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A passeggio tra i coralli

Li abbiamo visti in tenuta da sub riunire l’intero governo sott’acqua per siglare un appello che richiamasse l’attenzione delle nazioni più ricche, li abbiamo visti addirittura in lacrime a CO2penhagen di fronte all’amara realtà del nulla di fatto, sono gli abitanti degli atolli oceanici, cioè di quella piccolissima porzione del mondo che a detta di molti sarebbe la prima a subire i catastrofici effetti del riscaldamento globale, scomparendo tra i flutti di un mare sempre più alto. Così, Saufatu Sopoanga, Primo Ministro della nazione Tuvalu, all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 24 settembre del 2003:

“We live in constant fear of the adverse impacts of climate change. For a coral atoll nation, sea level rise and more severe weather events loom as a growing threat to our entire population. The threat is real and serious, and is of no difference to a slow and insidious form of terrorism against us.”

“Viviamo costantemente con la paura degli effetti negativi del cambiamento climatico. Per una nazione di atolli di corallo, l’innalzamento del livello del mare a eventi atmosferici più intensi sono una minaccia crescente per l’intera popolazione. La minaccia è reale e seria, e non differisce da una lenta e insidiosa forma di terrorismo contro di noi.” (enfasi aggiunta)

Terrorismo. Con le misurazioni del livello dei mari che indicano in quella zona un aumento di circa 120mm in sessant’anni, o, se si preferisce una media di 2mm l’anno. Praticamente un’inondazione! Però, il pericolo dicono sia reale, perciò giusto immaginare delle azioni di mitigazione, dei provvedimenti di adattamento e, soprattutto, delle generose erogazioni di fondi da parte dei colpevoli e malevoli inquinatori che invece abitano le ville in collina. Tutto giusto sì, come anche credo sia lecito cercare di capire effettivamente cosa stia succedendo.

Dunque, se il livello del mare sale le isole finiscono sott’acqua giusto? Ed è anche lecito immaginare che le coste si restringano sempre di più fino a sommergere completamente quei pochi metri di entroterra di cui questi atolli dispongono. Pensate che in tutti questi anni di allarmi, summit, riunioni subacquee, spedizioni di studiosi etc etc, a qualcuno sia venuto in mente di misurarli questi atolli, per capire se stanno effettivamente scomparendo sott’acqua?

La risposta è no, almeno fino ad appena pochi giorni fa. Ora finalmente ci hanno pensato due ricercatori che vivono e lavorano da quelle parti, usando dei rilievi di aerofotogrammetria e immagini satellitari su un campione di 27 isole e per periodi di analisi che vanno da un minimo di 19 ad un massimo di 61 anni. E, con loro grande sorpresa, ma soprattutto smentendo almeno per il campione in esame le fosche profezie di annegamento, hanno trovato che l’86% delle isole campione è rimasto stabile come dimensioni o è addirittura cresciuto, con un guadagno d’area che va da 0,1 a 5,6 ettari. Di contro, un pur non trascurabile 14% dei territori esaminati ha mostrato invece una diminuzione di superficie.1

Questi risultati, a detta degli stessi autori, sono in netta contraddizione con la teoria dominante, che vedrebbe un rischio di erosione continua ed inesorabile, mostrando invece che quei territori più che esserne in balia, sono in simbiosi con i mutamenti ambientali e dimostrano una sorprendente capacità di adattamento. La spiegazione sarebbe nei materiali di cui questi atolli sono fatti, ovvero nei resti di coralli che si staccano in continuazione dalle barriere fornendo un flusso costante di materia prima per riformare ed adattare le coste ai cambiamenti, di cui il livello dei mari è soltanto uno dei fattori.

Lo studio dimostra anche che i cambiamenti, pur se come si è visto sono in valore assoluto comuni alla grande maggioranza del campione esaminato, variano comunque in modo sensibile da un luogo all’altro, per cui è necessario che siano approfondite le dinamiche di cambiamento strettamente locali per immaginare strategie di adattamento efficaci, non per fronteggiare una minaccia di sommersione, ma per gestire dei cambiamenti ambientali che sono tipici di quelle zone.

Ah, dimenticavo. Questo studio dimostra anche che alla prova dei fatti (fatta col satellite, ma si poteva fare anche a piedi, magari contando i passi), gli allarmi erano e sono tanto per cambiare fuori luogo, per il semplice fatto che i maghi delle simulazioni nel progettare un mare sempre più alto e minaccioso, si sono dimenticati di mettere nel conto parecchi altri fattori importanti, tra questi quello non banale che il livello dei mari è cambiato molte volte in passato, ma a parte la catastrofe biblica del diluvio universale -che sono certo non si vorrà inserire nel novero scientifico – non si ha notizia di altri stravolgimenti quali quelli prospettati cui l’ambiente non abbia saputo adattarsi.

Addendum

Mentre scrivevo queste poche righe, mi è capitato tra le mani -grazie a quell’agenzia di stampa con le gambe dell’amico Fabio Spina – un post pubblicato su Terra, dal titolo Piccole isole crescono nel quale si affronta questa stessa notizia da un’altro punto di vista. Per carità, ognuno è libero di fare e pensare quello che vuole. Mi stupiscono però l’incipit e la fine del post, che pretendono di mettere l’accento su quella che chiamano una strana coincidenza, ovvero il fatto che questa analisi sia uscita mentre sono va in scena l’ennesimo non-negoziato sui cambiamenti climatici a Bonn.

Secondo quanto si legge su Terra, la strumentalizzazione di questa notizia potrebbe indurre qualcuno a rivedere la sua posizione. A me sembra che la sua posizione la dovrebbe rivedere soprattutto chi gridava al disastro è non si è mai preso la briga di andare a controllare, rappresentanti di quelle isole compresi. Evidentemente, per non disturbare il corso delle trattative, si dovrebbe evitare di fare della corretta informazione, cioè di dire le cose come stanno, altrimenti come si fa a tenere in piedi il castello del terrore? Meglio, molto meglio far uscire notizie sul declino dei ghiacci durante i negoziati, hai visto mai che con un piccolo aiutino si riesca a tirar fuori il ragno dal buco.

A mettere tutto a posto ci pensa l’autrice di questo post, ricorrendo anche al parere dell’esperto, il quale, secondo il canovaccio ormai sperimentato, dice candidamente che sì, si sapeva che le isole corallifere seguono il cambiamento del livello del mare e ad esso si adattano (si sapeva? Ma dai? Ma lo sapevano pure a CO2penhagen?), ma se la velocità di innalzamento dei mari dovesse aumentare e se l’aumento dell’acidità degli oceani dovesse aumentare non sappiamo come andrebbe a finire, o meglio sì, lo sappiamo, finirebbero sott’acqua, proprio come ha previsto l’IPCC. Amen.

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  1. The dynamic response of reef islands to sea level rise: evidence from multi-decadal analysis of island change in the central pacific – Arthur P. Webb and Paul S. Kench – Science Direct – DOI: 10.1016/j.gloplacha.2010.05.003 []
Published inAttualitàNews

10 Comments

  1. […] ClimateMonitor ci spiega che le Maldive (e tutti gli altri atolli del mondo) non si sono accorti che stanno per essere sommersi dai ghiacci che si sciolgono, anzi: sono persino aumentate! […]

  2. uberto

    beh visto che gli atolli si sono formati sulla cima di vulcani man mano che questi sprofondavano negli abissi, mi pare abbastanza chiaro che gli atolli in se sono abbastanza capaci di sopravvivere alle normali fluttuazioni climatiche del nostro pianeta.
    Che siano in grado di sopravvivere a violenti cambiamenti antropocentrici e’ meno evidente… specie se sugli atolli ci fanno i villaggi turistici (peraltro stupendi).
    Assumendo che il cambiamento antropocentrico esista, quardare i dati del passato e’ come buttarsi dal grattacielo e dire: “beh se sono passato dal 20 piano al 1 senza problemi non mi preoccupo di passare dal primo a piano terra” 😉
    Ma in fondo e’ il motivo di questo blog… contestare la teoria dominante sul riscaldamento globale per cause antropocentriche.

    • Uberto,
      questa similitudine mi piace molto. Sono un po’ perplesso però circa la “violenza” dei cambiamenti antropogenici. Voglio dire, la faccenda, piaccia o no, è tutta da dimostrare, perché di violento sin qui c’è stato solo il dibattito, non certo il clima che se ne frega di noi. Certo, le “previsioni” ci dicono che questi cambiamenti antropogenici saranno violenti, perché questo accada dobbiamo però passare per alcuni punti obbligati. Uno di questi è quello che dovrebbe vedere le isole perdere superficie man mano che il mare sale. A quanto pare, per il campione in esame (che non so quanto possa essere rappresentativo ma è già qualcosa, visto che altri non si sono peritati di fare misure) così non è. Questo attenua non poco la “violenza” del cambiamento, sia esso antropogenico o meno. Mi viene il dubbio che possa saltare la similitudine, e quello sfortunato uomo che precipita possa finire sul serio per arrivare a terra incolume, semplicemente perché non sta precipitando.
      Quanto al motivo di questo blog, ti ringrazio per avercene affibbiato uno, sono tre anni che lo cerchiamo e non riusciamo a trovare qualcosa che ci soddisfi. 🙂
      gg

    • uberto

      Giusto per chiarire: seguo questo blog per la sua onesta’ e transparenza.
      Per contestare non intendo in senso pregidiziale ma in senso scientifico: e’ ingenuo pensare che scienziati che si sono fatti una carriera sull’ipotesi “terra piatta” siano obiettivi nel testarla contro l’ipotesi “terra tonda”. Benvenuto quindi a chi solleva critiche scientifiche alle tesi dominanti.

      Purtroppo nel merito io non ho molto da dire non essendo affatto esperto nel ramo, ma posso fare qualche chiosa sui ragionamenti logici se li trovo manchevoli. 🙂

      I problemi “sociali” col riscaldamento globale sono moltissimi, da scienziati con l’atteggiamento “tengo famiglia” che pubblicano solo dati favorevoli al proseguimento della loro carriera, alle compagnie legate alla produzione di energia che fanno lobbying contro qualsiasi taglio della produzione di CO2.

      I dati fanno spesso la parte di cenerentola… come in tanti altri campi del resto.

    • uberto

      Nel merito sono perfettamente d’accordo che ad oggi non c’e’ stato nessun “violento” cambiamento del clima. Del resto ci fosse stato qualcuno sarebbe in grado di mostrare dei dati significativi invece che discutere di proiezioni future.

      D’altra parte l’uomo sta effettivamente e oggettivamente cambiando l’ambiente. Non solo con la CO2 ma molti altri gas, deforestazione, utilizo delle risorse idriche ecc.
      Quindi in definitiva sono contento che la faccenda sia seguita molto attentamente. Sono scettico sui comunicati allarmistici. 🙂

    • duepassi

      Non posso certo parlare a nome del ten. colonnello Guidi, ma lo seguo con molta attenzione da molto tempo, e ho avuto prova della sua estrema apertura alle argomentazioni di chiunque abbia una tesi scientifica e dati seri da proporre.
      Penso di poter dire quindi che la sua ultima affermazione “Ma in fondo e’ il motivo di questo blog… contestare la teoria dominante sul riscaldamento globale per cause antropocentriche.” sia destituita di fondamento.
      Qui non si fa quadrato su una tesi precostituita, qui si discute con schiettezza e senza alcun pregiudizio mentale su tutto ciò che fa (o si suppone faccia) clima.
      Sulla base di analoghe situazioni accadute in passato, penso di poter dire che Lei qui è il benvenuto, come chiunque abbia qualcosa di costruttivo da dire.
      Gli uomini di scienza non sono avvocati, che devono difendere delle posizioni prestabilite…dei clienti.
      Gli uomini di scienza hanno certamente delle idee, che li indirizzano verso linee di indagine che sembrino loro più promettenti, ma sono attenti alla risposta che viene loro dai dati, e pronti a cambiar la teoria, se essa non spiega i dati.
      Per questo, le iniziali idee possono essere anche molto diverse, ma se c’è amor di verità, e rispetto dei riscontri e delle risultanze sperimentali, credo che le idee di tutti coloro che sono sinceri amanti del sapere finiscano per avvicinarsi un giorno, anche avendo percorso rotte diverse.
      Non è importante da dove si parte, ma dove si arriva, ed è importante non legarsi, non incollarsi alle ipotesi di partenza.
      Secondo me.

  3. Bertozzi Davide

    Quoto in pieno tutto quello detto dal molto saggio duepassi riguardo
    all’OCCIDENTE ed al PROGRESSO(CHE ALCUNI SEDICENTI AMBIENTALISTI tanto
    criticano).Se asistesse la macchina del tempo,si pentirebbero di averla utilizzata anche per soli 50 anni indietro!

  4. Giampiero Borrielli

    Ogni qualvolta si parla di atolli, i dodici neuroni che mi sono rimasti attivi continuano a fare riferimenti al fatto che già negli anni settanta si parlava di una lenta e inesorabile loro scomparsa a causa dell’erosione marina e di quel fenomeno chiamato, allora, bradisismo…teoria poi in parte corretta suggerendo la possibilità che la configurazione degli atolli, piuttosto che ad un approfondimento di un’isola, sia dovuto ad un innalzamento del livello marino successivo ad un periodo glaciale. Negli anni appena trascorsi, dopo studi approfonditi, si scopre che in realtà gli atolli stanno scomparendo per colpa dell’uomo, leggere AWG…Adesso si afferma che in parte stanno scomparendo e in parte stanno crescendo…più affascinante di una telenovena sudamericana!!!!

  5. duepassi

    L’Occidente gli ha detto, per voce della Scienza ufficiale, e di famosi premi nobel (come Al Gore), che il livello dei mari crescerà e che è colpa dell’Occidente.
    Sarà opportunistico, sarà poco scientifico, sarà furbetto da parte loro, ma per lo meno chiedere soldi a chi si batte il petto gridando a tutti i venti d’essere assai colpevole, mi sembra quasi conseguenziale…
    Niente niente, l’Occidente, oltre a dichiararsi distruttore del pianeta, sganciasse anche bei soldini ?
    Ci provano.
    E per lo meno è una posizione a vantaggio proprio.
    Mi amareggia molto di più l’accanimento di altre persone (occidentali) nel condannare l’Occidente.
    Hanno capovolto la realtà, e viene presentato come una colpa quello che è un merito, il progresso.
    Abbiamo spiegato più volte, ma forse non è mai abbastanza, che il progresso ha permesso la nascita dei diritti, una vita più lunga, assistenza sanitaria, assistenza ai disabili, sindacati, pensioni, tempo libero, mestieri non strettamente produttivi, più cibo, più possibilità di muoversi, di studiare, di conoscere, leggi a difesa dei più deboli, salvataggio di specie in estinzione, democrazia, libertà… e potrei continuare a lungo citando cose che non troverete mai nel mondo delle foche o degli orsi, se non ad opera di quell’odiata specie umana che, unica, si occupa anche dei “diritti” degli altri animali.
    Ed è l’unica che un domani, a patto di ulteriori progressi, potrebbe porre rimedio alla minaccia di asteroidi che avessero una traiettoria che li porti ad impattare sulla Terra.
    Non è certo de-sviluppando che si potrà evitare quel pericolo…e se applichiamo, anche qui, il “principio di precauzione”, se ne deduce che dobbiamo far progredire, e non de-sviluppare, se vogliamo veramente salvare il pianeta.

    E allora, se invece l’Occidente accusa il progresso, accusa sé stesso, pretende di star distruggendo il pianeta,
    è normale che gli altri bussino a soldi. Normale.
    Pensavo che le vittorie del progresso fossero così evidenti da essere innegabili, ma le forze conservatrici, rispolverando argomenti usati fin dalla notte dei tempi, riescono a negare anche l’evidenza, e la gente gli presta ascolto.
    Pensavo che il concetto della Natura che si scatena per colpa dell’uomo, e si ribella e vendica, fiosse un retaggio dell’oscurantismo preistorico o medievale.
    Ma è tornato in auge, e dagli atolli se ne sono accorti e, a loro vantaggio, battono cassa.
    Come dargli torto ? Solo perché quel che dicono non è vero ?
    Secondo me.
    Guido Botteri

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