Ci credereste? Tra tanta cinematografia di qualità e tanto impegno degli artisti del cinema per rappresentare questa o quella sfaccettatura della nostra società, spunta un outsider che nessuno avrebbe mai immaginato.
Ebbene sì, Bjørn Lomborg prima croce, poi delizia ora probabilmente incubo del catastrofista generico medio, non pago di aver trovato il sistema per dare al suo ultimo scritto una visibilità di portata globale, prende il tutto e ne fa un film per sfidare a colpi di celluloide l’altro artista della cattura dell’attenzione della pubblica opinione, l’ex-di-tutto-di-più Al Gore, padrino della memorabile climafiction An Inconvenient truth.
Sarà intitolato “Cool it” (letteralmente raffreddala, per favore continuate a pensare alla Terra che è meglio) e si propone di spiegare in modo comprensibile la ricetta di Lomborg per fronteggiare quello che “non è un non evento, ma non è neanche un’apocalisse, è un problema” è va razionalmente affrontato.
Di tutta questa faccenda, al di là della boutade della presentazione al Festival del Cinema di Venezia (tutta farina del mio sacco sia chiaro), quello che mi interessa di più è l’approccio che l’astuto Lomborg ha scelto per piacere a tutti ed essere sicuro di non aver veramente contro nessuno: in tempi di atteggiamenti necessariamente dicotomici (perché essere schierati rassicura, dice lui), in cui si fanno continuamente scelte di campo, l’essere su posizioni intermedie risulta spiazzante e quindi anche vincente.
Non so se la ricetta che propone possa essere presa in considerazione, sta di fatto che la strategia sta sortendo il suo effetto: il messaggio è arrivato a tutti, e questa, per chi scrive un libro, è una verità molto comoda.
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