Una scelta di marketing apparentemente vincente, che ha visto il trionfo del merchandising attraverso l’invasione di orsetti di peluche, portachiavi, oggetti e stoviglie di ogni genere, tutti con l’effige di questa simpatica famiglia di orsetti. E invece è stato il classico boomerang. Sarà l’avversione per una delle multinazionali più odiate ed al tempo stesso amate nelle sere d’estate, però dando tanta visibilità ai plantigradi delle alte latitudini hanno fatto un bel danno.
L’ursus maritimus – orso polare per gli amici- è diventato l’icona del riscaldamento globale, il classico canarino nella miniera, le cui tristi vicissitudini tracciano il percorso senza ritorno della catastrofe climatica ad opera dell’uomo. Ma sarà proprio così? Come spesso ci capita di apprendere, al riguardo si può dire tutto ed il contrario di tutto. Però alcuni sono molto più bravi di altri a dir la loro, per cui siamo tutti convinti che gli orsi polari siano -passatemi il termine- alla frutta e, se non ci facesse così caldo, saremmo tutti disposti ad ospitarne uno in giardino.
Vengo al sodo. Nei giorni scorsi è uscito l’ultimo rapporto del WWF “2010 and Beyond, rising to the biodiversity challenge“; ne abbiamo sentito parlare perchè la notizia contenuta nel rapporto che negli ultimi anni la Terra avrebbe perso il 30% della sua biodiversità , ha giustamente trovato asilo su tutti i giornali. Tra le specie marine sotto osservazione non poteva mancava il nostro amico orso, e così scopriamo che in Russia, tra le mille difficoltà indotte dal riscaldamento globale, dovranno anche fare presto (non così tanto però) a meno della sua compagnia. Quando si dice il caso. Proprio in questi giorni mi è capitato di leggere l’ultimo libro di Riccardo Cascioli (calma, tornate sulle vostre sedie), nel quale la faccenda degli orsi è spiegata abbastanza bene, per il tramite delle argomentazioni di un altro diavolo di scettico, tale Bjørn Lomborg (d’accordo, restate pure in piedi) ex attivista di Greenpeace, che ultimamente si è ricreduto su parecchie cose ma non sulla sua passione per l’ambiente, per quanto ne dicano i suoi moltissimi detrattori.
Dicevo, gli orsi. Sui documenti disponibili sul sito del WWF (che trovate qui e qui) la situazione descritta è piuttosto grave, ben cinque delle diciannove specie di orso polare sarebbero in declino. Proviamo ad approfondire con l’aiuto di Lomborg. Nel1960 gli orsi erano più o meno 5000, oggi si stima siano 25000; due gruppi sono in aumento, due sono in declino e gli altri per lo più sono stabili o non hanno fatto sapere. La nostra attenzione va dunque alle due popolazioni in fase di diminuzione, delle quali una è in Russia in una zona dove attualmente sta facendo più freddo (danno collaterale dell’AGW ovviamente) e l’altra è in territorio canadese dove più che il caldo possono le doppiette, visto che con la caccia legale ne uccidono 49 esemplari l’anno. Almeno fino a ieri, visto che proprio pochi giorni fa anche gli Stati Uniti hanno deciso di includerli tra le specie protette. In effetti Al Gore si era già concentrato su questo sfortunato gruppo di testimonial della Coca Cola, dopo averne avvistati 4 uccisi da una tempesta (altro danno collaterale dell’AGW). Ma sembra che a convincerli siano finalmente stati gli esiti delle ricerche sul riscaldamento globale e lo scioglimento dei ghiacci artici. Priorità uno: costruire alcune migliaia di chilometri di passerelle per impedir loro di affogare. Un team di esperti è già a Venezia per apprendere la tecnica. Chissà che in questo modo non si riesca a far tacere almeno le doppiette.
Già perchè se è con l’arresto del riscalamento globale che si vorrebbe intervenire la vedo dura. Ancora qualche dato. Nel 1980 gli orsi di questo gruppo erano ridotti all’esiguo numero di 500 esemplari. Ora apprendiamo che dal 1987 al 2004 sono scesi da 1200 a 950; ciò significa che in 25 anni la popolazione è raddoppiata. Ma pensiamo piuttosto al recente declino e, proiettili a parte, ammettiamo che sia causato dal cambiamento dell’habitat dovuto al riscaldamento globale; spegnendo il forno ora si potrebbero salvare 15 orsi l’anno. Ovviamente non è possibile, quindi ricorriamo al Protocollo di Kyoto e ci accontentiamo di salvarne 0.06 ogni 365 giorni.
Direi che si è perso di vista l’obbiettivo. La regola numero uno quando si vuole raggiungere un risultato è non confondere il percorso che ci porta al successo con lo scopo dei nostri sforzi, altrimenti l’obbiettivo si allontana. Questa regola sembra non essere più valida, ma del resto qui non stiamo cercando di migliorare le nostre condizioni di vita su questo pianeta, stiamo soltanto facendo rumore. Quanto agli orsi, avete capito se crescono o si accorciano?
Rebecca Bettarini: “Hanno fatto un lavoro incredibile compresi gli sponsor che ci hanno finanziato. E anche i grandi gruppi come Unilever, Coca-Cola, e anche Purina che quest anno ha aiutato i canili russi fornendo cibi per animali”.
[…] già letto le righe che seguono, si tratta infatti di un commento al nostro ultimo post “Galeotta fu la Coca Cola“. Lo ha scritto un lettore, Carlo Colarieti impegnato da anni ad approfondire la sua (ed […]
concordo in pieno con le valutazioni di Carlo….
Grazie Carlo, per il bell’intervento!
CG
Il problema, senza offendere i poveri Orsi polari, non credo che stia nel caso specifico ma nella trattazione generale. Senza fare troppi preamboli vado subito al sodo. Allo stato attuale delle conoscenze sia coloro i quali sostengono la validità dogmatica dell’AGW e sia coloro i quali ne rimangono dubbiosi non riuscirebbero certamente a convincersi l’un l’altro del contrario. Per dirla alla politichese non ci sarebbero “spostamenti di votoâ€. Questo perché? Perché nessuna delle due tesi ha finora trovato la chiave di lettura definitiva in grado di stabilire con rigorosa prova scientifica dove risieda la verità . I sostenitori dell’AGW hanno più volte dichiarato di aver trovato la prova provata, ovvero la cosiddetta “pistola fumante†rilevatasi fino ad ora più che altro una modesta scacciacani, e dall’altra parte studi e ricerche che avvalorano sempre più le motivazioni dei dubbi. In entrambi i casi le posizioni sono destinate a rimanere tali e il fatto che non si sia ancora, come si dice popolarmente, “cavato il ragno dal buco†significa che in base alle nostre attuali conoscenze non siamo in grado di stabilire con certezza né da dove veniamo e né dove andiamo. Porto, a solo titolo di esempio certamente non esaustivo, alcuni punti di discussione che non mi sembrano del tutto secondari:
1. il pianeta si è riscaldato e di quanto (a seconda di come vengono gestiti i dati e del database usato si hanno non poche differenze);
2. l’aumento di concentrazione di CO2 atmosferico è interamente causato dall’attività dell’uomo o ne è solo compartecipe (il cosiddetto riscaldamento globale è iniziato nella prima metà dell’ottocento in periodo poco sospetto da alterazioni umane);
3. adeguata e definitiva risposta ai mutamenti climatici del passato remoto o più recente (faccio riferimento al fatto che le motivazioni astronomiche del Milankovitch non sono ancora così unanimemente condivise e che non sono affatto chiare le motivazioni delle variazioni climatiche ad onda corta come il più recente Periodo Caldo Medievale o l’ancora più recente Piccola Età Glaciale);
4. confusione sulla efficacia di assorbimento della CO2 negli infrarossi (la letteratura impazza di valori anche sideralmente differenti) e sul suo livello di saturazione (mi riferisco al fatto che un aumento lineare di CO2 non segue un altrettanto lineare aumento della temperatura fino all’infinito ma tende invece a stabilizzarsi indipendentemente dalla quantità elevata del gas seguendo una curva logaritmica crescente);
5. adeguata conoscenza sull’attività solare e sulla sua capacità di indurre modifiche al sistema climatico (fenomeno, e non solo questo, praticamente ignorato dai modelli climatici se non minimizzato all’uso della variazione dell’irradiazione solare);
6. discussioni sulla qualità della vita in un mondo più caldo o più freddo (mi riferisco alle differenze di vedute che vedono la catastrofe in un clima più caldo e forse il paradiso in uno più freddo smentendo di fatto la storia che è piena del contrario);
7. tornando al tema della CO2, usando un famoso paradigma, “chi viene prima: l’uovo o la gallina?â€. Ovvero è l’aumento di CO2 che provoca l’aumento delle temperature o è viceversa? (studi ad alta definizione condotti dal paleoclimatologo artico Prof. Ian Clark dell’Università di Ottawa e dal Prof. Lowell Stott dell’Università della California del Sud sembrerebbero testimoniare che la CO2 segua la temperatura e non viceversa);
8. il ruolo degli oceani nelle modificazioni climatiche nella loro funzione di sequestratori o emettitori di CO2 seguendo il ritmo della circolazione profonda (uno studio condotto da Britton Stephens, dell’università del Colorado e Ralph Keeling dell’Università della California, San Diego, hanno dimostrato che una maggiore estensione del ghiaccio nel mare antartico provoca una diminuzione netta della concentrazione di CO2 atmosferico. L’emisfero sud gioco un ruolo importante nelle modificazioni climatiche. Il loro studio è stato pubblicato sulla rivista Nature del 9 marzo del 2000);
9. il ruolo della chimica stratosferica sulle variazioni della circolazione troposferica con particolare riferimento all’Oscillazione Artica (vedi uno studio pubblicato sul Geophysical Research Letters, Brand et al, e da uno studio da me ultimato in via di stesura finale che pubblicherò a breve);
10. ruolo delle onde lunghe planetarie nella variazione totale di ozono e nella variazione di temperatura stratosferica (studio compiuto da ricercatori della NASA e pubblicato nel 2001).
I temi qui sopra esposti, da non confondersi con i dieci comandamenti, non sono che la punta di un iceberg chiamato “conoscenza della macchina climaticaâ€. Senza maggiori certezze non saremo in grado di fare alcuna previsione accettabile sui possibili climi futuri. In sostanza come scritto dalla Prof. Naomi Oreskes in una articolo pubblicato nel 1994 su Science, ma ancora del tutto attuale, nel quale dubitava delle uscite dei modelli climatici perché difficilmente verificabili e validabili e anche perché fondati sulla base di ancora scarse conoscenze sul funzionamento del clima. Inoltre la previsione modellistica, allo stato attuale delle cose, rischia di essere più uno studio di sensibilità che una previsione perfetta senza fornire informazioni adeguate sul clima.
era una battuta… 🙂
comunque e’ fuori discussione che anche il ridursi della copertura di ghiaccio sul mare artico riduca di molto le possibilita’ di spostamento (e quindi di caccia, nutrimento etc etc) degli orsi, che come tutti i predatori, hanno ( o vorrebbero avere )un areale di attivita’ molto vasto;
sui dati di censimento degli orsi sono dubbioso, altre fonti (wwf e simili ) danno stime di mantenimento per alcune popolazioni, e di diminuzione per altre….e come detto, il buon Lomborg gioca solo con i numeri, non considera ne’ aspetti naturalistici, ne’ condizioni di habitat, ne’ dinamiche intrinseche delle popolazioni, ne’ variazioni degli areali di distribuzione, ne’ variazioni o diminuzioni dei territori di caccia e riproduzione delle specie stesse……..
anche io se mi metto a giocare con i numeri, posso dimostrare che le piramidi egiziane sono state costruite dai marziani…
un’altra nefanda conseguenza dell’attivita’ antropica in quei lidi e’ la grande disponibilita’ di rifiuti solidi urbani accumulati sui terreni nelle zone periferiche delle citta’ e dei villaggi, e dei quali gli orsi hanno presto capito la funzione di fonte di cibo a volonta’ (un po’ come i piccioni qui da noi)…
che dire della caccia per sport, la ritengo sempre e comunque un’attivita’ immorale e deprecabile oltre ogni limite, e il sapere che anche qui a Roma ci sono agenzie di “safari” che propongono pacchetti vacanze con annesse battute di caccia grossa un po’ ovunque nel mondo, magnificandone gli aspetti sportivi e avventurosi, mi deprime non poco….
ciao
Max
@ Max
E perchè dovrei Max?
Siamo qui apposta. però l’articolo non è di parte Max, ho solo sottolineato che forse non è molto giusto considerare le vicissitudini di questa specie come un indicatore del clima che va a rotoli. Se invece come giustamente hai detto tu, il problema è l’inquinamento il discorso è diverso e sai come la penso. Resta il fatto che una specie che nel periodo di massimo impatto delle attività umane quintuplica la sua consistenza numerica non mi sembra così a rischio.
Può darsi che la situazione precipiti domani, ed è giusto che ci sia chi fa monitoraggio, purchè non si sbandierino per catastrofici dei dati che oggettivamente non lo sono. Come al solito. Nel frattempo sarà il caso di smettere di impallinarli gli orsi, questo sì.
Negli altri innumerevoli link in cui si parla della decisione degli USA il comune denominatore è la svolta nella loro politica ambientale. Non ti sembra un pò sopra le righe come valutazione?
Comunque, se non gettassimo qualche sasso nello stagno ogni tanto, sai che noia su questo piatto mare dell’AGW!
gg
ciao Guido, non ho ben capito il senso di questo articolo, comunque è un dato di fatto che in questi ulimi 2 decenni si è osservata una grande crescita di casi di ermafroditismo tra le popolazioni di orsi polari delle zone nord canadesi e groenlandesi, con tutti gli scompensi e problemi che ne derivano per la biologia e l’ecologia delle popolazioni e della specie; la causa di ciò sta probabilmente non nel riscaldamento climatico (che comunque nelle zone artiche è una realtà incontestabile, come lo è la drastica riduzione delle superfici coperte di ghiaccio), quanto negli alti tassi di inquinamento (sembra strano ma è così) che si accumulano in quelle zone, anche per effetto delle circolazioni atmosferiche;
sull’affidabilità di Lomborg, che non è uno scienziato con competenze naturalistiche-ambientali-ecologiche o simili,ma uno statistico, oltre a riportarvi quanto disse in una intervista:
“Mi scusi, professore, davvero lei pensa che non stiamo esaurendo le nostre risorse?
Certamente. I dati mostrano che il cibo probabilmente continuerà a diventare più economico e meno scarso e che saremo in grado di nutrire un numero sempre maggiore di persone. Le foreste non sono scomparse, anzi. L’acqua è una risorsa abbondante e rinnovabile, sebbene possa essere localmente scarsa (in parte poiché non è stata considerata prima una risorsa limitata e di valore). Non sembra esservi alcun serio problema per quanto riguarda le risorse non rinnovabili, come l’energia e le materie prime. In particolare, il nostro consumo di energia non ha un limite superiore, né nel breve né nel lungo termine.”
vi rimando a questi link, di parte forse, ma d’altronde anche l’impostazione di questo articolo un po’ lo è (Guido non me ne volere…);
http://www.gaia.rai.it/category/0,1067207,1067036-1070124,00.html
http://magazine.enel.it/boiler/arretrati/focus_dett.asp?idDoc=%20538252
E’ vero si è perso l’obbiettivo,comunque si sta speculando anche sul riscaldamento o non riscaldamento