Ne avevamo letto già da qualche giorno, ma certe notizie vanno fatte riposare, come un buon vino rosso: aprire e lasciare che respiri, può solo migliorare, cioè avvicinarsi al suo gusto vero.
E di gusto ce n’è nella faccenda di cui sto scrivendo. Alcuni giorni fa si è saputo che Bjørn Lomborg, celebre ambientalista scettico, già autore di un libro che a Co2penhagen avrebbero usato per scaldarsi e già bersaglio di insulti senza pari (epigono di Hitler per capirci), si sarebbe convertito alle ipotesi -o dogmi- dell’AGW dichiarando che servono 100 mld di dollari all’anno per contrastare il riscaldamento globale. Praticamente una capriola.
I voltafaccia, si sa, non piacciono a nessuno, tranne a quelli verso cui a seconda dei casi si volta la faccia. In quelli, di casi, c’è sempre qualcuno disposto a turarsi il naso e ad accogliere la “pecorella smarrita”, foss’anche soltanto per fare un dispetto agli avversari.
Questa è una pratica antipatica ma molto diffusa, anzi, assolutamente bipartisan, perciò, poco male. Il problema però è che stavolta pare che il voltafaccia non ci sia stato, com ci spiega Carlo Stagnaro dalle pagine del Foglio, per cui semmai, ad essersi convertiti potrebbero essere i numerosi pastori che hanno volenterosamente accolto la pecorella appena pochi giorni fa e ora, presumibilmente, la vorrebbero fare alla brace.
Già, perché l’occasione della presunta conversione di Lomborg, è l’uscita di un suo nuovo libro, in cui, guarda un po’, dice quello che ha sempre detto, però ha dovuto pagare lo scotto di veder estratto dalle sue pagine un highlight che risultasse appetitoso per i lettori del quotidiano cui si è rivolto per avere un po’ di pubblicità. In tempi in cui i temi finanziari e climatici, specie se correlati, si vendono come il pane, l’idea di chiedere al mondo lo sforzo di impiegare 100 mld l’anno per contrastare il cambiamento climatico, fa decisamente alla bisogna.
E così, ci sono cascati con tutte le scarpe, come si suol dire, perché, come dice sempre Stagnaro, le idee di Lomborg sono sempre le stesse, soprattutto una, la più condivisibile, cioè quella che con cui definisce gli strumenti ideati ed implementati per affrontare il problema (tanto cari ai suoi detrattori di sempre e ora ignari ammiratori), costosi e inefficaci, molto più inclini a far del bene al novello mercato del carbon trading che al clima.
Certo, il progetto di spendere 100 mld di dollari l’anno è impegnativo, e con ogni probabilità seguirà il destino degli altri faraonici progetti del think tank climatico, cioè quello di non vedere mai la luce, ma se qualcuno avesse voglia di capire esattamente quanti sono, sarà sufficiente arrivare in fondo all’articolo, dove c’è un interessante paragone con i costi stimati per l’implementazione del piano europeo per la riduzione delle emissioni (20-20-20). 50 mld di Euro all’anno e solo in Europa, le cui emissioni sono importanti, ma mai quanto lo sono quelle di giganti come USA, Cina e India.
Che ne dite? Non è migliore adesso questo vino?
Oggi su radio due il Tozzi ha detto che Lomborg si è dovuto rimangiare tutto davanti all’evidenza del riscaldamento climatico…e non poteva non citare le alluvioni del Pakistan e gli incendi in Russia, il messaggio è stato stiamo distruggendo la terra e i politici non se ne vogliono rendere conto