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Cancun, era lì la “fiesta”

Eh sì, proprio un successone il risultato del vertice di Cancun. Proviamo a leggere qualche commento. Per il Corriere della Sera è stata una “mezza vittoria“, per La Stampa è il classico discorso del “bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto“, mentre per La Repubblica trattasi di un “capolavoro di diplomazia“, e ci mettono pure il link all’articolo che salutava con i fuochi d’artificio la svolta della Cina, dimenticando di aggiungere che più che di svolta si è trattato di errore di traduzione, prontamente chiarito in conferenza stampa il giorno dopo.

Del resto perché non dovrebbe essere d’accordo la Cina? La parte “climatica” più saliente di quanto definito a Cancun non la riguarda. L’ormai famoso balzo in avanti nella riduzione delle emissioni compreso tra il 25 e il 40% su base volontaria per il 2020 riguarda quanti hanno a suo tempo assunto degli obblighi in base al Protocollo di Kyoto, e la Cina, come l’India e come gli USA (loro non lo hanno proprio ratificato) di obblighi non ne ha. Per quel che riguarda tutti gli altri poi, con gli obbiettivi asfittici del suddetto protocollo raggiunti soltanto in parte e soltanto con la complicità della congiuntura economica fortemente negativa pur essendo obbligatori, sono proprio curioso di vedere quali epici sforzi saranno implementati su base volontaria. Non è dato saperlo, perché la definizione paese per paese di quel che s’ha da fare non c’è stata e forse ci sarà a Durban, l’anno prossimo, ammesso che ci vada qualcuno.

Però, però, si è deciso anche di impegnarsi a livello globale per la salvaguardia delle foreste, e questo è un bene. Speriamo che questo non significhi che qualcuno penserà che sia giusto controllarne l’espansione entro limiti accettabili, perché in effetti la superficie verde del Pianeta pare che i dati da satellite la diano in aumento, non in calo. E dove cala, purtroppo proprio dove non dovrebbe, lo fa perché qualcuno ha deciso di far posto a qualche migliaio d’ettari di coltivazioni destinate al biocarburante, proprio per arginare l’AGW, dicono.

In effetti, la parte più corposa pare essere quella economica, in primis perché è arrivata la conferma del Copenhagen accord, ovvero della creazione di un fondo di 30mld di dollari da impiegare presto e bene per aiutare i paesi in via di sviluppo a fare i conti con l’incedere delo disastro climatico. Anche questo è un bene, perché per esempio i maldiviani, ormai prossimi all’esodo climatico causa innalzamento del livello del mare, non sapevano dove prendere i soldi per costruire il nuovo aeroporto in riva al mare. Li gestirà dapprima la Wolrd Bank (leggete qui per immaginare come) e poi un comitato appositamente generato -l’ennesimo- compartecipato tra paesi in via di sviluppo e paesi sviluppati. A seguire un’altra valanga di quattrini, stavolta solo prevista però, ammontante a 10mld l’anno che diventeranno 100 al 2020, da impiegare per gli stessi scopi. Lo si deve ammettere, è bastato smettere di parlare di clima e di emissioni perché a Cancun si riuscisse a fare quello che non era stato possibile fare a Copenhagen, mettere tutti, o quasi, d’accordo.

Quasi, perché la Bolivia ha fatto sapere che non ci sta e che ricorrerà al Tribunale dell’Aja contro questa intesa. A proposito di diritto internazionale, forse vale la pena anche ricordare che quella raggiunta è un’intesa, una dichiarazione d’intenti, non un trattato. Come tale quindi non obbliga chi l’ha sottoscritta a mantenerla, ma questo lo sapremo solo a Durban. Mannaggia, staranno pensando i delegati itineranti, allora bisognerà andarci.

Sicché, doveva essere un summit economico e quello è stato. Il mega-movimento climatico, pensando che ci sia ancora qualcuno che crede davvero al fatto che si possa agire sul termostato del pianeta regolando a 2…no, 1,5…no, 3…no, boh, l’aumento della temperatura del pianeta, aveva soprattutto bisogno che ci si dimenticasse di Copenhagen, cioè aveva bisogno di ossigeno, ma non per il Pianeta, per sé. E il miglior sistema per evitare di farsi rispondere no è non fare domande scomode, chiedendo qualcosa che nessuno è disposto a dare. Nessun impegno vincolante è stato richiesto, nessun impegno vincolante è stato negato, ci mancherebbe. Così ora, con la solita abilità mediatica, si può vendere questo non-no come un successo. Con moderazione però, perché una cosa è vendere previsioni di qui a cent’anni praticamente inverificabili a misura d’uomo, altro è pensare al prossimo appuntamento negoziale. Un anno passa in fretta e i nodi verranno al pettine.

Se questo è quello che devono produrre questi eventi epocali, forse se ne può decisamente fare a meno. Ah, no, scusate, pure quelli di Durban tengono famiglia.

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Published inAttualitàCancunNews

2 Comments

  1. Guido Botteri

    Scusami, Guido, se non sono d’accordo sulle critiche all’aeroporto delle Maldive. Capisco il tuo punto di vista:
    uno non costruisce un aeroporto se sa che verrà allagato. Vero. Ma non hai visto quegli attivisti di Greenpeace con e senza maschere subacque che si allenavano ad andare sott’acqua, a Cancun ? Per cosa si allenavano, secondo te ? Ma per prendere l’aereo alle Maldive, no ? Ecco, ogni cosa ha una sua spiegazione log…ehm, volevo dire, ha una spiegazione, e basta. 🙂
    Per salire e scendere dall’aereo nell’aeroporto allagato delle Maldive, basterà farsi una salutare nuotatina, evitando, consiglierei, quei cari mostri del mare, come dicono gli ambientalisti, gli squali, che credo lì siano di casa. Agli aeroporti di Milano rubano le valigie, lì ruberebbero qualche passeggero, per farne uno spuntino…
    Oh forse pensi che neanche alle Maldive credano seriamente a quel che dicono le fonti ufficiali, ANSA compresa, che non mi ricordo abbia parlato delle nevicate in Mongolia interna, che sempre Cina è ?
    Sarebbe tutta ipocrisia ?
    Niente nuotatine dall’aereo all’albergo e viceversa ?
    Peccato, sarebbe stato così atletico e così romantico, a parte gli squali, che, ti dirò, a me non piacciono straordinariamente, preferisco il tonno, in scatola. 🙂

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