Due recenti studi mettono in un luce nuovi possibili meccanismi legati al riscaldamento del nostro pianeta. In particolare prendono le mosse dal cosiddetto Palaeocene–Eocene Thermal Maximum (PETM), occorso circa 55 milioni di anni fa. Prima di addentrarci nell’argomento, mi preme rispondere ad alcuni commenti ricevuti su forum e via email. Perchè occuparsi del clima del passato? La paleoclimatologia è una scienza e già questo basterebbe a spiegare il 100% delle motivazioni del perchè si studi il clima terrestre in ere geologiche diverse dalla nostra. Vi è di più, tuttavia e vale per le altre scienze, perchè non dovrebbe valere per il clima: se non sappiamo chi siamo e da dove veniamo, come è possibile pensare di cercare di capire dove andiamo?
L’errore più grande che si possa commettere è pensare che tutto quanto stia accadendo adesso, lo stia facendo per la prima volta in assoluto. La storia del nostro pianeta, per fortuna, smentisce questo assunto di base errato.
E ora torniamo ai due studi. Partiamo dal primo in ordine cronologico, pubblicato l’anno scorso su Nature Geoscience1
Il PETM è un evento molto importante perchè da molti scienziati è ritenuto un valido parallelo con quanto potrebbe accadere a noi, nel prossimo futuro. Ovviamente le condizioni al contorno sono leggermente diverse, ovviamente bisogna fare molti distinguo ma, mutatis mutandis, la scienza ci dice che comprendendo il PETM, arriveremmo a prevedere in modo più preciso cosa ci aspetta, a fronte dell’aumento di concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera.
Ma precisamente, cos’è il PETM? Fu un evento drammatico che segnò il nostro pianeta: un potentissimo global warming, che innalzò di circa 5-9°C la temperatura media nel breve volgere di qualche migliaio di anni e che persistette per migliaia di anni. Il risultato? Oceani probabilmente anossici, comunque fortemente acidi, i poli completamente liberi da ghiacci, elevata umidità e piovosità su tutto il pianeta. Per una spiegazione molto più approfondita vi rimando a Wikipedia che in questo caso è più che sufficiente.
Rimangono molteplici le ipotesi sulle cause: vulcani, comete, anidride carbonica rilasciata in atmosfera per svariati motivi.
Gli scienziati coordinati da Zeebe hanno studiato gli isotopi estratti dai sedimenti marini, arrivando a derivare la concentrazione di CO2 nella paleo-atmosfera. Fino ad oggi l’ipotesi dominante imputava alla CO2 la causa dell’avvio del PETM. Lo studio ha messo in luce effettivamente il possente impulso di CO2, quantificandolo. L’ipotesi avanzata dal gruppo di ricercatori è che, ritenendo validi gli attuali parametri di sensibilità dell’atmosfera alla variazione di CO2, quest’ultima possa spiegare il GW del PETM solo per 1-3.5°C. Il restante aumento di temperatura è quindi imputabile a processi climatici o geologici ad oggi ignorati o sconosciuti, o a meccanismi di feedback altrettanto oscuri alla nostra conoscenza. Una volta che questi meccanismi, ad oggi sconosciuti, saranno messi in luce, allora e solo allora si potrà rivedere dalle fondamenta l’attuale impianto scientifico e modellistico utilizzato per prevedere il futuro del nostro clima.
Un breve ma fondamentale passaggio dall’abstract dello studio:
At accepted values for the climate sensitivity to a doubling of the atmospheric CO2 concentration1, this rise in CO2 can explain only between 1 and 3.5?°C of the warming inferred from proxy records
Vi è poi un secondo studio, più recente, pubblicato il mese scorso, che indaga il sottile sfasamento temporale tra aumento delle temperature e aumento della concentrazione di CO2. Sappiamo quanto sia difficile individuare questo sfasamento, che ci aiuterebbe (forse) a comprendere il rapporto di causa-effetto, per via dei problemi legati alla risoluzione dei campioni e delle carote glaciali.
Questo nuovo studio2 , grazie a nuovi sistemi di campionamento ad alta risoluzione, mette in luce una storia diversa da quella fin qui raccontata. Il PETM è stato segnato da un evento chiamato Carbon Isotope Excursion (CIE), che altro non è se non un repentino rilascio di gas serra nell’atmosfera (soprattutto metano). Ne abbiamo parlato prima, fino ad oggi si pensava che fosse quella la causa del riscaldamento poderoso registrato nel PETM. Invece, grazie a questi nuovi campioni ad alta risoluzione, è stato possibile analizzare meglio il susseguirsi degli eventi. La novità è che il CIE è stato preceduto da un importante aumento della temperatura, addirittura fino a 5°C. In quest’ottica, dunque, si sarebbe registrata una impennata nelle temperature prima dell’aumento di anidride carbonica e di metano in atmosfera. Le cause, ce lo dice lo studio nel suo abstract, sono dunque da ricercare altrove.
In conclusione, vale la pena ricordare che le condizioni generali del sistema terrestre erano piuttosto diverse dalle attuali, a partire dalla differente configurazione geologica dei continenti. E’ altrettanto vero, tuttavia, che quanto sta emergendo da un numero sempre più consistente di studi è che spesso l’innalzamento di temperatura precede l’aumento della concentrazione di CO2 e possibilmente altri gas serra, principalmente il metano. Questo significa, come già detto nel testo, che esistono sicuramente processi ad oggi sconosciuti che innescano aumenti di temperatura e feedback altrettanto ignorati che legano i gas serra all’aumento delle temperature e viceversa.
A presto per ulteriori aggiornamenti che, ne sono certo, non tarderanno ad arrivare.
- Carbon dioxide forcing alone insufficient to explain Palaeocene–Eocene Thermal Maximum warming; Richard E. Zeebe, James C. Zachos, Gerald R. Dickens; Nature Geoscience 2, 576 – 580 (2009) Published online: 13 July 2009 | doi:10.1038/ngeo578 [↩]
- Continental warming preceding the Palaeocene–Eocene thermal maximum; Ross Secord, Philip D. Gingerich, Kyger C. Lohmann, Kenneth G. MacLeod [↩]
[…] […]
Studiare il presente, ignorando il passato è come pretendere di capire una partita guardando solo il momento conclusivo della palla che entra in rete.
Questo è un serio problema procedurale, infatti. L’aspetto più singolare è il vago sottinteso espresso tra le righe dai fautori dell’AGW, ovvero che la paleoclimatologia sia, in fondo in fondo, tra detti e non detti, l’ennesimo strumento dello scetticismo climatico. Non già una branca del sapere umano. Uno strumento al soldo (del petrolio?).
Ma fino al 2007 la paleoclimatologia non veniva usata per dimostrare che l’aumento di CO2 portava un aumento di temperatura? Finiti gli esperimenti stile Hockey Stick, finito l’interesse?
Credo di sì, soprattutto ora che cominciano ad affinarsi alcune metodologie di campionamento. I campioni acquistano sempre maggiore risoluzione e quello che sta venendo a galla (ovviamente siamo ancora alla punta dello spillo) è che il clima non è una curva liscia per 4 miliardi di anni, e tutta zigrinata negli ultimi 150 anni.