Come volevasi dimostrare. Il subbuglio della blogosfera climatica riguardo la pubblicazione dei documenti appartenenti all’Heartland Institute si è rivelato per quello che è: il più grosso autogol della storia.
Peter Gleick, esimio scienziato, co-fondatore del Pacificic Institute, indefesso sostenitore della teoria della fine del mondo da cambiamenti climatici ha confessato di essere l’autore della frode ai danni dell’HI, pur evitando di fare alcun riferimento al documento più scottante, quello che minerebbe pesantemente la reputazione dell’istituto ma che è ormai assodato che sia un falso. Eppure non è un segreto che la sua confessione si sia resa necessaria perchè le tracce lasciate sul documento in questione portavano proprio a lui ed al Pacific Institute, l’organizzazione della quale è co-fondatore. Nella loro lista di ‘donors’ del 2009, tra l’altro, figurano molti enti pubblici ma anche molte, moltissime fondazioni private, proprio come per i ‘donors’ dell’HI che lui evidentemente intendeva sputtanare. Chissà se i suoi finanziatori sono d’accordo con questo impiego del loro denaro. Chissà se gli enti pubblici, cioè i contribuenti, approvano che si faccia uso delle risorse che rendono disponibili per screditare il lavoro altrui. Non è forse questo quel che Gleick voleva dimostrare con i documenti che ha trafugato e reso pubblici? Oppure chissà se lo approvano i suoi finanziatori privati. Forse sì, diranno quelli bravi, perchè sono privati buoni e la pecunia in questo caso non olet, anzi, profuma. Ed abbonda, tanto che ora partiranno certamente le campagne per sostenere la battaglia legale del reo confesso, per ricomprargli la camicia, perché si può star certi che gliela toglieranno. Nessuno però potrà ricomprargli una reputazione scientifica. Eh, sì, ha fatto proprio un bel lavoro.
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