Capacità di adattamento, innovazione e resilienza, questi gli ingredienti dello scampato pericolo del Millenium Bug. Ora, da qualche anno, è la volta dell’allarme clima, per il quale, parliamoci chiaro, con l’esclusione di un gruppo più o meno folto di seguaci di Gaia, tutti gli altri – molti – che negli ultimi anni si dicono molto preoccupati in realtà quando lo fanno pensano al potenziale impatto economico di questi cambiamenti.
Questo approccio pragmatico è stato in effetti il passepartout con il quale la questione climatica è entrata nei salotti buoni dell’economia internazionale e di lì in quelli politici. La lettera di presentazione, il documento con il quale si è iniziato a ragionare su questi temi, la scrisse Lord Stern, economista britannico di alto profilo con un passato di incarichi istituzionali presso il governo di Sua Maestà. Il suo report, noto come Stern Review, è noto ai più soprattutto per riportare a chiare lettere un vero e proprio anatema: il riscaldamento globale e la sua derivata prima, i cambiamenti climatici, porteranno ad una riduzione del PIL mondiale compresa tra il 5 e il 20%. Praticamente una catastrofe.