E’ difficile dire quando sia effettivamente iniziata la deriva media-scientifico-catastrofica del clima. Ci sono alcune date ed eventi significativi, come la conferenza di Rio del 1992 o i primi passi mossi dall’IPCC appena qualche anno prima, ma una cosa è certa, almeno all’inizio si parlava di “Cambiamento Climatico”, Climatic Change per l’esattezza, più che di “Climate Change“, proprio come e’ scritto anche nell’atto istituitivo dell’IPPC e come il presidente del panel Rajendra Pachauri ci ha recentemente ricordato. Un sistema dinamico e riconosciuto come tale studiato nella sua naturale evoluzione.
Dopodiché è esploso il global warming, cioè per la verità le temperature avrebbero iniziato a salire ben prima, sin dal 1850, ma è solo nelle ultime due o tre decadi che questa locuzione è diventata un vero e proprio slogan. Nel frattempo qualcuno si e’ accorto che così si sarebbe potuta fare confusione, così climatic e’ diventato climate, perché dava meglio l’impressione di avere a che fare con qualcosa che cambia per la prima volta, rendendone piu’ immediata l’attribuzione alle attività umane. Per cui, dovendo cercare le ragioni (o giustificazioni, fate voi) di questa attribuzione, questo cambiamento segue una logica consequenziale, soprattutto perché da una decina d’anni a questa parte il clima non collabora, e il warming continua a latitare.
Sicchè ora, visto che l’opinione pubblica ha iniziato a ritirare il consenso e visto che la politica ha ritirato il sostegno, urge qualcosa di più forte, di più coinvolgente, di più decisivo. Qualcosa che possa essere facilmente tirato in ballo per ogni singolo evento, sia esso usuale o inusuale, da quelli locali e quelli regionali o emisferici o addirittura globali, insomma, tutti, senza andare troppo per il sottile, perché la causa perde i colpi, ma siccome è giusta occorre darle una mano. Ci pensa il consigliere scientifico del presidente degli Stati Uniti, John Holdren, autorevole scienziato già al servizio della Casa Bianca in in altre precedenti amministrazioni, autore di numerosi saggi in argomento risorse, sviluppo e soprattutto sovrappopolazione e impegnato nel settore sin dalla fine degli anni ’60, quando una delle sue maggiori fonti di preoccupazione erano l’imminenza di una glaciazione e, udite udite, la bomba demografica. Il nostro, infatti, pare proponesse nei suoi scritti e con i suoi consigli, una serie di programmi di contenimento delle nascite che andavano dal soft al coercitivo, forte, non c’è da dubitarne, del fatto di essere già nato.
Dicevo ci pensa lui, proponendo lo slogan del rinnovato catastrofismo: Climate Disruption (disgregazione, disfacimento). Vi piace? Beh, fatevelo piacere perché ne sentiremo parlare, visto il pulpito da cui viene la predica. Già che ci siamo pero’ suggerirei di dare uno sguardo anche alle argomentazioni che ha portato a supporto della creazione di questo neologismo.
(CNSNews.com) – John Holdren, director of the White House Office of Science and Technology Policy, says that the term “global warming” is “a dangerous misnomer” that should be replaced with “global climate disruption.”
(CNSNews.com) – John Holdren, direttore del White House Office of Science and Technology Policy, dice che il termine “global warming” è un “pericoloso termine improprio” che dovrebbe essere sostituito con “disfacimento globale del clima”.
Parlare di solo global warming è dunque pericoloso, perché si rischia di non essere capiti. Già, pericoloso per chi? Per quelli che con questo presunto cambiamento dovrebbero avere a che fare o per quelli che con questa faccenda ci campano?
Decidete voi, ma se la cosa vi porta via troppo tempo, lasciate perdere e andate a farvi due risate con questo sondaggio, dove si mettono ai voti le future metamorfosi semantiche del riscaldamento globale antropogenico. Ce n’è per tutti i gusti, io personalmente sono indeciso tra Anthropocalipse e Climatus Interruptus, suonano tutti e due meglio di Climate Disruption.
[…] This post was mentioned on Twitter by Francesco Malucelli, Piero Vietti. Piero Vietti said: Il global warming? Un problema di comunicazione http://bit.ly/cMq0co e qui http://bit.ly/acPLwn […]
Beh il fatto che “riscaldamento globale” contenga già un’informazione che può essere smentita è un problema, potrebbero usare “mestasi climatica” o “obesità climatica” (la CO2 simile al grasso che deforma il corpo umano)…sicuramente le persone sarebbero più emotivamente coinvolte. Poi alla previsione della prossima estate mai rischiare più calda o più fredda, basterà dire “sarà peggiore di quella dell’anno scorso”…in qualche parte del Mondo con la telecamera qualcosa da riprendere ci sarà. Io però per alcuni professionisti della catastrofe non cambierei il motto programmatico:”Francia o Spagna, basta che se magna”. Un caro saluto.Fabio
Climate Rambunctiousness non e’ affatto male.
Allora il Sig. John Holdren e’ il direttore dell’Ufficio per le politiche scientifiche e tecnologiche della Casa Bianca?!
La cosa mi risolleva il morale. Bello ‘disfacimento globale del clima’ e bella fantasia a coniarlo: problemi con il proprio condizionatore o con la caldaia?
Prima il clima aveva una definizione geografica: compariva sugli atlanti insieme alla dizione ‘foto di razze umane’. Poi, biologicamente ed antropologicamente corretti, abbiamo cancellato il concetto di razze ed anche il clima e’ diventato una definizione operativa del tempo.
Poi, e’ diventato una definizione basata su una unica variabile fisica, temperatura, variabile dipendente di una quantita’ chimica, CO2.
Poi, nonostante la cronachistica storica, e’ diventato una mazza da hockey. Poi, una crescita incoercibile. Poi, un tipping point.
Ora e’ finalmente diventato quello che abbiamo sempre voluto: un gelato lasciato al sole, un disfacimento globale, la fine dell’acido ialuronico, un disfacimento globale, la chiusura delle palestre, un disfacimento globale, lo sciopero dei massaggiatori, un disfacimento globale, protesi mammarie difettose, un disfacimento globale.
L’amico Holdren con questa definizione ha finalmente portato in campo allarmista una cosa che non si era mai vista: l’ironia.
Mah, ho paura si tratti più che di ironia di umorismo involontario, alla casa bianca. Comunque ho riso di gusto dalla prima all’ultima riga. Grazie.
PS. Che ne dite di “Climarrea”?
Molto carina, ma temo sia piu’ indicata per la prossima fase di raffreddamento globale
Mi spiace per tutti voi creativi, ma oggi esce un piccolo post in cui dichiaro ufficialmente la mia scelta semantica prossima ventura. 🙂
gg