Qualche settimana fa abbiamo parlato di un intervento di Bret Stephens circa la necessità di ricorrere al più presto ad una nuova forma di paura globale, immancabile strumento di intrattenimento delle masse, sollazzo dei media e utensileria politica. Oggi vi segnalo un articolo di Pier Luigi Battista uscito sul magazine settimanale del Corriere della Sera che parte più o meno dalle stesse assunzioni, ma si spinge anche un po’ oltre, puntando il dito sulle spericolatezze di una certa parte del mondo scientifico, usa emettere vaticini catastrofici che puntualmente -per fortuna- non si avverano.
Come direbbe il Trap, “sono completamente daccordo a metà”. Se da un lato infatti è innegabile che spingere la propria immaginazione oltre il consentito fidando nella disponibilità di chi ascolta grazie al proprio status di “studioso”, è ormai diventata una moda perché apre le porte della notorietà, è pur vero che spesso a fare il danno più che gli studiosi sono i loro interlocutori mediatici, che spesso, più dei loro antenati strilloni, hanno solo la fortuna di poter usare la posta elettronica ed i contenuti multimediali.
Non di meno, oserei dire, sono responsabili quelli che queste panzane se le bevono, senza perdere neanche un minuto a cercare di approfondire, magari approfittando proprio degli innumerevoli strumenti d’indagine personale oggi disponibili.
Ad ogni buon conto, è un fatto che quello di cavar fuori dal cilindro emergenze globali a ritmo serrato è ormai un modus operandi. Ben venga la penna di Battista a ricordarcelo, la cui chiosa è decisamente imperdibile. Tra le mille catastrofi annunciate e mai arrivate, l’unica che resiste è la fine delle mezze stagioni. Una perla.
Sii il primo a commentare