Per una volta lasciamo stare il clima e ci dedichiamo al tempo, quello vero, quello che scandisce il ritmo delle nostre vite e, purtroppo a volte tragicamente, anche quello della nostra fine, come la cronaca di questi giorni non ha mancato di ricordarci.
Sembra proprio che non si stia preparando una stagione facile, anzi, il tempo sembra aver già preso una strada di grande dinamicità ed instabilità, magari anche tipica per le stagioni di transizione, ma è un fatto che a poco più di un mese dal termine dell’estate ci siano già stati più eventi di forte maltempo. Trani in Campania, poi in Liguria, poi la Sicilia e la Calabria, e poi ancora la Toscana e le pianure del Veneto. Tutti eventi che hanno visto una molteplicità di fattori ad originarli: la convezione organizzata tipicamente autunnale, l’orografia tormentate del nostro territorio buona per tutte le stagioni e, ultima ma non per questo meno importante, la fragilità di un territorio viziato da anni di disattenzione e degrado e, diciamolo pure, anni di buona sorte meteorologica, improvvisamente terminati da qualche anno a questa parte.
Ora si prepara l’inverno e tutti si chiedono cosa ci si debba attendere nel futuro a breve termine. Con il flusso perturbato principale (quella vasta fascia che separa l’aria fredda che circonda il polo dall’aria più temperata delle medie latitudini) che si sta gradualmente abbassando, puntando a più riprese decisamente verso sud con frequenti incursioni nel mediterraneo ancora piuttosto caldo, si susseguono eventi molto intensi sul nostro territorio.
Sin qui ha prevalso il passaggio, magari rapido ma non per questo indolore, di frequenti transienti in trasferimento verso est, con alcuni di essi -ad esempio quello degli ultimi giorni- che sono stati catturati proprio dalle acque calde dei nostri mari indugiandovi più a lungo del dovuto.
Da qualche giorno eravamo in attesa che si manifestassero dei segnali utili a comprendere l’evoluzione nel medio periodo della circolazione atmosferica per tentare di dare una connotazione più specifica alla prossima stagione, nel tentativo di differenziare la previsione da quella più ovvia e spesso più affidabile della statistica climatologica. I sistemi di prognosi stagionale infatti tacciono, in apparenza incapaci -forse per nostra incapacità d comprenderli- di dare segnali distinguibili al di là delle deboli anomalie che sono soliti presentare.
Sotto il profilo strettamente fenomenologico, è mancato sin qui all’appello il contributo di uno dei protagonisti principali delle dinamiche atmosferiche della stagione fredda boreale, il Vortice Polare Stratosferico (VPS). Ora, pian piano, si comincia a capire qualcosa. Il VPS, seppur ancora in fase di formazione, sta già subendo un rallentamento del suo processo di raffreddamento. Alle quote stratosferiche di 1 e 10 hPa, si nota una dislocazione verso il comparto siberiano della struttura del vortice, che subisce al contempo una compressione e accenna un asse disposto sull’Europa settentrionale. Tutto questo frena la zonalità della struttura troposferica sottostante e anticipa delle probabili azioni meridiane in area atlantica. In pratica l’aria continuerà ovviamente a girare attorno al pianeta con direttrice ovest-est, ma lo farà prendendo la strada più lunga, cioè scendendo parecchio di latitudine (qui le mappe di analisi e previsione del VPS della NOAA pubblicate e aggiornate in tempo reale da www.meteodolomiti.it).
E, in effetti, le prognosi a media scadenza dei modelli troposferici suggeriscono -con le dovute riserve di attendibilità alle scadenze più lunghe- una netta caduta dell’indice di zonalità, rispettando, tra l’altro, quella regola non scritta ma spesso confermata, che vede gli effetti delle dinamiche stratosferiche trasferirsi rapidamente ai piani più bassi dove risiede il tempo atmosferico, quando i disturbi al vortice polare sono prematuri come in questo caso. Si prefigura una poderosa spinta meridiana dell’anticiclone atlantico, il quale, non più disposto lungo i paralleli ma decisamente orientato lungo i meridiani, arriverà ad invadere la Groenlandia, facendo letteralmente “rotolare” sul suo bordo orientale la depressione d’Islanda e l’aria fredda che la caratterizza verso il territorio europeo.
Non è detto che in questo primo affondo l’aria fredda arrivi fin sul Mediterraneo centrale, ma di sicuro questi impulsi caldi alle alte latitudini atlantiche impediscono al VPS di acquisire velocità e compattezza, tenendo quindi basso di latitudine il flusso perturbato principale. Se infatti ormai sono piuttosto ben esplorati gli effetti delle dinamiche stratosferiche in troposfera, non è ancora chiaro se questi eventi di riscaldamento del VPS prendano origine dal basso, con un trasferimento di energia alle alte quote ad opera delle onde planetarie, o dall’alto, come conseguenza di variazioni delle proprietà chimico-fisiche dell’alta atmosfera.
Quando la stagione inizia così -leggi gli ultimi due anni- in genere poi i meteorologi si appassionano non poco e tutti gli altri molto meno. Chissà che di qui a un paio di mesi non ci tocchi commentare il più classico dei “non c’è due senza tre”. Qualcuno, dall’altra parte dell’oceano si è già sbilanciato, e qualcun altro da qui gli ha rifatto il verso, mentre le autorità meteorologiche sovranazionali li hanno giustamente smentiti, per non dire “bacchettati”.
Staremo a vedere, registrando, tra il serio e il faceto, la decisione della Provincia di Milano di obbligare chi circola per le strade di propria competenza a viaggiare con le catene a bordo o con pneumatici invernali da metà novembre a metà marzo che la neve ci sia o meno. Meglio star pronti.
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