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Tag: Global Warming

Le nevi del Kilimangiaro

di Luigi Mariani

Le “nevi del Kilimangiaro” affascinano l’uomo moderno perlomeno da quando Ernest Hemingway scrisse l’omonima novella.

Un ritorno di fiamma dell’interesse verso questo remoto ghiacciaio tropicale si ebbe undici anni orsono grazie all’affermazione del geofisico Lonnie Thompson (2001) il quale disse che “è probabile che fra vent’anni il solo pezzo di ghiaccio del Kilimangiaro rimasto al mondo sarà nei nostri frigoriferi”  (qui trovate una biografia di Thompson).

Questo coup de theatre, peraltro citato da Gore nel suo Inconvenient truth, ha avuto un tale successo da fare dei ghiacci dei grandi vulcani africani o del Kilimangiario delle icone degli ecologisti e dei simboli del global warming.

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La BBC e la lista dei comunicattivi – Aggiornato

Post aggiornato, leggete in fondo.

C’è una faccenda che gira per il web da qualche tempo. Come spesso accade, i suoi giri li ha fatti in sordina, salvo poi esplodere all’improvviso. Questo però, non è un caso di notizie a cui per ragioni inspiegabili spuntano le gambe, è un caso di tenacia, capacità investigativa e interesse per la verità o, se credete, per non essere presi per i fondelli.

Avevo inizialmente deciso di non ‘coprire’ questa storia su CM perché l’attore principale è la BBC, noto broadcaster d’oltre Manica attivamente impegnato a sostenere anima e corpo le tesi più climacatastrofiche possibile. Quindi, pensavo, fatti loro e dei sudditi di Sua Maestà. Ma dal momento che pare che l’abbiano fatta davvero grossa e a sfilar loro i vestiti è stato uno che con CM ha avuto ed ha molto a che fare, Maurizio Morabito, ve la devo proprio raccontare.

Nel perfetto stile british di stretta osservanza delle regole, la BBC tempo fa aveva fatto sapere che dopo aver realizzato una serie di meeting, di cui uno molto importante e significativo, aveva deciso di orientare la sua linea editoriale sulle tesi dell’AGW. Il parere degli esperti, dicevano, ci ha convinti della effettiva pericolosità della situazione. Brainstorming climatico e dubbi fugati, via verso la salvezza del Pianeta!

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Bloomberg e Sandy: Chi la fa l’aspetti

 

 

 

 

 

 

 

 

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Il bello della comunicazione globale è che ogni stupidaggine può essere confutata con la stessa velocità e lo stesso impatto con cui è stata diffusa. E così Antony Watts ha modificato la copertina di Bloomberg Businessweek in modo che possa avere un senso.

Se però la faccenda non dovesse convincervi, date un’occhiata al grafico sotto, rappresenta il numero di Cicloni Tropicali che hanno colpito gli Stati Uniti dal 1951 ad oggi messo a confronto con la concentrazione di CO2.

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Vedono rosso

Il tempo vola. Si possono condensare gli ultimi 120 anni di clima in soli 26 secondi. Basta fare come ha fatto la NASA producendo un suggestivo video che “rappresenta” l’andamento delle anomalie della temperatura globale rispetto al periodo di riferimento 1951-1980.

Naturalmente, come giustamente osservato da Andrea, il lettore che me lo ha segnalato, il fatto che sia stato scelto il periodo di riferimento più freddo della ultime decadi è puramente casuale. Del resto, J. hansen, che è a capo del GISS della NASA, il gruppo che gestisce il dataset delle temperature globali, ha chiaramente detto di ritenere che quel periodo rispecchi efficacemente il clima dell’Olocene, cioè 30 anni sono buoni per valutarne 12.000, vuoi che non lo siano per valutarne 120?

Ma c’è di più.

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La coperta si accorcia

Un paio di anni fa Roy Spencer, che lavora insieme a John Christy sui dati delle temperature rilevate dai satelliti, ha pubblicato un libro con un titolo piuttosto significativo:

The great global warming blunder

Blunder significa “abbaglio”, ma anche svista o errore. Il comune denominatore del suo libro è semplice: nel gridare all’allarme per un clima che si disferebbe a causa delle attività umane, essenzialmente emissioni di CO2, la gran parte della comunità scientifica ha confuso la causa con l’effetto. Infatti nell’introduzione, salvo poi sviluppare il concetto molto più approfonditamente nel corpo del libro, egli asserisce che per giustificare, ovvero causare, una buona parte se non tutto l’aumento che le temperature medie superficiali hanno subito nelle ultime decadi del secolo scorso, sarebbe sufficiente una diminuzione dell’ordine dell’1-2% della copertura nuvolosa a livello globale.

Le nubi di fatto schermano i raggi solari. Se così non fosse non ci sarebbero fior di avveniristici e utopici progetti di generazione forzata della nuvolosità o di ancor più utopici specchi orbitanti per mitigare gli effetti del global warming antropico, in quella che chiamano geoingegneria ma è più che altro la caricatura delle gesta di Archimede Pitagorico.

Beh, sul Journal of Climate è uscito qualche tempo fa un paper con questo titolo:

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L’AGW c’è, ora c’ho le prove!

Qualche tempo fa, in una breve serie di post che raccoglievano delle opinioni più o meno informate in materia di riscaldamento globale e dinamiche del clima, abbiamo commentato un intervento di John Christy giunto in occasione di una sua audizione davanti al Senato degli Stati uniti. L’elemento che allora aveva destato maggiore interesse, era il discorso sulla scarsa rappresentatività del parametro temperatura media di una data località – e quindi anche di un dataset di località – ai fini della valutazione dell’alterazione del bilancio radiativo indotta dall’accresciuta concentrazione di gas serra in atmosfera.

Secondo Christy, che porta a supporto di questa sua posizione anche dei recenti lavori di indagine scientifica, il parametro temperatura media (Tmax+Tmin / 2) è inadatto alla misura del riscaldamento globale perché composto da due parametri, la temperatura massima diurna e quella minima notturna, molto diversi tra loro a causa delle differenti dinamiche atmosferiche da cui scaturiscono.

La temperatura minima notturna è infatti rappresentativa di uno strato molto sottile della troposfera di poche decine di metri immediatamente a contatto con il suolo. Uno strato che molto spesso risulta essere completamente isolato dall’aria soprastante, dove è lecito attendersi gli effetti più incisivi dell’azione di contenimento del calore operato dai gas serra. Diverso il discorso per la temperatura massima, che invece scaturisce da processi di rimescolamento della bassa e media troposfera più turbolenti, che in quanto riferiti ad uno strato più ampio, permettono di intercettare meglio il segnale dell’effetto serra.

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USA: In arrivo due decenni di siccità naturale, poi ovviamente, disastro antropico!

Che i lettori di CM stiano pure tranquilli, non abbiamo deciso di darci alle previsioni pluridecennali. Anche in questo caso, naturalmente si tratta di un relata refero.

La notizia è arrivata in Italia per il tramite di Andkronos:

Negli Stati Uniti è allarme siccità per i prossimi due decenni, rischi anche per l’Europa

Titolo ripreso da un articolo del Washington Post:

Climate models that predict more droughts win further scientific support (I modelli climatici che prevedono più siccità guadagnano ulteriore supporto scientifico)

Entrambi gli articoli parlano di un nuovo paper pubblicato su Nature Climate Change:

Increasing drought under global warming in observations and models (Siccità in aumento durante il riscaldamento globale nelle osservazioni e nei modelli)

Naturalmente, abbiamo qualcosa da dire 🙂

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Ciliegie d’agosto e pacche sulle spalle

Tra qualche giorno ricorrerà il mio compleanno. Da buon discettatore di clima e affini, devo ricordarmi di ‘prelevare’ dalla torta le ciliegine più gustose. Già, perché ormai va di moda. Se la storia che ho da raccontare non è abbastanza convincente, meglio aggiustarla prelevando qua e là argomenti utili alla bisogna e tralasciare quelli che rischiano di smontarla.

Se poi decidessi di farmi un regalo e provare a sottoporre un lavoro a un team di esperti che ne valuti la consistenza, sarà opportuno che li scelga tra quelli che la pensano come me. Qualora dovesero trovarci qualche stupidaggine – fatto altamente probabile – di sicuro chiuderebbero un occhio.

Se poi qualcuno dovesse chiedermi di riassumere in un linguaggio più generico quel lavoro devo ricordarmi anche di raccontare qualche panzana, anche questo è del resto consentito se si vuole che il proprio messaggio arrivi a segno.

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Abbi dubbi. E togliteli.

Ieri abbiamo pubblicato il nostro commento al release del lavoro di Watts et al. Donato, uno dei nostri più attenti lettori, ha fatto un commento che ho deciso di elevare al livello di post. Spero di farvi cosa gradita. Ecco qua.

R. Muller ha risolto tutti i suoi dubbi e, in parte, anche i miei. Ciò che più mi ha impressionato del suo articolo sul NYT è la nettezza delle posizioni. Il riscaldamento globale, ci dice, non ha nulla a che vedere con l’intensificarsi degli eventi estremi (cicloni, uragani, tornado) o con lo sbiancamento dei coralli. I ghiacciai dell’Himalaya non si scioglieranno entro il 2035, gli orsi polari non stanno morendo per colpa del riscaldamento globale, le ondate di calore negli USA, in Russia o nel Mediterraneo non dipendono dall’AGW. Non ho, infine, nulla da obiettare alle sue considerazioni circa il mancato riscaldamento dell’ultimo decennio: potrebbe trattarsi effettivamente di un fatto statisticamente poco significativo.

Muller ammette anche che oggi stiamo sperimentando temperature globali inferiori a quelle del passato, per esempio di quelle relative al medioevo. In altre parole R. Muller fa piazza pulita di tutta la paccottiglia propagandistica, ideologica, politica, falso-ambientalista che ha inquinato, ed inquina, il dibattito scientifico serio sul clima terrestre. Mi auguro che anche i “color che tutto sanno” nostrani possano rendersi conto delle corbellerie che scrivono nei loro post, commenti ed interviste rilasciate ai media.

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Dimmi dove sei e ti dirò quanto caldo hai

Quando si dice la coincidenza. Soltanto ieri abbiamo pubblicato un post in cui si affronta il tema molto controverso del rapporto tra l’editoria scientifica tradizionale e l’esuberante mondo dell’open access. Oggi ci capita l’occasione di parlarne ancora, non più in termini generici, ma su specifici argomenti di ricerca.

Per la verità quella che in modo un po’ stucchevole si definisce “blogosfera climatica” era in attesa già da qualche giorno. Il blog climatico più seguito in assoluto, Wattsupwiththat, aveva sospeso le pubblicazioni, rimandando ad un annuncio a sensazione atteso per domenica scorsa alle 12 ora della costa occidentale USA.

Annuncio che è puntualmente arrivato. Ma andiamo con ordine.

La critica più accesa che il mainstream scientifico muove a quanti sono su posizioni scettiche riguardo al riscaldamento globale ed alle sue origini, è forse anche la più stucchevole: la materia è talmente complessa – ci dicono – che parlarne o, peggio, tentare di confutarla attraverso i canali non tradizionali, magari con delle ‘semplici’ discussioni sul web, è oltraggioso. Dovrebbe magari far riflettere il fatto che non venga adottato un analogo atteggiamento verso chi discute a ruota libera di catastrofi che sono inesistenti sulle pubblicazioni scientifiche ma che fanno bene alla causa del consenso ma, tant’è. Nell’ambito della più classica applicazione di due pesi e due misure, oggi tralasciamo i primi e ci dedichiamo alle seconde. Perché questo è quello che hanno fatto su WUWT.

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Dimmi quanto hai caldo e ti dirò chi sei

Da Science Daily:

Local Weather Patterns Affect Beliefs About Global Warming

e, ovviamente, anche dalla rivista scientifica che ospita il paper:

Turning Personal Experience into Political Attitudes: The Effect of Local Weather on Americans’ Perceptions about Global Warming

Il concetto é intuitivo sebbene non banale. Le esperienze personali influenzano la propria percezione, anche con riferimento alla convinzione che le dinamiche climatiche attuali siano differenti da quelle del passato e che questa differenza sia da imputare alle attività umane.

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Sorpresa: Fa la metà più caldo!

Qualche tempo fa uno dei nostri lettori ha fatto una domanda apparentemente banale ma invece piuttosto densa di significato. Si parlava di dati grezzi e dati omogeneizzati, ossia di informazioni raccolte normalmente dalle varie fonti disponibili e poi ‘adattate’ per poter essere gestite. Nella fattispecie si parlava anche di modelli climatici, argomento che non discuteremo oggi. Piuttosto torniamo alle osservazioni.

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