Da qualche giorno mi è presa così, scivolo sull’idioma. Abbiate pazienza, sono sicuro che la simpatica attitudine del salumiere di turno di abbondare in fase di taglio esiste ovunque, perciò, poco male. Ma, il clima a etti? Non necessariamente, anche chili o quintali se credete, purché sia a peso. Tranquilli, non sono ammattito, non più di quanto non lo fossi già ieri, anche se riconosco che questa non è una garanzia. Queste apparentemente sconclusionate riflessioni fanno parte di quanto mi è venuto in mente qualche giorno fa durante un giro di blog.
L’argomento è, tanto per cambiare, il clima che cambia o dovrebbe cambiare e noi che cerchiamo di riprodurne le evoluzioni. Lo strumento, si sa, sono i modelli climatici. Ora, quale sia il processo che si intende simulare, il modello perfetto è quello che contiene tutte le variabili in gioco e le loro relazioni. Non so quanti ne esistano di modelli del genere, di sicuro, per forza di cose, non ce ne sono tra quelli meteorologici e/o climatici. Mancano informazioni su parecchie variabili, infatti, e su parecchi processi. Anche per quelli tra questi per i quali si ha un buon livello di conoscenza e dati sufficienti, se hanno dinamiche che occupano una scala spaziale inferiore alla risoluzione del modello, si rendono necessarie delle operazioni di aggiustamento tecnicamente definite tuning. Il termine, pur rozzo, è però molto azzeccato, perché di fatto si tratta di virtuali manopole che vengono girate un po’ di qua e un po’ di la’ finche non si raggiunge un equilibrio soddisfacente, cioè finché il modello non riproduce con efficacia il termine di riferimento del sistema o della sua parte oggetto di simulazione.