coprire avremmo dovuto fare un debito con una banca di 3,5 volte il nostro patrimonio. Visto che però a livello globale non ci sono banche, da dove sono uscite fuori risorse aggiuntive pari a 3,5 pianeti? Probabilmente con “pianeta” s’intende“la sola PRESUNTA quota di rigenerazione”. E’ cioè profondamente scorretto usare questa espressione perché induce le persone a credere che ad essere consumate sono “tutte le risorse disponibili sul pianeta”. Vale a dire che, pur ammettendo la correttezza di certi calcoli – cosa su cui ci sarebbe comunque da discutere – al massimo si può affermare che consumiamo più del reddito, ma che il patrimonio gode di una non pessima salute. Non è che il problema scompare, ma assume una diversa e più reale connotazione.
Spesso l’idea dell’ecologismo estremo è semplice ed affascinante, corrisponde alla riduzione della pressione dell’uomo su Gaia ritornando alla vita del passato falsamente descritta come l’epoca del “mulino bianco”. Per farsi un’idea, è come se si proponesse, per non inquinare, l’affascinante dottrina del ritorno a mangiare solo la “cicoria dei prati”; un modo per tornare al passato, eliminare i gas dei trattori, la chimica, i diserbanti, i pesticidi, lo sfruttamento del suolo, il cibo con i conservanti, etc. A chi solleva il problema che, dati alla mano, in questo modo non sarà possibile sostenere la popolazione, si risponde che non è la cicoria ad essere poca ma sono troppe le persone; anzi se non si riduce la popolazione in breve tempo la situazione è insostenibile per il pianeta e lo sarà specie per i nostri figli. Ogni nuova persona non è vista con speranza, come una “ricchezza” in più, un cervello in più, un fratello in più, ma solo come una bocca in più da sfamare che inquinerà il pianeta e soprattutto ci toglierà qualcosa: uno che dirà “io rubo il pane a te”.
A questo punto una domanda sorge spontanea: ma perché mettere al Mondo chi patirà la fame, morirà presto, dovrà emigrare per lavorare, non avrà i ritrovati medici e tecnologici a disposizione del mondo evoluto, dovrà lavorare e soffrire malattie come la malaria, non farà mai un viaggio turistico e lavorerà 12-16 ore al giorno?
Se rileggete quanto scritto sopra non troverete altro che la descrizione dei nostri nonni, che pur dovendo emigrare, lavorare e magari vivere in zone malariche, nei ricordi erano felici, avevano fiducia nel futuro ed hanno messo al mondo dei figli. Di loro molti morivano per malattia o malnutrizione prima di quanto accade a noi, ma nessuno per questo si suicidava o era depresso. Probabilmente se continua l’idea solo materialista della vita, la nostra vita attuale ai nostri figli sembrerà non degna di essere vissuta. Ma perché ci deve essere qualcuno che stabilisce quale vita ha la dignità ed il diritto di essere vissuta? Qualcuno ci vuole convincere che il vero progresso non è mettere a frutto i talenti dell’uomo per adoperarsi affinché ogni essere umano abbia il “pane quotidiano” e sia amato, ma che invece il progresso è calcolare esattamente, con metodi scientifici e potenti calcolatori, quanti sono gli altri da non far nascere, affinché non ci sia il rischio che qualcuno comprometta teoricamente il nostro pianeta e praticamente il nostro livello di benessere (o più spesso solo di consumi).
La fine delle risorse è un problema ricorrente, ad esempio anche nel III° sec. San Cipriano, in polemica con i pagani che imputavano al Cristianesimo i mali sofferti dalla società, osservava che le stagioni non erano più le stesse e le risorse naturali erano in esaurimento:
”D’inverno non c’è più abbondanza di piogge per le sementi, d’estate non più il solito calore per maturarle, né la primavera è lieta del suo clima, né è fecondo di prodotti l’autunno. Diminuita nelle miniere esauste, la produzione di argento e oro, e diminuita l’estrazione dei marmi; impoverite le vene danno di giorno in giorno sempre meno. Viene a mancare l’agricoltore nei campi, sui mari il marinaio, nelle caserme il soldato, nel Foro l’onestà, nel tribunale la giustizia, la solidarietà nelle amicizie, la perizia nelle arti, nei costumi la disciplina. Pensi veramente che un mondo così vecchio possa aver l’energia che la giovinezza ancor fresca e nuova poté un tenpo trovare? E’ necessario che perda vigore tutto ciò che, appressandosi la fine, volge al tramonto e alla morte.”(in Ad Demetrianum, 3, trad. Mazzarino).
Durante questi periodi, la classe dirigente e la popolazione mostrano un’incapacità di sperare e “sognare” un mondo migliore per più persone possibili, e si chiudono nella paura che l’altro possa fargli perdere ciò che ha. Così accade che nessuno riesce a creare occupazione per i “nuovi schiavi” che, non più in catene, prendono il mare su barconi per raggiungere un paese “sviluppato” dove sperano di poter trovare un’occupazione con cui inizialmente sopravvivere e poi vivere degnamente.
E’ strano osservare che nell’epoca dell’obesità per il mondo ricco, le classi dirigenti radical-chic rosso-verdi cerchino di togliere ai nuovi “proletari” del terzo mondo quella che è la loro ricchezza, speranza e forza: i figli. Coloro che in passato difendevano i sacrosanti diritti del figlio dell’operaio ad avere un’educazione ed una qualità di vita umana, ora si presentano ai comizi affermando che la vera emancipazione è nell’eguaglianza dell’uso del profilattico, nel non far figli, nel controllo delle nascite. Sono gli stessi dirigenti che, impegnati a difendere i costosi prodotti tipici, il lardo di colonnata, la lenticchia di Castelluccio, lo slow-food, non si sono accorti che i poveri non riuscivano più a fare la spesa e spesso l’unico posto dove possono mangiare a basso costo è il fast-food. Quelli che pubblicizzano in altri convegni i prodotti a chilometri zero per difendere l’ambiente ed il commercio equo-solidale per aiutare il terzo mondo, senza accorgersi che le due proposte sono in contrapposizione. Sono sempre quelli che per aiutare l’agricoltura e l’ambiente hanno dato sovvenzioni a chi smetteva di produrre latte, tagliava vigneti ed oliveti, lasciava a riposo i terreni, schiacciava pomodori e pesche, etc. per poi accorgersi che ora i prezzi sono troppo alti per le famiglie che non arrivano più a fine mese. Quelli che prendono l’aereo per andare continuamente a tenere lezioni e conferenze, ma non vorrebbero che gli altri lo prendessero una volta tanto per andare in ferie rendendo non più fruibili i posti che una volta solo pochi potevano permettersi. Inoltre per loro è impensabile che le persone desiderino delle comode strade per andare al mare la domenica, rovinerebbero l’ambiente, la tranquillità ed il paesaggio intorno le loro ville. Sono quelli che ritengono dannoso il turismo nelle città d’arte da parte di persone non in grado di capire, nella loro ottica sono i flussi a dover essere regolati in modo ferreo e non l’università, la scuola. Questi intellettuali, maestri e professori (quasi sempre fanatici ecologisti), per lungo tempo hanno voluto far credere che si potesse eliminare il problema della morte e sofferenza eliminando “quello” della nascita. Il loro obiettivo non è umanizzare la casa dell’uomo, ma ridurre la presenza umana sul pianeta con scelte disumane (che sembrano rivolte a tutti ad eccezione dei membri della loro famiglia). Per far passare le loro proposte, approfittano dell’insoddisfazione creata da una vita frenetica che ci spinge, ci trascina nostro malgrado senza lasciare il tempo di domandarci dove andiamo, perché siamo qua, che senso abbia la nostra ansia di avere, di godere, di fare sempre di più. Recuperare il senso ed il valore della vita è fermarci allo scopo di discernere tra ciò che è importante e ciò che è solo apparentemente urgente.
Per il futuro dobbiamo essere ottimisti o pessimisti: né ottimisti e né pessimisti. Il credente e gli uomini di buona volontà debbono avere speranza, la crisi economica che vivono i paesi ricchi può essere l’occasione “non cercata” per riscoprire il valore vero ed il senso delle cose, la fraternità tra le persone. Non si tratta di rinunciare al SUV, ma nel chiedersi prima di comprarlo se è idoneo per le nostre attività e necessità, stessa cosa per il pannello solare che va messo se utile e non per l’incentivo che lo rende conveniente. Può rinascere la consapevolezza che per distribuire la ricchezza occorre prima produrla, e questo dev’essere fatto in modo compatibile con l’ambiente. Durante gli eventi naturali estremi anche la natura perde l’aspetto di madre feconda e gaia, appare diventare crudele e capace di accanirsi sui più deboli. Sembra di rileggere la descrizione della crudele “legge di selezione naturale”, quella per cui sono eliminati dalla natura i più deboli al fine di garantire l’evoluzione della specie ed il suo miglioramento. Una delle grandi novità del messaggio di speranza cristiano è l’opporsi fattivamente a tale legge di selezione naturale, chi crede agisce per aiutare gli ultimi, quelli che non hanno la forza di difendersi da soli (dal concepimento fino all’ultimo respiro), i “cuccioli”, i portatori di handicap, i vecchi, i poveri, i soli, etc. Il paradosso è che nei periodi di crisi, di scarsità, tra la gente che soffre si sente dire “io divido il pane con te”.
Esiste una relazione tra effetti dei fenomeni meteorologici e la povertà delle popolazioni. La povertà e il sottosviluppo generalmente non sono dovuti alla scarsità o mancanza di “ricchezze naturali”, quasi sempre sono conseguenza di organizzazioni sociali e/o di mancanza di cultura, di pace, d’istruzione e di competenze, vari aspetti che possono rendere inutili nel tempo anche la donazione d’infrastrutture e l’elargizione di aiuti. Se l’ignoranza, la guerra, la fame, la dittatura, l’impoverimento, si possono imporre velocemente con la forza, la cultura, la pace, il rispetto dell’ambiente, lo sviluppo, la democrazia, sono processi che camminano con sacrificio e lentamente sulle gambe degli uomini che condividono gli stessi valori, la stessa visione armonica del rapporto tra uomini, natura e Dio. Quasi sempre l’impatto dei fenomeni naturali intensi è una lente d’ingrandimento che mette in luce lo stato dello sviluppo della comunità. Dove manca lo sviluppo economico le perdite in vite umane sono molto più numerose. Ma lo sviluppo economico da solo, anche se necessario non è sufficiente. “Lo sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica. Per essere autentico sviluppo, deve essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo”. Occorrerebbe, anche, in alcuni casi cambiare atteggiamento di fronte agli impatti di fenomeni meteorologici intensi, quando la meteorologia “è capricciosa” (secondo la descrizione che ne diede il segretario generale della FAO, Addeke H.Boerma, il 5 novembre 1974 a Roma, all’apertura della Conferenza Mondiale sull’Alimentazione in cui imputò gran parte della crisi acuta dell’epoca alle modificazione delle condizioni meterologiche). Gli antichi romani, ad esempio, di fronte alla siccità, alla crescita di popolazione ed alle nuove esigenze di Roma costruirono decine di acquedotti, questo fu un modo fattivo di pensare alle future generazioni. Non si trattava di devastare il paesaggio o l’ambiente, ma l’idea del “bene comune” permetteva una umanizzazione del Pianeta. Oggi invece ci si aspetta che piova secondo la media tutti gli anni (possibilmente secondo le nostre esigenze, d’estate dovrebbe piovere solo di notte per non scontentare contemporaneamente contadini e turisti). Se ciò non accade allora dobbiamo mettere in atto azioni per “normalizzare” il tempo meteorologico.
Più dei cambiamenti climatici globali, dei fenomeni meteorologici intensi, per il mondo appare preoccupante l’egoismo ed i tanti nuovi idoli. Il sopravvento troppo frequente della “finanza selvaggia” sull’economia, la ricerca del profitto fine a se stesso, il legare i propri comportamenti sempre alla convenienza sulla base delle previsioni dei modelli matematici e non sul concetto di giustizia e carità, il pensare che “prudenza” possa coincidere con il semplicistico continuo rinvio delle scelte giustificato con il “principio di precauzione”, che l’armonia tra uomo ed ambiente non nasce dalla difficile scelta della “giusta misura” nel coltivare e custodire il creato ma dal rendere la dimora dell’uomo un museo o un magazzino da depredare, che il “bene comune” sia effetto dell’azione di persone che cercano la massima utilità per se stessi invece di nascere quando ognuno rinuncia a qualcosa a favore della comunità, il pensare che l’uomo è uno strumento per il mercato e non viceversa. Combattere la miseria e lottare contro gli effetti dei fenomeni meteorologici intensi, è promuovere, assieme al miglioramento delle condizioni di vita, il progresso umano e spirituale di tutti, e dunque il bene comune dell’umanità. La convivenza con l’insieme delle condizioni atmosferiche normali ed anormali che caratterizzano il clima, non si riduce all’equilibrio, sempre precario, delle concentrazioni di gas atmosferici. Essa si costruisce giorno dopo giorno, nel perseguimento d’un ordine voluto da Dio, che comporta una giustizia più perfetta tra gli uomini. “Lo sviluppo è il nuovo nome della Pace”, anche in campo ambientale. Per la soluzione del “problema” ecologico non occorre un Mondo migliore per le future generazioni, ma ci dobbiamo impegnare per dar vita a generazioni migliori di noi per il Mondo futuro.
- http://www.giovaniemissione.it/testimoni/carestiaafrica.htm [↩]
- http://nsidc.org/arcticseaicenews/ [↩]
- http://arctic.atmos.uiuc.edu/cryosphere/index.shade.html e http://lwf.ncdc.noaa.gov/sotc/global-snow/2010/11 [↩]
- http://ds.data.jma.go.jp/gmd/tcc/tcc/news/press_20101221.pdf e http://lwf.ncdc.noaa.gov/sotc/global/2010/11 e http://earthobservatory.nasa.gov/Features/WorldOfChange/decadaltemp.php [↩]
- http://www.isac.cnr.it/~climstor/climate_news.html [↩]
- http://www.bp.com/sectiongenericarticle.do?categoryId=9028308&contentId=7019491 e http://it.wikipedia.org/wiki/BP_%28azienda%29 [↩]
- http://www.footprintnetwork.org/en/index.php/GFN/page/earth_overshoot_day/ [↩]
- http://en.wikipedia.org/wiki/Ecological_Debt_Day [↩]
Una lettura che consiglio a tutti, interessante e fonte di parecchie riflessioni. Da stampare e tenere a portata di mano.
Complimenti, saluti.
Sono pienamente in sintonia con quanto scritto. Il problema in sintesi è proprio la speranza, che ci è stata sottratta ed al cui posto ci sono stati dati: insicurezza, paura dell’altro, egoismo.
La storia dell’effetto serra di origine umana contine in sè aspetti emblematici di una certa “cultura” dilagante e prospettive inquetanti, legate ad esempio al concetto unilaterale del controllo delle nascite e alla fine di qualcuno che decida chi deve vivere e di chi deve sparire.
Fausto
Segnalo il link con la citazione di Jean Ziegler sul cibo per 12 miliardi di persone.
È una citazione del 2001, quindi si presume che coi progressi degli ultimi 10 anni la cifra vada ritoccata al rialzo.
Le parole di Ziegler non vengono mai citate abbastanza.