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Lo stato dell’arte

Nei giorni scorsi è stato reso disponibile per il download il Workshop Report del World Modelling Summit for Climate Prediction tenutosi nel maggio scorso presso il Centro Europeo per le Previsioni a Medio Termine (ECMWF Reading – UK). Si tratta di un documento interessante che fa il punto di situazione sull’attività di prognosi del clima, evidenziandone le attuali difficoltà ed inadempienze e tracciandone le linee future.

 Nel documento è evidenziata l’attuale impossibilità di disporre di modellizzazione affidabile, specie nell’ambito del clima. In particolare colpisce un’affermazione contenuta nel testo: “un giorno di previsione errata incide negativamente sulla media scadenza delle previsioni numeriche, quanto l’errata conoscenza del comportamento di una stagione incide sull’attendibilità delle previsioni climatiche”. Attualmente i modelli di simulazione del clima – non così per i modelli di previsione stagionale - non sono inizializzati con una situazione di partenza reale, nè possiedono gli strumenti per simularne l’evoluzione.

Una difficoltà generata dall’indisponibilità di sufficiente potenza di calcolo da un lato e dal basso livello di comprensione scientifica delle dinamiche del sistema dall’altro. Ora, se queste difficoltà sono note a quanti si occupano di portare avanti la scienza della prognosi del clima, il workshop è stato patrocinato infatti dall’OMM e da numerose altre agenzie di pari autorevolezza, come è possibile che altri considerino questa scienza ormai tanto progredita da poter fornire le basi di importanti scelte politiche? Da dove scaturisce la certezza di una consistente parte del mondo scientifico in materia di cambiamenti climatici? Questo report, è una presa di posizione volta solo a sollecitare un impiego di risorse ancora superiore o è una descrizione dello stato dell’arte?

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19 Comments

  1. Per Fiori: mi dispiace ma mi sembra che stiamo girando ancora intorno al nocciolo del problema. Il “comportamento emergente” per esempio non e’ semplicemente la soluzione completa di tutte le equazioni coinvolte. Altrimenti saremmo punto e daccapo, e il Santa Fe Institute solo uno sponsor per costruire calcolatori sempre piu’ grandi. La simulazione e’ solo un sottoramo della “scienza” dello studio dei sistemi complessi.

    Giusto per essere chiaro, questo discorso si rifa’ alla domanda “altrimenti come si fa a ‘capire’”. Si fa, si fa. Con le simulazioni, ma non solo con le simulazioni.

  2. Lorenzo Fiori

    Certamente non è solo la ‘computazione’ la caratteristica di questi ‘sistemi complessi’, ma anche la stesura delle varie equazioni (differenziali e alle derivate parziali non-lineari) e l’individuazione dei vari feedback:
    di certo il famsoso ‘comportamento emergente’ di questi sistemi può essere dedotto dalla risoluzione ‘in toto’ del sistema di equazioni che lo descrive ovvero dalla simulazione di tutto il sistema e non certo a mano bensì al calcolatore…

    Le stesse equazioni differenziali alle derivate parziali nascono in ambito fisico-matematico già alla fine del ‘700. Tali equazioni, e qui bisogna ricordarlo, sono di natura ‘non-lineare’ e come tali non hanno una risoluzione ‘analitica’, se non in casi troppo semplificati, per cui è assolutamente necessaria una risoluzione ‘numerica’ al calcolatore…

    Resta il fatto comunque che questi ‘sistemi complessi’ sembrano applicarsi meglio ai ‘sistemi fisici’ che non a quellli economici per ovvi motivi di modellazione…

  3. Maurizio Morabito ha perfettamente ragione, ed anzi lo ringrazio perchè ha toccato un tema molto poco dibattuto (il lavoro dell’SFI è qualcosa di immenso!). Io, per esempio, ho seguito il processo inverso, dai sistemi matematici complessi applicati in economia (ad esempio la modellazione tramite agenti), una volta resomi conto delle somiglianze, mi sono appassionato ai sistemi complessi “più fisici”, come ad esempio quelli sviluppati in campo climatologico.

    C’è da dire, inoltre, che molta della matematica insita in questi modelli è transitata prima dalle applicazioni in campo socio-economico, per poi approdare in campo climatologico. Infine, una nota storica. L’evoluzione di tali modelli segue l’evoluzione del sapere umano. Tra la fine del XIX° secolo e l’inizio del XX° l’economia era tanto deterministica quanto la fisica e le scienze in genere. Poi arrivarono i principi di indeterminazione… si sviluppò piano piano il concetto di caos (maturato definitivamente mezzo secolo più tardi), ma in ogni disciplina andava diffondendosi il concetto di entropia, tutte le scienze incluse, nessuna esclusa.

  4. Lorenzo Fiori

    Per quanto riguarda Galileo, Neewton, Faraday, Maxwell si è trattato di scoprire singole leggi o singoli comportamenti (meccanica e elettromagnetismo): la legge trovata di per sè è un ‘modello’ del fenomeno e consente anche la sua semplice prognosi con carta e penna…
    Per i ‘sistemi complessi’ la cosa è molto più complicata perchè se da un lato la stesura delle varie equazioni diciamo è cosa fatta, la loro computazione ‘in toto’ necessita dell’uso dei calcolatori più potenti al mondo.
    Come pensa che si faccia per i ‘modelli meteorologici’ altrettanto complicati e non-lineari…?
    Ma in ogni caso l’equazione o il ‘sistema di equazioni’ rappresentano comunque il ‘modello’ del fenomeno singolo o del sistema…

  5. > altrimenti come si fa a ‘capire’

    Chissa’ come hanno fatto gli scienziati per quasi quattrocento anni da Galileo in poi senza modelli al calcolatore? I modelli possono aiutare a capire il clima. Ma il fine e’ capire, non modellare. Modellare e’ un mezzo, cosi’ come fare esperimenti di natura pratica nel mondo reale.

    Sulla computazionalita’ del clima, davvero pensa che i “risultati futuri” siano prevedibili adesso? Le consiglio di rileggere Castellari il quale, e meno male!, non arriva certo a commettere un tale errore. Basti dire che un paio di Pinatubo a distanza ravvicinata intorno al 2020 sarebbero sufficienti a buttare per aria ogni modello fatto girare nel 2009 per il 2030.

    Orbene se un sistema cosi’ complesso, non lineare e dotato di innumerevoli feedback negativi e positivi e’ pur tuttavia computabile, allora si’ che si sarebbe fatta la scoperta del secolo. In campo matematico.

  6. Giusto, mettiamoci comodi e soprattutto ben coperti perchè il GW incalza e rischiamo di congelare 🙂
    gg

  7. Lorenzo Fiori

    Ma guardi che per proprio per ‘capire’ il clima ovvero pesare ‘componenti antropiche’ e ‘componenti naturali’ per forza di cose dobbiamo modellizzarle, creare dei modelli e farli girare, altrimenti come si fa a ‘capire’ ad esempio fino a che punto influiscono sul clima i Cicli Oceanici, il Sole ecc…: se non siamo in grado di dire neanche questo allora possiamo ipotizzare che tutto o niente influenzi il clima:
    di certo allora il sistema climatico non sarebbe veramente ‘capito’, almeno nel sua storia passata, poi nella prognosi magari il discorso cambia, ma è un’altro discorso…

    Sulla ‘computazionalità‘ del clima immagino che faranno fede o meno i risultati futuri dei modelli, quindi basterà aspettare…

  8. Non sono d’accordo con Lorenzo Fiori. Ho proprio l’impressione che il problema del clima sia “computazionalmente irriducibile”, cosi’ come si sta dimostrando “regionalmente irriducibile”. Possiamo buttare tutto l’hardware del mondo contro problemi come quello del Commesso Viaggiatore, ma alla fine faremmo meglio a renderci conto che non tutto e’ calcolabile.

    I modelli che esistono, insomma, fanno gia’ praticamente tutto il possibile. Ho anche l’impressione che i modellisti climatici di professione si siano gia’ resi conto di questo limite.

    Il fine ultimo dal punto di vista scientifico, comunque, e’ capire il Clima. Prevederlo (a decenni) e’ gia’ uno sport per politici e politicanti.

  9. Lorenzo Fiori

    Si, penso proprio che verrà fatto (altrimenti non sarebbe una previsione, ma solo uno ‘scenario’) e penso che alla lunga verranno inserite anche tutte le ‘forzanti naturali’ (Sole e Oceani) che tanto piacciono ai ‘negazionisti’, magari proprio per prevedere le benedette variazioni decadali, con somma felicità per tutti…

    Insomma il fine ultimo è ‘prevedere il Clima’, non fare sempre polemica…o sbaglio?

    Certo è che, senza ‘Modelli’, potremmo costruire tranquillamente una ‘Scienza del Nulla’ fatta solo di chiacchere e niente di utile, ma questo i ‘meteorologi’ lo sanno eccome…

  10. Caro Maurizio,
    secondo me è anche peggio, perchè nei modelli climatici i modelli finanziari ci sono già. Le stime sulle emissioni sono delle ipotesi di andamento economico. Chissà se qualcuno si toglierà lo sfizio di controllare quanta CO2 in meno sarà emessa di qui in avanti causa calo della produttività industriale ed aggiornerà i famosi apocalittici scenari. Giuro che se il rateo di crescita del “venefico” gas non subisce alterazioni rido per un anno di seguito, perchè:
    1. Fantomas sarà smascherato;
    2. Potrebbe sorgere il dubbio che la crescita sia in gran parte naturale (ma qualcuno sarà già pronto a dire che il sistema ha grossa inerzia e dobbiamo aspettare un tot di decadi).
    gg

  11. L’intervento di Castellari non e’ che sia poi cosi’ impressionante.

    Dice che il 2008 non e’ stato freddo perche’ cosi’ non appare guardando gli ultimi trenta anni…mi sembra un argomento un po’ ingenuo se non furbetto, perche’ tutti sanno che la correlazione delle temperature fra un anno e l’altro e’ altissima: e’ molto improbabile che cambino in maniera cosi’ repentina.

    Anche all’epoca del raffreddamento dello Younger Dryas, sono sicuro che da un anno all’altro non ci fosse poi cosi’ tanta variabilita’.

    La parte sui ghiacci artici si dimentica il piccolo particolare del record di ghiacci antartici di pochissimo tempo fa. E uno sguardo al Polo Nord dovrebbe bastare per capire che cio’ che manca a Gennaio e’ il ghiaccio intorno alla Kamchatcka…ce ne fosse uno pero’ disposto a verificare cosa stia succedendo da quelle parti?

    Le “Previsioni di Secondo Tipo” di Castellari infine non sono “Previsioni” ma analisi di sensitivita’. E’ per questo che sono indipendenti dallo stato iniziale. Come ha gia’ affermato Gavin Schmidt su RealClimate, si tratta di studi che non hanno a che fare con la realta’, ma con la ricerca di come migliorare…i modelli climatici!

    http://www.realclimate.org/index.php/archives/2008/01/uncertainty-noise-and-the-art-of-model-data-comparison/

    Perche’ non hanno a che fare con la realta’? Perche’ presuppongono che tutto il resto rimanga costante, e cambi solo questa o quella forzante. Ma e’ chiaro (anche a Schmidt) che nel mondo reale cio’ non sara’ mai possibile.

    Infatti Castellari li chiama prima Previsioni poi Proiezioni per finire con Scenari (il termine appropriato, per chi studia analisi del rischio). E finisce con l’ammettere che di Proiezioni del Primo Tipo (quelle vere, che ci direbbero in qualche modo quale clima aspettarsi fra dieci o venti anni) non se ne possono fare.

    Il che vorrebbe dire, se ci fosse qualche politico in ascolto, che i Modelli Climatici valgono come i Modelli Finanziari che hanno portato il mondo nello stato di (sarcasmo)benessere e tranquillita’ in cui e’ al momento(/sarcasmo).

  12. “i tuoi amici”?? Ma non era Guidi quello che starebbe paventando complotti?

    Sull’attribution c’e’ una bella conferenza a breve a Copenhagen, 10-12 Marzo…staremo a vedere.

  13. Eccomi qua, nel rispetto del gentleman agreement cui hai giustamente fatto riferimento. Di queste cose potremmo come sai discutere all’infinito senza trovare molte risposte e questo non fa che confermare quanto ancora ci sia da imparare.
    Aggiungerò solo poche cose che forse c’entrano poco.
    Lungi da me pensare che tu possa aver barato, quella che discuto è la base concettuale su cui poggiano le scelte iniziali. Quella base è confutabile ed ampiamente confutata, sarebbe semplicemente bello che questo fosse tenuto in considerazione, ma non al mio livello (molto piccolo) e nemmeno al tuo (decisamente più grande), bensì dove si originano i documenti che orientano le scelte politiche. Questo forse le renderebbe più difficili e meno comprensibili, ma certamente più ponderate.
    Dell’ironia mi scuso, ma come sai è semplicemente il mio modo di esprimermi, per non correre il rischio di prendermi troppo sul serio. La retorica (nel senso letterale del termine) non è un peccato ma non è neanche nel mio stile, e sai anche questo.
    Di sicuro non credo di appartenere nè di dover alimentare l’appartenenza ad alcun gruppo. Semplicemente cerco di capire, come tutti noi del resto.
    Infine il blog. Questa non è la prima volta che ci scambiamo opinioni anche vivaci e di questo sono felice, perchè quello che cerco con questo esperimento è il confronto, che è più stimolante se acceso e controverso. Ma questo genere di comunicazione è libera e purtroppo può capitare anche di essere ingiustamente, pretestuosamente ed ineducatamente attaccati. Sinceramente non sono a conoscenza di quanto mi hai riportato e non capisco perchè tu debba pensare che quanti intervengono negativamente sul tuo blog debbano essere miei amici. Semplicemente non lo sono, nè vorrei che lo fossero, non c’è divergenza di opinioni che tenga, perchè in ogni caso ti sono amico.
    gg

  14. Senti,
    nei modelli non è che i parametri si possano adattare a piacimento… Ci sono le leggi della fisica che vincolano a determinati valori.
    In ogni caso, so bene che questi modelli sono attaccabili perché non forniscono una ricostruzione univoca del sistema clima. Per questo ed altri motivi sai che ho ritenuto di dover seguire una strada diversa per l’attribution, ma, guarda caso, ho ottenuto risultati molto simili a quelli dei GCM, e cioè che negli ultimi 140 anni le forzanti antropogeniche sono state dominanti nell’influenzare l’andamento della temperatura globale.
    E non mi dire che ho “barato”…
    Noto dell’ironia nella seconda parte della tua risposta… Cos’è una stasi di 10 anni (che c’é solo se si considera come partenza il 1998 – anno assolutamente anomalo e dall’enorme ENSO): un trend climatico o una fluttuazione climatica? L’OMM ci consiglia di aspettare 30 anni prima di pronunciarsi e, dato che tu sei un po’ più giovane di me, potrai sicuramente dire che mi sono sbagliato. Del resto, il tempo cronologico è galantuomo, mentre, come diceva Michele Conte, il tempo meteorologico fa quel c…. che gli pare… (ma il clima forse no, se ci mettiamo lo zampino noi e lo “forziamo” dall’esterno…).
    Infine, caro mio, rifugiarsi nell’ironia o nella retorica è da avvocati che partono da un preconcetto e devono dimostrare a tutti i costi una determinata tesi con l’eloquio, l’ironia e con argomenti di impatto ma, magari, di scarsa consistenza se analizzati al di fuori dell’onda emozionale del momento o al di fuori del gruppo a cui si appartiene… Tu, mi pare, hai un’istruzione di stampo più scientifico, dunque…
    Con questo chiudo perché qui tu sei il padrone di casa e un classico gentleman agreement prevede che tu abbia l’ultima parola (cosa che spesso i tuoi amici stentano a rispettare sul mio blog, dove si susseguono commenti e attacchi senza fine…).
    Un caro saluto
    Antonello

  15. Non c’è alcun dubbio che di attribution tu ne sappia più di me, è per questo che non dovresti avere difficoltà ad ammettere che la ricostruzione del passato cui sono stati sottoposti i GCM per testarne lo skill, ha dato buoni frutti solo dopo accurato tuning di effetto antropico secondo le dosi ritenute necessarie e secondo parametri di sensibilità climatica su cui c’è ampio e controverso dibattito. Non è una questione di falsificazione: sarà lecito chiedersi perchè su base decadale (poco ma non così tanto poco, come poco ma non così tanto di più è la base trentennale del secolo scorso) detti GCM siano andati del tutto fuori strada? Siamo tutti d’accordo che dobbiamo attendere che il clima si adatti alla previsione e torni sulla retta via prospettata dai GCM, ma ora non è così.
    Quanto alla comprensione della differenza tra tempo e clima ed ai rispettivi strumenti di studio, c’è in effetti scarsa volontà di imparare. Molti continuano ad essere convinti che sia l’occorrenza statistica di tipi di tempo a fare il clima; per fare un esempio una decina d’anni di temperature che non crescono descriverebbero un breve periodo di stabilità climatica e non meteorologica del suddetto parametro. E invece non è così, il tempo è quello che è, difficilmente “falsificabile”. Il clima (quello vero, quello descritto dai GCM) possiamo permetterci di adattarlo, basta utilizzare i convenienti strumenti d’indagine.
    gg

  16. Negli studi di attribution (cioè di validazione nel passato) non mi pare che i risultati siano così distanti dalla realtà.
    Per quanto riguarda le proiezioni future, bisogna capire che i GCMs IPCC-like non aspirano a documentare una variabilità interannuale o decadale, ma a fornire un trend, proprio perchè sono fatti così – come dice bene Castellari. I nuovi modelli potranno farlo solo se verranno “assimilati” i pattern di variabilità naturale, come ENSO. Un esempio che ha fatto molto scalpore dalle “vostre parti”, ma che ho discusso in dettaglio:
    http://antonellopasini.nova100.ilsole24ore.com/2008/05/riscaldamento-g.html
    mostra come questi “inserimenti” possano rendere conto anche di eventuali fluttuazioni di variabilità naturale che vadano a sovrapporsi ad un trend di cambiamento globale.
    Speriamo vivamente che questi modelli vedano la luce in futuro e, per favore, nel frattempo non cerchiamo di falsificare i modelli attuali con i dati di fluttuazioni interannuali o decadali, perché queste non li falsificano, dato che i GCMs non hanno alcuna pretesa di riprodurle…
    Cari meteorologi o meteofili, vogliamo capire una volta per tutte la differenza tra tempo e clima e i metodi che si utilizzano attualmente per studiarli?

  17. Caro Antonello bentornato!
    Spero mi vorrai perdonare la più o meno libera traduzione, ma sottoponendo anticipatamente alla citazione il download del documento ritengo di aver comunque consentito a chiunque volesse accertarsi e/o approfondire di valutare altrettanto liberamente il contenuto del documento stesso. Nessuna arbitraria estrapolazione dunque, quanto piuttosto un relata refero di ciò che aveva destato la mia attenzione. Può darsi che la mia libera traduzione mi impedisca di comprendere il senso del discorso, ma mi sembra che il paragone tra NWP e GCM reso nella frase serva proprio da premessa alla successiva raccomandazione che i GCM siano correttamente inizializzati. Ora, se si asserisce che dovrebbero essere correttamente inizializzati, vuol dire che ora non lo sono, o no?
    In effetti, quella che tu definisci una “ipotetica elaborazione” nel documento è invece una raccomandazione (anche piuttosto incisiva) che in futuro i GCM del tipo IPCC-class siano soggetti ad una corretta inizializzazione. In pratica che partano da una situazione reale e non ipotetica dello stato iniziale del sistema. Questo forse li avvicinerebbe, per dirla con Castellari, più alle previsioni di primo tipo (pur con tutte le note difficoltà), ma magari avvicinerebbe anche gli output alla realtà. La domanda potrà sembrare retorica ed in effetti forse non può avere risposta, ma quale potrebbe essere il comportamento di un GCM inizializzato con paramentri di sensibilità climatica “osservati” e non ipotizzati? In poche parole, vedremmo ugualmente la proiezione e l’osservazione seguire path differenti?
    gg

  18. Scusa Guido,
    ma non puoi estrarre una frase (tradotta più o meno liberamente) senza specificare il contesto in cui è inserita…
    La frase che riporti è riferita all’ipotetica elaborazione di un modello ai valori iniziali che getti un ponte nella frattura che c’è attualmente tra modelli meteorologici e climatici. Non si riferisce ai modelli climatici attuali (quelli IPCC per intendersi), che, come ben spiega Castellari in una sua nota:
    http://www.climalteranti.it/?p=100
    sono problemi ai parametri e non ai valori iniziali.
    Detto ciò, il documento mostra bene il dibattito interno alla comunità scientifica mirante al miglioramento dei modelli: potete vedere quali siano i temi in discussione…

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