“Vedete come stanno le cose. Viviamo in tempi brutti. Anche i nostri padri deplorarono di dover vivere in brutti tempi, ed anche i padri dei nostri padri. A nessun uomo sono mai piaciuti i tempi in cui è dovuto vivere. Ma chi vive dopo rimpiange i tempi andati. Ogni anno per lo più diciamo, quando sentiamo il freddo:’Non ha mai fatto tanto freddo’. O anche diciamo:’Non ha mai fatto tanto caldo’. Tempi brutti! Ma son proprio brutti tempi quelli che sono collegati con il movimento del Sole?”
(S.Agostino 13.11.354 -28.8.430).
Certamente per una frase saggia come quella sopra, scritta sedici secoli fa, non ci sarebbe spazio sui quotidiani attuali. Invece, in questi giorni, un giornalista del “Corriere della Sera” dopo aver aperto la finestra si deve esser accorto che a fine autunno inizio inverno piove e nevica, quindi avrà pensato: ’Non ha mai fatto tanto freddo’. Ha cercato due famosi esperti del settore che trasformassero “statisticamente ” la sua percezione, da qualità in quantità1, ed ecco pronta la notizia pubblicata in prima pagina il 27 Dicembre 2010: “C’era una volta la siccità ”.
La sintesi dell’articolo è semplice: siamo di fronte a precipitazioni eccezionali perché sopra la media, tutta colpa della “Niña” (che è la sorella fredda del fenomeno detto “El Niño”) e del “global warming” che fa evaporare gli oceani il 30% in più. La prova SCIENTIFICA di quanto scritto sono le statistiche fatte da una ASSICURAZIONE (noto ente climatologico!), il tutto si conclude con l’epitaffio:“le cose peggioreranno: più caldo e più freddo, più alluvioni e più siccità”.
Proviamo ad analizzare quanto scritto. Il vero evento preoccupante sarebbe ogni anno avere una precipitazione annua uguale alla media2, che sia diversa è la normalità. Il dato annuo alcune volte è sopra, alcune è sotto: questa è la meraviglia della natura. Per decidere se siamo di fronte ad un evento raro3, dobbiamo vedere gli estremi del passato. Si possono prendere ad esempio i dati sul sito del “Centro Nazionale delle Ricerche”(CNR) relativi all’ultimo anno, si scopre allora che il fenomeno globale non copre neanche tutta l’Italia, l’anomalia della precipitazione rispetto al trentennio 1971-2000 è +14%. Sapete quale è l’anno in cui ha piovuto maggiormente in Italia? Il 1826 con +42%, fortunatamente due secoli fa nessuno si sarà preoccupato del “global warming” e non ci saranno stati talk show sull’evento. Vi domanderete se l’eccezionalità è a livello mensile, non annuale, andiamo a vedere. Il novembre 2010 è +84%, il 14° Novembre più piovoso da sui dati archiviati presso il CNR. Sapete quale è stato l’anno più piovoso? Il 1862 con +173% (un’anomalia doppia rispetto a quella di quest’anno).
Ci domandiamo se quest’anno la precipitazione è dovuta alla “Niña”, che ha sostituito “El Niño”. Basta andare a rileggere le precipitazioni degli ultimi due anni in questi periodo (qui, qui, qui e qui), ricordate le piene del Tevere o la tragedia di Giampilieri e Scaletta? L’anno scorso il CNR scriveva: “Per quanto riguarda le precipitazioni, infine, per il 2009 c’è poco da segnalare. “L’anomalia è stata del + 11% rispetto alla media convenzionale, che pone l’anno al 58° posto nella classifica”, conclude la ricercatrice. “Il maggio è stato però il più secco degli ultimi 200 anni e anche agosto si è collocato al quarto posto per scarsità di precipitazioni. Molto piovoso, invece, luglio. Non dobbiamo poi dimenticare che, se consideriamo il periodo novembre 2008-aprile 2009, abbiamo registrato un primato: 54% in più della media climatologica del periodo 1961-1990, mai negli ultimi due secoli era piovuto così tanto in Italia nello stesso periodo”((http://www.cnr.it/cnr/news/CnrNews?IDn=2026 , quindi le statistiche possono determinare graduatorie differenti a seconda dei periodi scelti o criteri di aggregazione dei dati.)).
Insomma, gli anni scorsi pioveva parecchio e contemporaneamente c’era “El Niño” anziché la “Niña”, che naturalmente diveniva il colpevole. Per verificare, ad esempio, basta che rileggiate in altri anni “Arriva un inverno carico di pioggia” sempre sullo stesso Corriere. Quindi il colpevole è sempre il fenomeno contemporaneo, nessuno che dimostri il nesso di casualità. Un “metodo scientifico” del quale non meravigliarsi, a inizio Dicembre 2010 sempre sul “Corriere della Sera” il colpevole delle cospicue precipitazioni era “l’anticiclone delle Azzorre, negli ultimi due anni in inverno ha cambiato rotta”.
A questo punto potremmo notare che se pioveva di più nell’ottocento, se ne potrebbe dedurre che il “global warming”, ammesso che esista, fa diminuire le precipitazioni e l’evaporazione a differenza di quanto affermato nell’articolo. Ma in questo caso anche la nostra dichiarazione non avrebbe nulla di scientifico, perché dovrebbe essere supportato da i risultati di misure di evaporazione nel corso degli anni.
Per quanto riguarda le statistiche dell’assicurazione è chiaro che i risarcimenti aumentano con il benessere, decenni fa pochi si assicuravano ed i beni posseduti dalle persone erano molto meno degli attuali. La statistiche climatologiche debbono basarsi sulle caratteristiche fisiche dei fenomeni atmosferici e non sui loro effetti, un po’ la differenza che c’è tra scala Mercalli e Richter per i terremoti.
La chicca finale merita una riflessione a parte, “le cose peggioreranno: più caldo e più freddo, più alluvioni e più siccità”. Un’affermazione scientifica, per essere tale, dev’essere verificabile. Una previsione deve determinare quando, dove e come pioverà in modo che possa essere verificata. Non è scienza prevedere solo che farà “più caldo e più freddo”, in quanto non può essere sottoposto a verifica. Ma soprattutto, se il “global warming” può determinare “più caldo e più freddo, più alluvioni e più siccità”, può determinare tutto ed il contrario di tutto. Ma non è solo Dio a poter tutto? Va a finire che chi crede ad un “global warming” di questo tipo, più che la scienza abbraccia una nuova fede.
- la scienza sui mass media troppo spesso non è metodo ma numero [↩]
- in realtà è un valore di riferimento e non una “media” intesa in senso statistico [↩]
- che non è sinonimo di preoccupante se non siamo stati così idioti da costruire edifici ed infrastrutture utilizzando come parametro solo la media pensando ad una natura “statica [↩]
Nell’ultima settimana, su un altro blog, ho partecipato ad una discussione stucchevole, forse grottesca. Mi direte: peggio per te che vai a infilarti in cose poco raccomandabili. Ne convengo, ma, a volte, il confronto su argomenti di tipo scientifico è necessario. Il guaio è che qualcuno dei partecipanti al dibattito si affeziona talmente tanto a quel che dice che non esiste modo di fargli cambiare idea pur di fronte all’evidenza (scientifica e logica). Se succede in un blog dove nessuno ha niente da perdere o da guadagnare, visto che si partecipa per diletto, figuriamoci cosa succede se sotto ci sono degli interessi (la pagnotta per dirlo in modo volgaruccio). Tradotto in altri termini io credo che proprio questo sta succedendo in ambito scientifico: se io vivo di scienza cerco di sfruttare il filone redditizio fin che posso. Solo alcuni mesi fa lessi, da qualche parte, una frase che mi fece sorridere (allora, oggi molto meno): uno studioso del clima metteva le mani avanti e preannunciava un decennio freddo a causa del minimo solare incombente. Fin qui nulla di male. La sua dichiarazione proseguiva, cito a memoria, con un’avvertenza importante: bisogna stare attenti perché questa circostanza potrebbe convincere la gente di essere fuori dal GW e mandare all’aria anni di lavoro, quindi, sarebbe stato necessario spiegare bene che il decennio freddo non inficiava il trend del riscaldamento globale. Ecco, l’articolo citato da Spina è uno “splendido” esempio di quello che intendeva il ricercatore. Il popolo bue di Giovanni Pascoli deve essere ben governato e chi meglio del Corriere può adempiere allo scopo?
A quell’epoca ancora non bazzicavo questo blog per cui la cosa mi sembrò di lieve entità. Oggi, con il senno di poi, mi rendo conto che quella non era l’opinione isolata di un ricercatore ma rappresentava un grido d’allarme in vista di “tempi brutti” per i climatologi di una certa scuola. Si, convengo con l’autore e con i commentatori, “mala tempora currunt” per chi crede in una Scienza che faccia dell’obbiettività e dell’oggettività la sua stella polare. Oggi la scienza è un modo come un altro per sbarcare il lunario (le iniziali maiuscole e minuscole sono state scelte opporunamente).
E per finire in modo più leggero, un piccolo aneddoto di tipo personale: le gelate del periodo freddo pre-natalizio mi hanno distrutto l’orto casalingo, cui mi dedico nel tempo libero, e buona parte del mio patrimonio di gerani (nonostante li avessi messi al riparo in un garage). Oggi a tavola mi lamentavo con moglie e figli dei “tempi brutti” che viviamo: in oltre vent’anni i gerani, in quel garage, non si erano mai gelati. Negli anni scorsi, però, avevo avuto l’accortezza di chiudere la saracinesca. Sarà che ho, ormai, l’età per dire che “ai miei tempi” le cose andavano molto meglio?
Ciao, Donato
Caro Donato ho apprezzato molto il suo commento e il rimando all’episodio del ricercatore. Personalmente ho avuto un contatto diretto anzi direi uno scontro contro un muro con questa realtà scientifica che hai raccontato e per questo ora ho abbastanza il dente avvelenato. Ora non sto a dilungarmi su questi episodi ma posso affermare che il mondo accademico (per come l’ho conosciuto io) calza molto bene con la descrizione episodiche che lei ha fatto.
Per quanto riguarda l’orto personalmente devo dire che questo è il secondo anno che arriva una gelata verso ottobre che rade al suolo tutte le piante estive, in compenso le qualità invernali come cardo sedano rapa carote cavoli coste costine radicchio reggono bene questi climi rigidi, se poi si ha tempo e voglia di usare un po di accortezza e coprire suddette piante con dei teli di nylon trasparenti ( o delle simil serre artigianali) si potranno apprezzare questi prodotti per tutta la stagione invernale. Proprio domenica scorsa ho ancora raccolto e mangiato costine sedano rapa carote e radicchio e devo dire che nonostante il gelo di questi tempi le piante hanno retto bene resistendo in maniera QUASI totale al congelamento. Anche in questo caso l’adattamento al cambiamento climatico scegliendo semplicemente le giuste specie orticole rende più che tanti allarmismi e catastrofismi, certo i lamponi e i pomodori me li scordo ma non è una catastrofe….
IL fatto è che nella stupidità dilagante e collettiva di questa società basato ormai solo sulle apparenze e sulle immagini ormai ci si può permettere di dire tutto ed il contrario di tutto con la certezza che l popolo bue si berrà ogni cosa senza dire beh.
Una cosa che non capisco in particolare è che in apparenza il grosso problema da affrontare e risolvere fosse fino a ieri il riscaldamento climatico causato dall’uomo o AGW. Ora comincio a vedere articoli di giornali e giornalisti e divulgatori che si preoccupano dei cambiamenti climatici in generale. E questo è ancora più grottesco ed aberrante per il seguente motivo. L’approccio “popolare” ai cambiamenti climatici che si deduce dalla lettura dei giornali e dall’informazione generica si basa sull’assunto ( falso) che il clima sia sempre stato costante, regolare e immutabile e che ogni cambiamento ( freddo caldo, pioggia neve ghiaccio vento) sia causa e colpa dell’uomo. Una concezione veramente medievale, quando si pensava che la terra fosse piatta e il solo gli girasse attorno ( peggio vista la frase di S. Agostino, illuminante e illuminata). Scene da affresco apocalittico, con i mostri e i draghi alla fine dell’oceano. Bene questa è l’impressione che mi da l’atteggiamento culturale popolare che ne viene fuori, una conoscenza basata sull’ignoranza e la superstizione, una ottusità degna forse di un malato di cretinismo, un distaccamento dalla realtà degno di un manicomio e nutrito a colpi di grandi fratelli e soap televisive.
I cambiamenti climatici sono una costante realtà del nostro pianeta che dura da 4 miliardi di anni. I cambiamenti climatici naturali sono una realtà scientifica assodata e inconfutabile. Come ci si può permettere di discutere e di approcciare questo tema come se si trattasse di una cosa soggettiva ed opinabile a seconda delle convenienze politiche ed economiche???
I cambiamenti climatici dovrebbero essere insegnati a scuola cosi come si insegna la geografia, la storia e l’educazione civica ( ah è vero che non la si insegna più!). Le nuove e future generazioni devono avere la consapevolezza di vivere su un pianeta in continuo cambiamento che se ne frega degli interessi dell’uomo. Deve far parte del loro bagaglio culturale cosi come l’etica e il rispetto degli altri e delle regole ( ah già tutte cose ormai in disuso…)
COmuqneu 100 % d’accorddo con lei……chi crede ad un “global warming” di questo tipo, più che la scienza abbraccia una nuova fede. Peccato che la storia insegna di come scienza e fede non siano mai andate d’accodto e di come la seconda faccia più presa della prima sulle menti della gente.
Caro Giovanni, dici una cosa che condivido, e vorrei aggiungere, e tu che studi il passato ne hai prova, che per migliaia, forse centinaia di migliaia di anni, l’uomo è stato dominato da stregoni che indicavano nelle colpe dell’uomo le cause di ogni cataclisma naturale, eruzioni, siccità, alluvioni e quant’altro. Qualche sacrificio umano, e l’ira degli dèi era calmata, figuriamoci ! Tutto questo immenso tempo deve avere creato una predisposizione, immagino, a credere alle xxxxxxxxx (qui mi autocensuro) che van dicendo i nuovi stregoni, con le stesse parole, gli stessi concetti di allora. Se qualcosa va male in Natura, la colpa è dell’uomo !
E’ difficile combattere con i pregiudizi viscerali nascosti nel profondo del nostro essere, ed abilmente tirati fuori.
La Natura, deificata, resa pensante (concetto pagano mai veramente sradicato dall’immaginario di tanta gente) si vendicherebbe delle colpe dell’uomo, e di questo progresso, di cui si parla come il massimo dei mali, contro ogni evidenza che invece sia un merito.
Strano però che la Natura faccia più danni proprio là dove c’è sottosviluppo, come se, se fosse pensante, volesse ammonirci a scegliere la via del progresso 🙂
Ormai l’Occidente ha la “colpa” di aver creato questo progresso, e qualcuno vorrebbe impedire che anche il terzo mondo cadesse in questa “colpa”, e gli indica una via ecosostenibile colla quale rimanere il più sottosviluppato possibile, mentre l’Occidente dovrebbe addirittura decrescere.
Poco importa a questa gente di guardare le statistiche di aspettativa della vita….il progresso è un mondo inquinato, e l’inquinamento fa morire ! Già, ma i dati scientifici inoppugnabili dimostrano che ti fa morire dopo, molto dopo (vedi Canada, Australia ecc.), rispetto ai modelli di vita sostenibile, dove si muore prima, molto prima (vedi Zambia, Malawi, Zimbabwe, ecc.), ma con un’impronta ecologica ideale. Impronta senza alcun senso scientifico serio.
Non voglio dire che l’inquinamento sia un bene, per carità. Va combattuto. Voglio dire che ne è esagerato il pericolo. Ogni cosa ha degli effetti positivi e negativi, e il progresso porta un inquinamento (comunque che si può contrastare) che ti porta ad un’aspettattiva di vita di oltre 80 anni, mentre senza di esso la tua aspettativa di vita si riduce a poco più di 30 anni.
Ecco cosa voglio dire, dicendo che dobbiamo contrastare l’inquinamento senza pericolosi salti indietro e frenate brusche del progresso, ma semmai il contrario, dobbiamo tendere ad un maggior progresso.
Per esempio, il progresso ha consentito di produrre auto che consumano molto meno. Fare le stesse cose, consumando meno e inquinando meno, è cosa buona e giusta. Combattere l’auto è invece un’aberrazione stregonesca che ci riporterebbe ad una minore aspettativa di vita ed a una minore libertà.
Secondo me.
Caro GUido Botteri Difficile rispondere al tuo commento in maniera sintetica senza cadere nel qualinquismo. Ci
vorrebbero pagine e pagine oppure ore di conversazione. Sollevi interrogativi giusti per i quali non si possono
dare risposte globali e superficiali.
Cercherò comunque di essere sintetico ed inevitabilmente un po fumoso.
E indubbio che l’uomo abbi adovuto fin dai suoi albori combattere contro la natura per sopravvivere. O meglio
abbia dovuto adattarsi alle regole del gioco imposte dalla natura per mangiare e non venir mangiato, per
ripararsi dalle intemperie dal freddo dal caldo dalle malattie. Sicuramente la grande conquista dell’uomo nelle
decine di migliaia di anni della sua (prei)storia ha fatto passi da gigante permettendoci di arrivare al punto in
cui siamo. In effetti oggi grazie al progesso siamo al riparo da molti problemi dei nostri antenati. Ma non
dobbiamo dimenticarci 2 cose
1) Molto del progresso, deriva da civiltà passate da cui noi abbiamo attinto copiato e migliorato senza aver
inventato nulla. Il merito della nostra attuale civiltà è nella parte elettrica, elettronica delle scoperte con
tutto cio che ne deriva. Senza questa componente egiziani greci e romani costruivano grandi opere, strutture, e
possedevano gia cultura tradizioni arte religioni conoscenze mediche matematiche scientifiche da cui noi abbiamo
attinto.
2)Il nostro attuale stile di vita risente molto di questo progresso avanzato che ha permesso all’uomo di
dimenticare quali fossero i problemi dei suoi antenati costruendosi un mondo parallelo (sicuramente più
confortevole e forse in parte meno crudele) a quello naturale dove vissero i nostri antenati. IL punto è che
questo ci fa credere di poter vivere in questo mondo parallelo, asettico indipendente dalle regole umane, peccato
ch enon sia cosi e questi piccoli e modesti cambiamenti climatici e naturali di quest’anno lo dimostrano.
UN’eruzione vulcanica blocca i voli di un continente per settimane, una nevicata blocca gli aeroporti per giorni,
una spruzzata di neve paralizza mezza Italia, un terremotino ci ricorda che non poggiamo i piedi sul pianeta UOMO
ma sul pianeta TERRA, di fronte alla morte di persone vicine amici parenti allora ci svegliamo dal sogno e
ricadiamo nella realtà, se si fosse costruito con criterio anti sismico quanti lutti e quanta disperazione in
meno……
Rispetto a quanto dice sulla natura e sugli stegoni, d’accordo, in linea più genereale si può dire che la religione è l’oppio dei popoli. Una diversità c’è comunque; nel passato la religione era più di tipo naturalistico proprio perchè l’uomo era abituato a combattere con la furia degli elementi per vivere e sopravvivere e per questo aveva un atteggiamento rispettoso e riverenziale nei confronti della natura. Le religioni attuali sono più omocentriche, segno che in qualche modo da millenni l’uomo ha in qualche modo saputo adattarsi agli eventi naturali superando i problemi che ne derivavano, mentre evidentemente non ha saputo difendersi adeguatamente da se stesso e dalla cattiveria dei suoi simili.
Non sono d’accordo con la tua frase
“Strano però che la Natura faccia più danni proprio là dove c’è sottosviluppo, come se, se fosse pensante, volesse ammonirci a scegliere la via del progresso”
Purtroppo ritengo che nei paesi sottosviluppati sia proprio l’uomo a fare più danno contro i suoi simili. Ho vissuto un anno in africa sub sahariana a stretto contatto con le realtà locali e la mia esperienza personale mi ha lasciato questa visione. In quei paesi ci sono tre realtà
1) l’uomo locale vive come da sempre in condizioni “preistoriche”, dure, povere ma dignitose e in equilibrio ed armonia con la natura e i suoi caratteri peculiari di quel luogo. E una situazione difficile, ma sostenibile per lui forse meno per noi che guardiamo con altri occhi
2)L’uomo locale con il miraggio della richezza e del benesse occidentale diventa schiavo del modus vivendi occidentale, lavora come uno schiavo, guadagna appena il necessario per sfamarsi ( quando va bene), perde ed ababndona tutto delle sue tradizioni, l”allevamento, l’agricoltura, la capacità di essere autosufficiente. Abbandona il villaggio rurale per andare a vivere in una baraccopoli ammassato con altre migliaia di persone senza nessun tipo di servizio ( nessuno). Il risultato è che quest’uomo è povero come o più di prima ma ha perso anche le sue pur misere radici, è come un fiore reciso destinato a morire nell’illusione di raggiungere un benessere e una ricchezza che esistono solo sui cartelloni pubblicitari e in televisione.
3)L’uomo locale lavora e vive come un occidentale nel rispetto di se stesso e delle regole. Beh questo caso direi che è nella realtà una rarità, un’eccezione ceh coinvolge forse una persona su 1000.
I casi 1 e 2 rappresentano la quai totalità delle popolazioni. IL punto è che prgrsso vuol dire far passare le persone dal punto 1 al punto3 senza cadere ne punto 2, visto che 1 e 2 sono due facce di una stessa realtà sostanziale. Io chiamerei il punto 1 pre progresso il punto 2 falso progresso e il punto 3 reale progresso.
COmunque per concludere e rissumere, dalla mia esperienza personale le cause di gran parte dei mali dei popoli sottosviluppati non sono da ricercarsi nella natura, ma nell’uomo stesso. La natura farebbe meno danni di quanti ne fa lì l’uomo cercando di portare progresso e salvezza. SU questo argomento potrei discutere ore le esperienze non mi mancano. In ogni caso non voglio generalizzare vi sono casi positivi e negativi non tutto è bene e non tutto è male, l’unica cosa è che se devo quantificare dal mio punto di vista ho visto molto più male che bene portato dall’uomo (sia occidentale che locale, da questo non si scappa)
Infine non posso che condividere al 100% la sua frase
Ecco cosa voglio dire, dicendo che dobbiamo contrastare l’inquinamento senza pericolosi salti indietro e frenate
brusche del progresso, ma semmai il contrario, dobbiamo tendere ad un maggior progresso.
Per esempio, il progresso ha consentito di produrre auto che consumano molto meno. Fare le stesse cose,
consumando meno e inquinando meno, è cosa buona e giusta.
Il punto è capire bene cosa voglia dire andare avanti o andare indietro.
Le faccio un esempio per quanto riguarda l’automobile. Dopo 10 anni passati in Svizzera, personalmente ho capito
che è progresso poter usufruire di un mezzo pubblico per recarsi al lavoro che offra tempi ed orari pragaonabili
o migliori di quelli dell’auto, che permetta di spostarsi indipendentemente dalle condizioni metereologiche e dal
traffico, che non obblighi una persona a prendere l’auto, a rimanere imbottigliato e a cercare parcheggio. Ho
capito che il progresso vuol dire poter avere un automobile e poter scegliere se usarla o meno in base alle
necessità e al tipo di spostamento. Ho capito che spesso la qualità di vita è migliore quando ci si può
permettere di non usare l’auto, quando una cosa da obbligo diventa scelta. Ho anche capito che quello che succede
in Italia dove o hai l’auto o sei equivalente a un contadino medioevale che si sposatava con l’asino non è segno
di progresso. Mia madre che è ipovedente, non potendo più guidare è una prigioniera in Italia è una vera
handicappata. IN Svizzera l’handicap quasi svanisce perchè dai marciapiedi ai semafori alle strutture ricettive
ai trasporti pubblici tutto è fatto per agevolare e alleviare questo handicap al punto che mentre qui mia madre
ha difficoltà a uscire dalla città e a spostarsi al di fuori di percorsi abituali in Svizera si può permettere di
andare a visitare città sconosciute, fare passeggiate in montagna….. questo per me è il progresso, o meglio una
delle sue tante facce.
Caro Giovanni, la mia frase:
[ “Strano però che la Natura faccia più danni proprio là dove c’è sottosviluppo, come se, se fosse pensante, volesse ammonirci a scegliere la via del progresso” ]
non voleva contrapporre i danni fatti dall’uomo a quelli fatti dalla Natura, ma i danni fatti dalla Natura in Paesi sviluppati, rispetto ai danni fatti, sempre dalla Natura, in Paesi sottosviluppati.
Sono convinto che un Paese sviluppato regga molto meglio, con molte meno vittime, le calamità, come tsunami, terremoti e quant’altro. Parlo per quello che mi interessa di più, le vittime. I danni materiali ovviamente sono tutt’altra cosa, e si potrebbe obbiettare che aumentano, perché c’è maggiore ricchezza in una città sviluppata che non in una città equivalente di un Paese sottosviluppato. Ma credo che sia sbagliato guardare al singolo evento.
Le condizioni di vita, viste non in funzione del singolo, ma come possibilità di una vita migliore per una popolazione più allargata, sussistono per un’intera vita, di cui l’evento catastrofico è un singolo elemento.
In questo senso, le perdite subite da una persona di un Paese sottosviluppato vanno confrontate con quello che, percentualmente, nell’arco della sua vita, significa quello che ha perso in quella disgrazia.
Bisogna anche tener conto delle possibilità di aiuto e di ricostruzione che sono caratteristiche delle Società evolute, che stanno sviluppando forme di soccorso e di reinserimento di grande valore sociale.
Secondo me.
In altre parole, io mi riferivo semplicemente alle opportunità tecnologiche, senza voler entrare in discorsi sociali o politici, che sono pertinenti al MODO in cui poi queste opportunità tecnologiche sono distribuite e condizionano la vita delle persone, che è tutto un altro discorso.
Caro Guido dopo le tue precisazioni non posso che essere d’accordo. Come scrivi tu il punto problematico è la differenza tra il pensiero, l’idea, il desiderio, il progetto e poi la realtà in cui si concretizza (il MODO appunto). Forse è sempre sbagliato generealizzare e bisogna in ogni contesto analizzare e discutere caso per caso, ma anche ponderare quanto c’è di buono e quanto di cattivo. IL mio discorso era rivolto a delle esperienzze mie personali che mi hanno spesso aperto gli occhi su realtà che pensavo non esistessere come tali o meglio mi ha svelato realtà che vissute in prima persona erano ben diverse da come le avevo apprese da fonti indirette di informazione. E questo i ha spesso lasciato un senso di tristezza. Quindi tutto gravita attorno alla differenza tra la teoria e la pratica.
Guido concordo pienamente con quanto hai scritto. Negli ultimi tempi ho l’impressione di essere di ….troppo! Leggevo proprio oggi su “Le Scienze” di novembre un articolo a firma di Telmo Pievani. Si parlava di estinzioni di massa. Dopo aver parlato in modo molto veloce delle prime cinque grandi estinzioni di massa, l’autore si è soffermato a lungo sulla sesta ovvero su quella che, secondo lui, stiamo vivendo oggi. L’autore argomentava in merito alle cause dell’estinzione in corso e, tra le più importanti se non l’esclusiva, indicava niente po po di meno che …. homo sapiens. La diminuzione degli areali di una specie? Colpa dell’Uomo, delle sue città e delle sue attività. La frammentazione degli areali? Colpa delle attività dell’Uomo. La diminuzione della biodiversità? Colpa dell’Uomo e delle sue attività. E così via per pagine intere. L’autore chiosava sostenendo che l’egoismo dell’Uomo, il suo egocentrismo ed un malinteso antropocentrismo unito ad una forte dose di narcisismo (sic!), stava determinando la scomparsa di specie viventi ad un tasso mai verificatosi nelle precedenti estinzioni di massa. Questi calcoli, concludeva l’autore, non tenevano conto dei cambiamenti climatici di origine antropica (il colpo di scena finale!). Alla fine dell’articolo mi sono sentito una specie di alieno subdolo e pericoloso che stava distruggendo il pianeta Terra. La soluzione si intravvedeva tra le righe dell’articolo: la razza umana era di troppo. Difatti le ultime righe dell’articolo suonavano piu o meno così: se l’uomo dovesse sparire a causa della sua scelleratezza no problem in quanto la vita esploderebbe più rigogliosa di prima e senza più nemici!
In parole povere più che gli uomini dell’occidente, inteso come parte del mondo maggiormente sviluppata, è l’Uomo come genere a creare problemi perché anche gli uomini primitivi hanno contribuito alla distruzione di habitat e specie (sempre secondo Piovani).
Che ve ne pare? Suicidarci tutti sarebbe un’idea?
P.S. Stasera sono un po’ pessimista, forse si è capito. Speriamo che domani le cose vadano meglio (tanto finisce l’anno e, come si suol dire, anno nuovo vita nuova).
Ciao, Donato.
Tranquillo Donato, hai solo buttato i soldi, se hai comprato quel libro. Succede.Nella mia pagina facebook sto illustrando alcune profezie e previsioni, che non si sono verificate, ma hanno fatto spesso fare tanti soldini a chi le ha fatte. Magari della gente, dando retta a quelle “colpe dell’uomo” si è pure suicidata (ci sono molti casi del genere, purtroppo). Ma su quelle morti qualcuno ha lucrato.Sono migliaia di anni, forse decine di migliaia, che gente a vario titolo indica nelle colpe dell’uomo la causa dell’ira degli dèi e della Natura. Tutta gente smentita clamorosamente, ma che con la più tranquilla delle facce toste continua a lanciare anatemi sulle colpe dell’uomo, anche adesso.Migliaia di innocenti sono stati assassinati brutalmente (il termine tecnico sarebbe “sacrificati”, ma quell’è…) per placare quest’ira.Ora, modernamente, si vuole sacrificare altre cose innocenti, come la CO2, l’economia, il progresso…Mi spieghi però l’accusatore della razza umana da chi si farebbero salvare le specie in pericolo di estinzione… dai coccodrilli, dalle gazzelle o dai pellicani ?Cosa vuol dire “l’uomo” ? Non c’è definizione più assurda di questa, perché “qualche uomo” inquina, altri dedicano il loro tempo a pulire; “qualche uomo” sperpera, altri risparmiano, e così via.Parlare di “uomo” mettendo tutto in un unico calderone è la cosa meno scientifica che si possa concepire.Basterebbe un’analisi storica per smentire tutti questi profeti di sciagure, che sparano dati che non si sa da dove vengano, ma sempre precisi, come le migliaia di fini del mondo, tutte precise precise, alcune addirittura al minuto secondo….tutte smentite dai fatti; come i 12 metri, precisi precisi, non 11 e non 13, di cui aumenterebbe il livello dei mari per lo scioglimento dei ghiacci (marini) dell’Artico; e via dicendo. Quello che caratterizza questo tipi di allarmismi è la precisione delle profezie. Ma se poi gli chiedi di mostrarti i calcoli, c’è gente che dichiara (lo scrive nelle e-mail) che casomai è disposta a distruggere tutto, che non a consegnare i preziosi calcoli. E non son minacce vane, perché al momento della consegna ti viene a dire di aver buttato quei dati fondamentali, perchè li credeva “inutili” (così dice a chi glieli chiede, ma non nelle lettere). Poi magari gli fanno tutte le Commissioni che volete, ma quel tipo di Commissioni son proprio inutili, soldi sprecati, perchè una Commissione dovrebbe avere un vero accusatore (che, sbaglierò, ma non ho visto), oltre ad una vera difesa (che invece non è mancata).Così “l’uomo” è sotto accusa ? Ma l’uomo è l’unica specie che potrà salvare questo pianeta nel caso arrivasse qualche grosso asteroide (quando ne avrà messo a punto la tecnologia), o pensi che lo fermerebbe un pinguino ? Son stufo di questi profeti di sciagura che hanno come modello Paesi come lo Zambia, dove si vive in media poco più di 30 anni, e accusano quei Paesi, come Australia e Canada, dove l’aspettativa di vita invece supera gli 80 anni.Cioè, spingono verso stili di vita che ci farebbero morire presto, e ci vorrebbero dissuadere da stili di vita che ci fanno vivere più a lungo.Non mi credete ? Consultate su wikipedia le pagine dell’impronta ecologica per Stati, e quella, sempre per Stati, dell’aspettativa di vita.Ora si sono inventati anche “l’impronta idrica”, ulteriore invenzione senza alcuna base scientifica, ma condizionata unicamente dalla loro ideologia, il tutto nella speranza di spingere il mondo verso la decrescita e il de-sviluppo. Strade che portano ad una mortificazione della speranza di vita, che evidentemente è nei loro sogni ideologici.Ci dicono che consumeremmo tre, quattro pianeti, o non so quanti, e non lo dicono da ieri.Bene, dove sono questi pianeti che staremmo consumando, oltre al nostro ? Dove ?Perciò, caro Donato, non ti far avvilire da quello che scrivono i cattivi profeti, e che sono senza una seria base scientifica.Secondo me.
Lasciamo stare le conclusioni per bocca dell’oracolo Maracchi a dir poco qualunquistiche, ma anche la frase precedente ha dell’incredibile, certo che ci voleva un professore di climatologia:
“Ogni volta che cambia la direzione di provenienza delle masse d’aria, cambiano bruscamente anche le loro caratteristiche termiche, da sud calde, da nord fredde”. Ma va? Trovandoci nell’emisfero nord, non l’avrei mai detto… potevo consultare invece dell’oracolo Maracchi, l’oracolo Viviana, mia nonna di 87 anni, che sicuramente me lo avrebbe spiegato pari pari.