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No, vabbè, non resisto!

E’ da un po’ che ci penso. Ogni volta che c’è un summit climatico succede qualcosa di climaticamente scorretto per i fedeli dell’AGW. Lo scorso anno a CO2penhagen ci fu un fuggi fuggi generale il penultimo giorno di conferenza perché il freddo e la neve erano in procinto di bloccare gli aeroporti, tra tutti quello di Washington dove doveva rientrare il presidente Obama, che fu quindi impossibilitato a partecipare all’ultima sessione per raccogliere il sonoro insuccesso dei negoziati.

Ogni volta che arriva Al Gore da qualche parte piove, nevica e tira vento.

Quest’anno, per non avere sorprese, la conferenza è stata organizzata a Can’tCun, dove la neve proprio non può arrivare. Ma è arrivata in Europa, e pure tanta, soprattutto in Inghilterra. Risultato, Viky Pope, capo della divisione climatica del Met Office, non ha potuto prendere l’aereo ed ha dunque dovuto disertare la sessione durante la quale avrebbe dovuto annunciare che, dopo una attenta revisione dei dataset, il 2010 è finalmente a parimerito con il 1998 nella speciale classifica degli anni più caldi di sempre.

Non importa che l’anno non sia finito e la distanza, a meno di non mettere le serie di temperatura sotto una gallina per essere sicuri che si scaldino ben bene, sia pressoché incolmabile. I filtri statistici, la rilettura dei dati (buoni fino a ieri, oggi da buttare), ed il potere messianico tipico di chi è abituato a fare previsioni centenarie salvo poi sbagliare quelle stagionali al punto di dover smettere di farle, sono sufficienti alla bisogna.

E così, causa neve, la COP16 di Can’tCun avrà la sua icona formato Hockey Stick, ma la dovranno spedire per nave, sempre che una delle Tempeste dei nipoti di Hansen, non renda impossibile la traversata.

Una cosa è certa, finché ci saranno summit, non riprenderà il global warming. Se fossi un Sudafricano, meta l’anno prossimo della COP17, comincerei a far scorta di legname.

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