La negoziazione dei permessi a emettere è un argomento molto attuale e che interessa tanto il mondo finanziario quanto il mondo industriale. L’argomento, l’emission trading, è spinoso e complesso e l’abbiamo affrontato in molteplici occasioni qui, su CM. Di recente è stato pubblicato uno studio economico, per l’esattezza econometrico, che mette in luce come in Europa il sistema di scambio sia stato fortemente viziato da frodi fiscali. Questo sistema di scambio è già affetto da sufficienti problemi e dubbi di natura strutturale: è chiaro ormai che molti economisti non lo ritengano la soluzione, ma nemmeno una soluzione. Molti ambientalisti puristi, essi stessi considerano l’emission trading uno snaturamento pericoloso della lotta all’inquinamento. Ma questi sono altri discorsi che semmai si aggiungono e rendono ancora più grave quanto accaduto.
Tramite raffinati metodi statistici, alcuni econometristi francesi1 sono giunti alla conclusione che nel biennio 2008 – 2009 si sia perpetrata una vasta e profonda truffa ai danni degli stati membri europei, proprio sui certificati di emissione. Prima di capire come sia stato possibile giungere a questa conclusione e di provare a illustrarne gli effetti, deleteri, sul mercato, è però necessario comprendere i meccanismi della frode.
Il meccanismo in questione prende nome di “frode carosello” e la cronaca degli ultimi mesi ha portato alla ribalta alcuni eclatanti casi di evasione fiscale basata su questo procedimento, illecito. Per chi non conoscesse i meccanismi, ecco cosa accade quando si perpetra una frode carosello.
Nel momento in cui viene effettuata una compravendita all’interno dell’Unione Europea, vi è una particolare gestione dell’Imposta sul Valore Aggiunto (IVA). Questa imposta non viene sommata al valore del bene e/o servizio al momento della cessione, sarà infatti aggiunta dall’acquirente finale. La cessione intracomunitaria, in poche parole, avviene in regime di sospensione di imposta. All’atto dell’acquisto, in fattura, comparirà il prezzo del bene / servizio aggiunto del corretto ammontare dell’IVA. Se si acquista un bene da un commerciante tedesco, per poi rivenderlo altrove, si dovrà semplicemente registrare l’IVA a debito e a credito. Per l’intermediario non cambia nulla all’atto pratico, se non il fatto di contabilizzare l’IVA. Da quel momento in poi il valore aggiunto è definitivamente reincorporato nel prezzo del bene/servizio. L’acquirente finale, se ne ha titolo, può a quel punto chiedere il rimborso dell’IVA. Cosa accadrebbe tuttavia, se un intermediario con cattive intenzioni si dovesse frapporre tra venditore e acquirente? L’intermediario malintenzionato venderebbe, appunto, il bene e/o servizio già maggiorato di IVA, tuttavia in fase di vendita trattiene la quota eccedente. In altre parole, tenendo conto di una IVA del 20%, compra a 10, vende a 12 e trattiene 2, per poi versarlo in qualche paradiso fiscale e non di certo alle casse dello stato. L’acquirente finale, tuttavia, ha comprato un bene maggiorato di IVA e se ne ha titolo, ne chiederà il rimborso al proprio stato. Ma quei soldi, sono al sicuro nella banca dell’intermediario e non nelle casse dello stato.
La truffa diventa un vero e proprio carosello nel momento in cui l’acquirente finale rivende, a volte direttamente al venditore iniziale, il bene o servizio appena acquistato. Il procedimento è lo stesso, tuttavia nascerà illecitamente un rimborso sull’IVA in seno ad un altro stato comunitario.
Durante i primi 4 mesi del 2009 la media degli scambi di certificati di emissione era circa 7 milioni di tonnellate di CO2. Il 28 maggio 2009 in Europa venivano scambiati 15 milioni di tonnellate di CO2. Il 2 giugno seguente si arrivò al picco storico di circa 20 milioni di tonnellate. A quel punto era chiaro a tutti che ci fosse qualcosa di estremamente serio e scorretto in corso: l’Unione Europea annunciò allora un cambiamento radicale nel trattamento dell’IVA intracomunitaria. Il giorno dopo il volume di scambi arrivò quasi a zero, per poi assestarsi intorno ai 2.5 milioni di tonnellate.
Cosa accadde? Se lo sono chiesto in molti, ma la risposta era già chiara da qualche tempo, e questo giustifica l’intervento dell’UE sul regime dell’IVA, per ora applicato solo in ambito di emission trading.
I tre economisti francesi della Sorbona hanno analizzato l’andamento dei prezzi dei permessi a emettere, notando che il mercato è stato, ovviamente, influenzato artificialmente dalla presenza di questo carosello di acquisti e vendite. Questo periodo “artificiale” è individuabile grazie ad una serie di analisi statistiche, in particolare il livello di autocorrelazione della serie. Mentre in climatologia siamo abituati a serie di dati fortemente autocorrelate, in un mercato guidato non già da una strategia dominante ma da n agenti operanti tramite la loro razionalità limitata, ci aspetteremmo una bassa autocorrelazione. Quello che invece è emerso è una elevata autocorrelazione dei dati proprio nel periodo precedente le nuove misure in tema di iva comunitaria. Altro non significa se non la presenza di una strategia precisa e dominante, in altre parole un generale e sistemico Market Failure.
Concludendo, la frode carosello ha avuto due principali effetti (deleteri): da un lato di aver permesso di scaricare illecitamente gli importi IVA, dall’altro lato aver pesantemente condizionato l’andamento del mercato stesso. Elevatissimi volumi di scambio, prezzo unitario per il singolo certificato in picchiata verticale e una influenza negativa sul prezzo di altre materie prime (petrolio ed energia elettrica in primis).
- Missing trader fraud on the emissions market
Marius-Cristian FRUNZA, Dominique GUEGAN, Fabrice THIEBAUT; 2010.71; Maison des Sciences Économiques, 106-112 boulevard de L’Hôpital, 75647 Paris Cedex 13; http://ces.univ-paris1.fr/cesdp/CES-docs.htm [↩]
Finalmente qualcosa si muove anche in Italia.
Speriamo
Saluti
Truffa su certificati CO2 perquisizioni Finanza
Indagine su maxi frode da centinaia di milioni
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2010/12/17/visualizza_new.html_1668843281.html