Appena qualche giorno fa James Hansen, scienziato molto noto responsabile per la NASA della gestione del database globale delle temperature di superficie, è stato arrestato. E con questa sono due le volte che, seppur per pochissimo tempo, lo scienziato si trova a riflettere sul clima che cambia da dietro le sbarre.
Di più, la stessa ragione per cui si è venuto a trovare in questa situazione è il clima che cambia. Infatti, come accaduto nella precedente occasione (qui su CM), l’arresto è arrivato in seguito alla partecipazione ad una protesta, evidentemente troppo accesa o forse non autorizzata non è dato saperlo, per chiedere che le autorità nazionali pongano fine all’estrazione del carbone dalla montagne degli Appalachi. All’epoca del primo giro Hansen ebbe e dire che i treni che portano il carbone estratto dalle miniere alle centrali elettriche dove viene utilizzato sono treni della morte, perché la CO2 così prodotta sta portando il pianeta al disastro climatico. Sempre allora, tenne anche a precisare di parlare in qualità di cittadino, non di scienziato, e come tale di aver diritto di manifestare il proprio pensiero.
Alcuni mesi prima, sempre Hansen, era assurto agli onori della cronaca per aver reso testimonianza in favore di alcuni attivisti di Greenpeace nel Regno Unito, accusati (e poi assolti forse anche grazie a questa testimonianza) di aver danneggiato la torre di raffreddamento di una centrale elettrica. Nella fattispecie l’azione dimostrativa serviva a far capire quanto sia dannoso per l’umanità produrre energia ehm, scusate, produrre energia secondo le attuali tecnologie. Hansen in qualità di esperto della materia climatica, e quindi da scienziato, non da privato cittadino, disse che gli attivisti avevano agito per il bene dell’umanità, ben consci -loro sì- dei danni che quella centrale avrebbe prodotto con la sua attività.
Ora, a volte in forma privata, a volte in veste ufficiale, le azioni dello scienziato della NASA sembrano avere comunque a fattor comune una tale fiducia nelle proprie convinzioni da lasciar confondere spesso il ruolo dello scienziato con quello dell’attivista. Lo stesso Hansen oltre ad una grande quantità di pubblicazioni scientifiche ha al suo attivo anche dei libri, tra cui l’ultimo Storm of my grandchildren, il cui solo titolo lascia intendere che egli pensa che in futuro non ce la passeremo proprio bene. Sicuramente sarà opportuno leggerlo per intero per capire, tra l’altro credo stia uscendo anche in italiano, per cui potremo presto toglierci la curiosità.
Perché questa lunga premessa? Perché vorrei porvi un quesito.
Negli ultimi tempi si è fatto un gran parlare di credibilità della scienza del clima e, ovviamente, anche di quelli che questa scienza la fanno. Gli errori (sostanziali o veniali, fate voi) del 4° Rapporto dell’IPCC e il Climategate hanno posto la questione della affidabilità del livello di comprensione scientifica del cambiamento climatico. Ci sono state delle inchieste, hanno lavorato delle commissioni e si è letteralmente intatasata la rete con i commenti degli appassionati o esperti o semplici curiosi che volevano arrivare a capirci qualcosa di più. Il culmine di questo processo si può dire sia arrivato con la pubblicazione del rapporto IAC (Inter Academy Council) con il quale si è chiesto di procedere ad alcune importanti modifiche alla struttura dell’IPCC ed al processo di formazione dei suoi rapporti. Tuttavia per onestà si deve sottolineare come nessuna delle inchieste o commissioni e nemmeno lo IAC, abbia elevato rilievi importanti ad aspetti puramente scientifici, entrando piuttosto nel merito delle procedure, dei comportamenti e delle policy delle istituzioni e/o uomini e donne oggetto di attenzione.
Nonostante ciò, molti, probabilmente a ragione, sono convinti che questo particolare settore della scienza abbia perso credibilità e che questa debba essere riguadagnata. Non sto scoprendo la pietra filosofale, di questo problema, anche in modo piuttosto cogente, se ne è parlato parecchio sulle più importanti riviste scientifiche del settore.
Il quesito è dunque questo: Quanta credibilità si può ottenere con atteggiamenti come quello di Hansen, che non dobbiamo dimenticare è un leader del settore ed è certamente un personaggio molto influente?
Due le possibilità.
Molta, perché chi ascolta pensa che lo scienziato sia talmente sicuro delle sue convinzioni da aver deciso di intervenire nel processo di orientamento del decisioni making non solo fornendo informazioni scientifiche ma anche facendo attivismo, in questo caso mettendo addirittura a repentaglio la propria libertà personale.
Poca, perché l’attivismo è indice di coinvolgimento ideologico e questo potrebbe condizionare le le scelte dello scienziato in questione, il quale nella sua attività è spesso costretto a fare delle scelte di carattere soggettivo, che devono possibilmente essere fatte senza alcun genere di condizionamento.
Come abbiamo visto all’inizio di questo post, James Hansen dichiara di fare attivismo in qualità di libero cittadino, non come scienziato. Non può però sfuggirgli che il suo atteggiamento pesi necessariamente più di quello di ogni altro manifestante, come certamente sa che il suo nome finirà sui giornali e quelli degli altri no. Quindi non agisce da privato cittadino, ma da scienziato, ovvero avvalendosi della credibilità che gli è dovuta per la sua attività. Le due cose non sono scindibili, quanto meno non all’occhio di chi non ha dimestichezza con la materia in questione, che poi rappresenta l’obbiettivo di questa forma di divulgazione alquanto sportiva. Chi è invece esperto riesce a fare la differenza, ma chi è esperto non ha bisogno di vedere un sit-in per rafforzare o indebolire le proprie opinioni.
Quello di Hansen è naturalmente solo un esempio, se vogliamo il più eclatante, anche perché la sua posizione in seno al GISS della NASA è decisamente importante, ma di questo genere di atteggiamenti negli ultimi anni se ne sono visti un bel po’, e sono quelli che hanno forse hanno portato ad un deciso inasprimento del dibattito, finendo -questo sì- per essere stigmatizzati anche dal rapporto IAC cui ho accennato poco sopra.
Sarà possibile tornare ad un sistema in cui chi fa scienza fa quello e basta e chi fa ideologia idem? Non credete che questo sarebbe assolutamente necessario?
Pubblicato come lettera sul fascicolo di Udine del Messaggero Veneto in data 8 Aprile 2009 a pagina XIX
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ENERGIA
Irraggiungibile 25% di rinnovabile
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Venerdì scorso a Roma la regione Fvg è stata designata pilota nella sperimentazione delle energie rinnovabili con l’obiettivo di raggiungere il 25% del fabbisogno con tali fonti. Non riuscendo lo Stato a rispettare nemmeno l’insensato 20-20-20 deciso a Bruxelless qui vogliamo raggiungere il 25%? Insensati coloro che hanno sottoscritto qualcosa in tal senso.
Dopo diranno che era una sperimentazione e giustificheranno in tal modo il mancato raggiungimento dei propositi e delle parecchie risorse finanziarie sprecate. Cosa c’è da sperimentare ancora, che già non si sappia, sarà un mistero. Comunque si potrà agevolmente raggiungere il 25%: basta solo metterci un po’ d’impegno e deindustrializzare ulteriormente qui in regione.
Pensate, se chiudono Pitti-ni, Fantoni, Abs e altre aziende energivore potremmo anche arrivare al 40% del “non più” fabbisogno energetico regionale.
Contenti tutti, vero? Auguri per un 50%!
Mandi.
Renzo Riva
PLI-Fvg
Energia e Ambiente
Buja
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CON QUALI FONTI ENERGETICHE,
COMBUSTIBILI,
PRODURREMO IL RESTANTE
75%?
[LETTERA FIRMATA] – ADMIN
http://renzoslabar.blogspot.com/
Io credo che, oltretutto, c’è un grosso problema di comunicazione e di interpretazione dei ruoli. Nei casi citati, Hansen viene considerato uno “scienziato” non come se quello fosse uno dei componenti dell’essere “James Hansen”, ma la sua essenza esclusiva. Un po’ come dire che io sono un ingegnere-e-basta o Guidi un militare-e-basta. Insomma, è chiaro che il nostro lavoro principale ha una certa influenza su come siamo, ma non è esclusivo. Gli scienziati dell’AGM stanno sfruttando questa ambiguità perché ovviamente possono ammantarsi di un’aura di superiorità. La scienza in astratto è oggettiva, razionale, dice cose che sono condivisibili da tutte le persone razionali indipendentemente dal proprio credo, eccetera; per cui lo scienziato diventa un’essere umano dalle qualità superiori. Insomma, c’è l’idea di spacciare chiunque sia uno scienziato per il sig. Spock (che poi, non a caso, anche in Star Trek non era un essere razionale al 100%).
Credo che per ripristinare la credibilità perduta il mondo scientifico dovrebbe puntare molto a trasferire il proprio “avatar” dall'”essere” al “fare”, cioè al metodo. Insomma, non “sono uno scienziato, quindi…” ma “ho agito da scienziato, cioè ho applicato il metodo scientifico, quindi…”. Ho l’impressione che il giudice che ha ascoltato la testimonianza di Hansen abbia ragionato nel primo modo.
Molto ben detto, fabrizio! Sarebbe un enorme passo avanti distinguere tra “essere” e “comportarsi da”, sopratutto quando si tratta di persone e comportamenti distintivi, nel bene e nel male: un ladro puo’ anche dire la verità (chissà un bugiardo!), un prete comportarsi da ladro, un imprenditore da premier. Molto spesso invece ci si appella all'”essenza” di una persona, per denigrarne o esaltarne i comportamenti – quando conviene. E’ questa una scorciatoia molto comoda per evitare di entrare nel merito delle questioni.
Il bugiardo che dice sempre ed esclusivamente bugie, e il sincero che non ne dice assolutamente mai, sono personaggi della fantasia matematica, quella che ha solo 1 bit, e solo uno, per la quantità di verità, e non conosce Lotfi Zadeh e la sua logica fuzzy.
E la tendenza a trasferire le abilità e competenze da un campo in cui sono riconosciute, ad altro in cui non sono necessariamente conseguenziali, è sfruttato dalla pubblicità quando ti fa dare un giudizio su un prodotto da un attore, un cantante o un campione sportivo, o comunque persone conosciute ed apprezzate òper qualità che col prodotto non hanno alcuna relazione. Ma anche un premio nobel, quando dà un giudizio fuori del suo campo di competenza, vale come qualsiasi altra, assolutamente qualsiasi altra persona.
Cioè è un modo per dare valore ad una opinione che non ne ha alcuno, anche se la persona, in altro campo, è di sicuro valore e competenza.
Ma nella pubblicità funziona…e non solo nella pubblicità.