Salta al contenuto

Greenwashing

L’ultima volta che abbiamo parlato di green economy è scoppiata la guerra, non oso pensare cosa succederà quando avrò finito di raccontarvi le ultime news sull’argomento. Sarà perché c’è sempre un disperato bisogno di inseguire dei sogni, di puntare a qualcosa di estremamente innovativo e riformante, sarà perché il green è di gran moda e dell’economy non si può decisamente fare a meno, ma l’unione di queste due parole sembra davvero avere proprietà magiche. Tanto magiche da far apparire green ciò che non lo è affatto e economico ciò che è spesso un sonoro salasso.

Ecco qua, TerraChoice è un’agenzia di marketing ambientale che nasce con lo scopo di fornire consulenza nel settore della promozione di prodotti ecosostenibili. Nasce cioè per aiutare chi produce a farlo in modo più “verde” e a farlo sapere in giro. Sembra però che svolgano anche un cosiddetto servizio ai cittadini, infatti hanno appena fatto un’indagine dalla quale pare sia uscito fuori che il 98% dei prodotti in vendita che vanta caratteristiche di ecosostenibilità sia potenzialmente tutt’altro che sostenibile.

Cicli produttivi, logistica di supporto, materiali impiegati, assenza di riciclo etc etc, tutti fattori imprescindibili che invece sembra siano tenuti in considerazione, nel migliore dei casi, solo sulle etichette, ovvero costruendolo in modo da aumentare l’appeal del prodotto senza dare le informazioni che ne spieghino chiaramente le qualità eco. Intendiamoci, non che tutto debba necessariamente averle queste qualità, ma ove queste non ci sono, è giusto saperlo. Un esempio. Personalmente non ho nulla contro i SUV, anzi, trovo la campagna di demonizzazione cui sono sottoposti abbastanza stucchevole, ma sentire che l’ultima versione della Touareg è ibrida e quindi ecofriendly è un classico esempio di greenwashing. Dai dentifrici ai cellulari, quanti prodotti così vi capita di incontrare andando al supermercato? Praticamente tutti. E praticamente quasi tutti pare facciano finta.

Carta riciclata impiegata nei cicli produttivi. Quanta esattamente? E’ la percentuale sufficientemente alta da rendere conveniente la fase di riciclo, considerato che questa ha un importante impatto ambientale? Dove è stato prodotto quel particolare oggetto? Quanta strada ha fatto prima di arrivare sul bancone?

Sono domande lecite, se si vuole perseguire una politica (e perché no un comportamento) rispettosa dell’ambiente, ma mi sovviene un’altra domanda un po’ più sporca. Quanta parte di questi finti atteggiamenti sostenibili ha contribuito a gonfiare esageratamente le stime di radiose prospettive finanziarie della green economy? L’operaio che lavora in una fabbrica che vanta cicli produttivi sostenibili e poi si scopre che non è vero, è un posto di lavoro in più del comparto green? Quanta parte di questo delirio verde serve solo a sostenere la consistenza dei portafogli? Sarà, ma sento puzza di bruciato.

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...Facebooktwitterlinkedinmail
Published inAttualitàNews

2 Comments

  1. Marco

    Non credo sia fisicamente possibile (almeno per la fisica classica) andare contro al progresso, ma almeno riconoscere e correggere gli errori si. Per esperienza professionale ho avuto modo di costatare che per molti l’universo green è solo il vino nuovo negli otri vecchi (quando va bene) o una semplice facciata di necessità (quando va male).
    In effetti io non odio la CO2 però se ne mangio troppe rape poi sto male.

  2. duepassi

    Anch’io penso che ci sia un eccesso nel dipingere di verde un po’ tutto,
    e così scopriamo che per “l’impronta ecologica”, l’automobile sarebbe un’eresia,
    ma
    non vedo invece più una pubblicità di automobili che non vanti quanto la nuova auto sarebbe “ecologica”.
    Ho come l’impressione che ci stiamo prendendo in giro,
    gli uni vantando una ecosostenibilità che ci vorrebbe far vivere come nella preistoria,
    gli altri dipingendo di verde quello che “verde” non mi sembra sia.
    Sinceramente non credo che l’impronta ecologica sia qualcosa di ragionevole. Opinione strettamente personale, che potete non condividere. E quindi non credo che abbia senso correre appresso a miti che vanno contro il progresso, con tutto quello che significa, e che ho più volte scritto, e non ripeto ora, per non essere accusato di dire sempre le stesse cose.
    Non dovrei dunque indignarmi più di tanto se qualcuno fa finta di essere verde, perché sarebbe peggio per il pianeta se lo fosse davvero.
    Ma poi cosa vuol dire “verde” ? Possiamo chiamare “verde” un’ideologia, una politica, una filosofia che si scaglia proprio contro la CO2 ? Ma se non ci fosse la CO2, quanto verde ci sarebbe in questo pianeta ?
    La CO2 consente la fotosintesi clorofilliana. Senza di essa non ci sarebbe il verde delle piante, e delle loro foreste. Non ci sarebbe vita, su questo pianeta. Perché il verde di questa nostra amata Terra dove, sola, nascono le rose e cantano i menestrelli, è dovuto proprio alla tanto demonizzata CO2, e sarebbe ora che qualcuno ne prendesse atto, piuttosto che tentare di cavalcare la tigre di un ambientalismo che “pretende” di amare l’ambiente mentre invece si scaglia proprio contro una delle principali fonti di vita di questo pianeta.
    Secondo me.
    Guido Botteri

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Categorie

Termini di utilizzo

Licenza Creative Commons
Climatemonitor di Guido Guidi è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.
Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili presso info@climatemonitor.it.
scrivi a info@climatemonitor.it
Translate »