La notizia è di pochi giorni fa, James Hansen, il controverso scienziato a capo da anni del team della NASA che gestisce il dataset delle temperature medie superficiali globali per conto dell’agenzia, ha deciso di andare in pensione. Tuttavia, nonostante i 46 anni di lavoro alle dipendenze del governo federale, non sembra sia stata l’anagrafe a dettare la scelta. Le ragioni sono infatti deontologiche. Da anni Hansen ha deciso di indossare un doppio cappello, il primo, quello da scienziato, gli stava evidentemente troppo stretto, e così ha deciso di calzare quello dell’attivista, del sostenitore senza se e senza ma della guerra al riscaldamento globale e al clima che cambia e, quindi, a tutto ciò che produce CO2, in primis l’odiato carbone che garantisce energia abbondante ed a basso costo a gran nparte del mondo, USA compresi.
E così, dopo anni vissuti sul filo del rasoio, con non poche accuse di scarsa imparzialità nelle sue determinazioni scientifiche e dopo numerosi arresti in seguito alla partecipazione a manifestazioni di protesta ambientale di vario genere, Hansen ha finalmente deciso di essere un attivista a tempo pieno. Dal punto di vista etico la scelta è sacrosanta, tardiva forse, ma sacrosanta. Quando si crede tanto intensamente in qualcosa è giusto cercare di perseguire i propri obbiettivi e per farlo bisogna essere liberi da fardelli isituzionali se questi si scontrano così spesso con le stesse istituzioni che ti pagano lo stipendio.