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Nessuna quantità di esperimenti potrà dimostrare che ho ragione; un unico esperimento potrà dimostrare che ho sbagliato.
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Così scriveva Albert Einstein in una lettera a Max Born il 4 dicembre 1926. All’epoca era chiaro il “metodo scientifico” iniziato da Galileo Galilei, la modalità tipica con cui la scienza procede per raggiungere una conoscenza della realtà oggettiva, affidabile, verificabile e condivisibile. Esso consiste, da una parte, nella raccolta di evidenze empiriche e misurabili attraverso l’osservazione e l’esperimento; dall’altra, nella formulazione di dall’altra, nella formulazione di ipotesi e teorie più generali da sottoporre al vaglio dell’esperimento per testarne l’efficacia.
Da alcuni anni però la realtà sta perdendo valore rispetto alla previsione. Ne abbiamo già scritto su CM ad esempio in “Le previsioni con le gambe corte ed il naso lungo” oppure “Tranquilli, se avete freddo è solo un’impressione”.
Però si fa fatica ad assuefarsi a questo modo di procedere che viene sempre detto “scientifico”. Ha stupito quindi che il “Corriere della Sera” abbia offerto ampio spazio ai risultati di uno studio pubblicato su «lancet» titolando: “Influenza A, i morti sono 15 volte di più”. Il nuovo calcolo fatto dal Cdc di Atlanta e basato su un modello matematico: i decessi sarebbero tra 151.700 e 575.400’.
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