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Geoingegneria climatico-intestinale

Appena qualche giorno fa Claudio Costa ci ha deliziati con la notiziola uscita sul National Geografic circa il presunto effetto antropico preistorico, che i nostri antenati avrebbero generato facendo una colossale indigestione di Mammuth ed eliminando così il loro prezioso contributo all’effetto serra che allora, guarda un po’, il pianeta necessitava invece di temere. La curiosità, al di là dell’aspetto puramente congetturale di questa ipotesi, è piuttosto quella che vede l’autorevole rivista (?) abbandonarsi a considerazioni piuttosto ilari circa la provenienza anteriore o posteriore delle famigerate emissioni dei progenitori pelosi di Dumbo.

Devo però ammettere che pare proprio che questo approccio abbia fatto tendenza, perché appena ieri l’altro, leggiamo su La Stampa un altra “introspezione” a sfondo climatico, stavolta non già sulla paleo-terraferma, ma negli attuali oceani dell’emisfero meridionale. Ecco qua, le feci dei capodogli sarebbero un potente strumento di mitigazione dei cambiamenti climatici. Proprio così siore e siori, il ferro che pare abbondi nelle deiezioni dei cetacei, sarebbe, anzi, è, un potente fertilizzante, in grado di far proliferare le alghe di superficie a loro volta grandi catturatrici di CO2.

Nell’articolo, a mio parere faticando a trattenere il riso, si definiscono “eroici” i calcoli degli studiosi di turno, che avrebbero calcolato prima l’esatto ammontare della “produzione” di fertilizzante (posso immaginare l’eroismo di certe misure), poi i benefici per le alghe e infine la quantità di CO2 catturata, che risulterebbe doppia rispetto a quanto prodotto dagli stessi animali respirando. Il risparmio, ovvero il netto positivo, sarebbe (e qui scatta il paragone ad effetto come insegnano sul manuale del piccolo reporter) pari a quanto emesso da 40.000 auto.

Una piccola considerazione. Continuare a studiare il mondo animale è fondamentale, nel passato ed al presente. In fondo non sappiamo davvero granché sull’estinzione dei Mammuth e probabilmente ci sono tantissime cose da imparare ancora sui capodogli. Ma perché ci devono sempre mettere di mezzo il clima? Sarà mica perché così le ricerche passano più agevolmente la revisione e finiscono anche sui giornali? Voglio dare una mano anch’io, propongo di puntare alla clonazione dei Mammuth e di somministrare massicce dosi di lassativi alle balene per riottenerne i benefici climatici. Il tutto, naturalmente, si inquadra perfettamente nella geoingegneria climatico-intestinale, la nuova frontiera della scienza.

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Un commento

  1. Claudio Costa

    Io penso che ci siano in questa ricerca i soliti errori di fondo nella stima del bilancio del carbonio.
    Il carbonio prelevato dalle alghe poi sarà mangiato dai microrganismi che poi nutriranno in ultima analisi gli stessi capidogli, che riemetteranno lo stesso carbonio con il respiro e con le feci.(semplificando)
    Non conosco bene il ciclo ma non penso che il carbonio stoccato nelle alghe sia uno stock permanente, non penso nemmeno che questo stock temporaneo cambi la concentrazione atmosferica
    Come con le emissioni zoogeniche il paragone tra alghe marine e combustione di carburanti fossili ( autovetture) è inappropriato nonchè sbagliato!

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