Novembre scorso, scoppia il Climategate. Chiasso indicibile sulla rete (CM compreso), media che temporeggiano e poi si buttano sull’osso. Ce n’è per tutti, come si direbbe, per quelli belli e per quelli brutti. Il castello dell’AGW scricchiola, CO2penhagen è alle porte e le polveri degli artificieri dell’AGW sono irrimediabilmente bagnate. Indice di credibilità sotto i tacchi, morale ancora in più in basso.
Alt! Fermi tutti, questo gioco al massacro deve finire, sotto con le inchieste, i panel, le commissioni, qualcuno prenda secchio e spugna e lavi -rigorosamente in pubblico- questi panni sporchi.
C’è voluto qualche mese, poi uno a uno, sono giunti i report dei vari panel, delle commissioni e delle inchieste. Tutti assolti, de iure e de facto. Sì, certo, magari i componenti delle commissioni si potevano scegliere meglio, magari si poteva cercare di entrare nel merito, però, come si direbbe nell’aula di un tribunale, il fatto non sussiste.
E però resta una strana sensazione, quella vaga tristezza che si prova quando qualcosa si è rotto, il gioco non è più bello come prima. Si poteva far meglio? Forse sì, a giudicare da quel che dice Andrew Montford, autore di un contro-report, che esamina il lavoro di tre di questi panel e ci trova non poche inadempienze. Una tra tutte: nessuno di questi ha raggiunto il proprio obbiettivo, anche perché, stranamente, nessuno di questi se lo era dato, preferendo affidarsi a qualcosa di molto generico e più facilmente gestibile.
Montford è uno scettico, è curatore di uno dei blog più seguiti su questi argomenti, è l’autore di “The Hockey Stick Illusion” il libro che ha riassunto tutta la diatriba sulla famosa mazza da hockey e ci ha messo sopra una bella pietra tombale. E’ uno di parte quindi, perciò, se si vogliono avere le idee chiare, si deve leggere anche la sua parte.
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