Oggi siamo monotematici, ci occupiamo solo di lavori verdi. Questa mattina abbiamo pubblicato un post su uno studio che cerca di far chiarezza sul rapporto costo-beneficio dello sviluppo della green economy. Senza entrare assolutamente nella demagogia dell’opportunità di convertire il sistema produttivo alla sostenibilità ambientale, perché questo è scontato, pensiamo sia però necessario cercare di capire le cose come stanno. E non è semplice.
In realtà, se di previsioni occupazionali sulle job opportunities offerte da tutto ciò che possa vantare il suffisso eco ce ne sono a centinaia e sono tutte orientate verso risultati strabilianti, seppur con altrettanto strabiliante impiego di risorse finanziarie, di conti veri ce ne sono ben pochi. Anche per i paesi dove l’economia verde è già ben avviata (e abbondantemente sostenuta), scarseggiano le fonti ufficiali, siano esse a livello dei singoli paesi o a livello di realtà sovranazionali come la UE o le Nazioni Unite, che abbiano prodotto dei framework operativi in grado di andare oltre generiche affermazioni di imperdibili opportunità di sviluppo fornendo numeri reali.
Così, per lo più da fonti private, spesso impegnate nel settore e dunque anche a rischio bias, scopriamo che i numeri sono in verità molto bassi. Per l’Italia, ad esempio, non esiste alcuna rilevazione Istat, ma solo dati (per’altro piuttosto discordanti) del CENSIS, di Nomisma Energia o dell’ANEV, che sommando i lavori temporanei e quelli permamenti arrivano per il 2009 a poche decine di migliaia di persone direttamente o indirettamente impiegate. Come si possa arrivare già oggi alla cifra di 900.000 lavori verdi come si è letto su Affari e Finanza è un mistero. Ancor più fitto è il mistero tra la totalità dei lavori verdi nel mondo -2,3 milioni- e i presunti 900.000 in Italia, cioè circa il 40% del totale (vuoi vedere che sono finiti nel conto quelli che hanno votato la Lega?). Segue un ulteriore elemento di confusione: la Bocconi stima 150.000 green jobs al 2020. Cioè, nei prossimi anni il settore ne perderà 750.000???
Proviamo a fare chiarezza, due le ipotesi. La prima me l’ha suggerita proprio Carlo Stagnaro, uno degli autori dello studio presentato dall’IBL di cui abbiamo parlato questa mattina, ed è la seguente: “Se consideriamo come green jobs anche gli installatori, quelli che servono il caffè agli installatori, le badanti delle nonne e le tate dei figli dei camerieri, i dentisti delle badanti, e le parrucchiere delle tate, forse, dico forse, ci arriviamo vicino. In fondo, anche quello è indotto”. La seconda è nello stesso articolo di A&F. Parrucchieri eco, ristoranti eco, atelier eco etc etc., insomma, scrivete eco sulla vostra insegna e magicamente i costi dei cicli produttivi della vostra attività si trasformeranno in ricavi con i quali potrete assumere dipendenti a volontà. Spettacolare l’idea imprenditoriale di prendere vecchi dischi di vinile e vecchi giornali per farne delle borse, che essendo griffate costeranno un fottio, ma che saranno in grado di trasmettere ai loro proprietari la loro “esperienza emotiva”. Quale? Semplice, è monnezza, e la state pure pagando, ad ognuno le proprie emozioni.
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