Lo scorso 29 novembre Roberto Vacca ha affibbiato l’etichetta (motivandola) di “wishful thinking” (pensiero distorto per confermare desideri di eventi improbabili), alla proiezione del World Energy Outlook dell’IEA in cui, tra le altre cose, si prospetta un ricorso alle risorse rinnovabili pari al 33% del fabbisogno globale per il 2035.
Qualche giorno fa è uscito su Science Daily il commento ad uno studio condotto negli Stati Uniti e pubblicato sul Journal of Power Sources con questo titolo:
Cost-minimized combinations of wind power, solar power and electrochemical storage, powering the grid up to 99.9% of the time
Ci vogliono quasi 40 dollari per leggere il lavoro, per cui, dati i tempi di magra, per ora ci dobbiamo accontentare di quanto riportato su SD. E pare proprio che il wishful thinking continui, perché il limite temporale è addirittura più breve di quello prospettato dall’IEA, si parla del 2030, ma le mirabilie delle risorse rinnovabili sarebbero triplicate. Il segreto sarebbe nell’uso di reti interconnesse su ampia scala spaziale – nella fattispecie il modello impiegato lavora su di un’area che copre circa 1/5 del fabbisogno energetico degli USA – nel mix di risorse rinnovabili impiegato – eolico off-shore, eolico sulla terraferma e fotovoltaico – ma, soprattutto, in una acquisita capacità di immagazzinamento dell’energia che può essere ricavata dalle fonti rinnovabili, per loro natura fonti discontinuee, in batterie o in celle a combustibile, cioè serbatoi di idrogeno.