Negli ultimi giorni la blogosfera climatica è stata attraversata da una scossa. La Royal Society ha pubblicato una nuova guida alla scienza del cambiamento climatico. Richiesta da un gruppo di associati che sono su posizioni scettiche e forse anche dovuta perché per trovare un documento con lo stesso scopo si deve tornare al 2007, questa pubblicazione, attesa già da qualche mese, ha segnato un punto di svolta importante nel dibattito scientifico sul clima.
Nel testo, come avrete modo di verificare voi stessi, si ribadiscono molte delle posizioni considerate assodate da quella parte della comunità scientifica orientata ad attribuire la gran parte del riscaldamento occorso nella metà del secolo scorso alle attività umane, ma, allo stesso tempo, si mettono in giusto risalto tutte quelle incertezze tutt’altro che di poco conto, per le quali esistono appunto delle posizioni improntate allo scetticismo.
Si tratta dunque di un documento che rende un bel servigio alla scienza perché fa di fatto divulgazione scientifica in modo equilibrato, senza eccedere negli allarmi e lasciando il il giusto spazio alla prosecuzione del dibattito.
Per questa ragione stupisce che sia chi si occupa in modo continuativo di affrontare questi argomenti, sia chi lo fa con atteggiamento più generalista abbia dovuto necessariamente trovare e quindi diffonderne soltanto interpretazioni piuttosto partigiane, magari ricorrendo alla efficace ma molto poco corretta pratica del cherry picking, ovvero scegliendo accuratamente i periodi più adatti alle proprie tesi.
E’ il caso di Repubblica, che si limita a ripetere un lancio dell’ANSA “Cambiamenti climatici causati dall’uomo, bisogna agire”, evitando chiaramente di approfondire, magari leggendo il documento. Contemporaneamente, su molti blog scettici c’è mancato poco che si organizzassero delle feste, per accogliere un epocale dietro-front che di fatto non c’è stato, per il solo fatto di avervi individuato l’accoglimento di posizioni votate all’incertezza.
Così non è in entrambi i casi, così non si va da nessuna parte, né più né meno come accaduto sino ad oggi.
Ciò di cui si dovrebbe avere contezza, è che un’istituzione antica e blasonata come la Royal Society, non avrebbe mai potuto fare alcun dietro-front, quanto piuttosto un progressivo aggiustamento rispetto a quanto detto in precedenza, né avrebbe potuto continuare ad ignorare le richieste di una parte della comunità scientifica sempre più corposa come quella attualmente su posizioni scettiche.
Quello che è accaduto è esattamente quello che dovrebbe accadere, e poco importa se non c’è niente di nuovo e mediaticamente accattivante, la scienza non lavora per i media, malgrado qualcuno abbia lungamente pensato che le cose stessero effettivamente così, purtroppo anche in alcune altrettanto blasonate organizzazioni scientifiche. Nella fattispecie, l’unica notizia che doveva essere messa in risalto è quella che abbiamo dato all’inizio di questo post: alcuni appartenenti all’associazione hanno chiesto la pubblicazione di un documento nel quale si potessero sentire più rappresentati e questo è accaduto. Saranno soddisfatti loro (e noi) e lo saranno anche quanti hanno avuto comunque l’occasione per ribadire le proprie posizioni.
Punto.
Vedrete, col tempo, tenderanno a sparire anche gli stereotipi e gli ammiccamenti al mondo politico che hanno comunque fatto capolino anche in questa guida. Magari nei blog e sui giornali si litigherà un po’ di meno, si farà meno chiasso e l’argomento clima sarà meno appetitoso, ma se questo è il prezzo da pagare per riportare un po’ d’ordine nel settore, credo che molti siano disposti a pagarlo.
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PS: a proposito di consenso, dissenso e comunicazione scientitifica, c’è un post interessante sul blog di Judith Curry.
[…] Royal Society, che ospita sempre più di frequente scienziati scettici (forse perché sono loro a […]