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Tag: Temperature

Un mese di meteo – Marzo 2013

IL MESE DI MARZO 2013* 

 

Nel mese di marzo hanno prevalso condizioni di instabilità intervallate da brevi e temporanee stabilizzazioni. In complesso piovosità anomalmente abbondante su gran parte dell’area, accompagnata da anomalia negativa al settentrione, specie nelle massime. I flussi alla media troposfera sono stati caratterizzati da una elevata velocità per il flusso secondario, che ha mantenuto anche una accentuata zonalità, e da una circolazione molto più lenta per l’area di transizione. Gli indici barici di riferimento per l’area Euro-Mediterranea (AO e NAO) si sono mantenuti in territorio negativo, in particolare l’Oscillazione Artica ha raggiunto valori molto bassi, favorendo la persistenza, anche sulle medie latitudini Europee, di una massa d’aria continentale di origine polare. Ne è risultato un periodo anomalmente freddo per gran parte dell’Europa, con anomalie negative dai tempi di ritorno pluridecennali anche per il Regno Unito. In area mediterranea, la zonaliltà del flusso secondario ha tuttavia mitigato in parte gli effetti di una tale struttura circolatoria.

 

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Global warming: piogge tropicali alla deriva

La settimana scorsa è apparso su Science Daily un articolo con questo titolo:

 

Rising Temperature Difference Between Hemispheres Could Dramatically Shift Rainfall Patterns in Tropics

 

Si tratta del commento ad un articolo dell’AMS:

 

Interhemispheric temperature asymmetry over the 20th century and in future projections – AMS, Friedman et al., 2013 (pdf qui)

 

L’argomento è di per se’ interessante perché si pone il problema di investigare il comportamento asimmetrico dei due emisferi in ragione della tendenza all’aumento delle temperature medie superficiali. Prima di entrare nel merito nel paper, è importante ricordare che esiste una asimmetria climatica tra i due emisferi, dettata soprattutto da sostanziali differenze geografiche, con l’emisfero settentrionale che ospita la maggior parte delle terre emerse e le catene montuose più importanti e quello meridionale dominato dalla superficie degli oceani e quindi con un’inerzia termica più elevata. Questo implica delle differenze importanti a livello di circolazione atmosferica e di temperatura media.

 

 

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Una tempesta in un bicchiere

Questo è il terzo post che dedichiamo al paper di Marcott et al., ossia al recente studio pubblicato su Science in cui è stato ricostruito l’andamento della temperatura media del Pianeta degli ultimi 11.300 anni fermandosi alla metà del secolo scorso (qui e qui un po’ di precedenti).

 

Un paper che ha avuto molto risalto sui media suscitando al contempo un’accesa discussione sui blog che si occupano di scienza del clima. L’attenzione del mondo della comunicazione, anche e soprattutto della sua componente generalista, è stato innescato dal comunicato stampa della NSF (National Science Foundation), l’istituzione scientifica che lo ha finanziato, in cui se magnificavano i risultati, con il placet e l’imbeccata degli stessi autori, sottolineando come per la prima volta sia stato possibile far emergere la “particolarità” del trend positivo che le temperature hanno assunto nel secolo scorso. In particolare il messaggio espresso a chiare note era il seguente: dati il segno chiaramente negativo nella prima decade del secolo scorso e quello altrettanto chiaramente positivo della prima decade di questo secolo, nel contesto di un trend di generale diminuzione delle temperature che avrebbe caratterizzato gran parte dell’Olocene, siamo passati dalla decade più fredda a quella più calda degli ultimi 11.300 anni nell’arco di pochi decenni.

 

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Ai nastri di partenza una nuova fase climatica? – Parte II

Con il precedente articolo abbiamo osservato gli andamenti dell’anomalia della temperatura globale, l’anomalia della copertura nevosa dell’emisfero nord negli ultimi quattro mesi e l’anomalia della copertura nevosa in zona euroasiatica a partire dal 1967.

 

La temperatura globale a partire dal 1880 (inizio serie del dataset dell’NCDC) ha subito due aumenti importanti, il primo tra il 1912 e il 1944 (32 anni) e il secondo tra il 1977 e il 1998 mantenendosi tale fino al 2010 (33 anni). Tra il 1944 e il 1977 (33 anni) si è invece osservato un periodo in cui le temperature hanno subito una lieve flessione. Per quanto riguarda la copertura nevosa in zona euroasiatica abbiamo osservato una tendenza netta alla diminuzione dal 1967, inizio serie, fino al 1990-1991. A seguire, pur rimanendo sostanzialmente sotto media, si è registrata una tendenza ad una timida ripresa.

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Da Marcott e Shakun, servizi di datazione e generazione Hockey Stick

Si trova di tutto nel panorama scientifico del clima, anche quello che potrebbe essere paragonato ad un temporary shop della datazione dei dati di prossimità. Avete delle carote di ghiaccio, dei sedimenti, qualcosa insomma da cui si possa tirar fuori una temperatura del passato la cui datazione non fa alla bisogna della vostra ricerca? Rivolgetevi a Marcott e Shakun, otterrete un servizio di revisione della datazione dei vostri proxy rapido ed efficiente, entrando in possesso di dati perfettamente attinenti a quello che vi siete riproposti di dimostrare.

 

Dunque, l’antefatto è questo, cioè il nuovo paper di Marcott et al. uscito su Science che riprone l’Hockey Stick di Michael Mann. Già nel nostro primo commento, avevamo accennato alle prime critiche che si aggiravano sulla rete. Ora c’è stato il tempo di approfondire e più si scava, più si capisce che siamo di fronte all’ennesimo esempio di pessima scienza.

 

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Il ritorno dell’Hockey Stick

Ebbene sì, a volte ritornano. Avete presente le trame horror generiche medie? Un crescendo di malefatte da parte del pazzo o del fantasma della situazione, poi l’ultimo dei buoni che riesce a salvare la pelle magari rispedendo il pazzo o il fantasma in questione da dove era venuto, poi scatta la doccia ristoratrice finale e…zac, scatta anche la coltellata definitiva subito seguita dai titoli di coda.

 

L’Hockey Stick di Michael Mann, la ricostruzione delle temperature emisferiche prima e globali poi, è probabilmente il pezzo di letteratura scientifica in ambito climatico attorno al quale si è più discusso e, climategate, insegna, anche litigato. Per quanti non dovessero avere ben presente di cosa parliamo c’è una pagina di wikipedia che, sebbene addolcita dal sapiente filtro dell’estensore poi privato dei diritti per qualche tempo, rende bene l’idea della situazione. Il punto su cui si è discusso di più e che soprattutto ha indebolito di più i risultati acquisiti da Mann, è stata la scelta dei dati di prossimità impiegati per la ricostruzione e il trattamento statistico degli stessi. Fatto sta che quella ricostruzione è stata un’icona del terzo report IPCC ed è stata invece eliminata dall’ultimo.

 

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Il livello del mare crescerà molto più del previsto (peggio di quanto pensassimo)!

Qualche settimana fa, qui su CM, sono stati pubblicati due post (qui e qui) in cui si commentavano le conclusioni di due articoli che analizzavano l’andamento del livello del mare (regionale nel primo caso e globale nel secondo). Di recente sono stati pubblicati altri due articoli:

 

 

Entrambi gli articoli analizzano il trend di aumento del livello medio del mare negli anni futuri.

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Ho un SUV che è un jet!

Il mio SUV, ma anche il vostro o, se preferite, la vostra utilitaria, è un jet. Ma non nel senso del motore a reazione, piuttosto nel senso del jet stream, ossia il veloce flusso ad alta quota che separa l’aria polare da quella delle medie latitudini e quest’ultima dall’aria sub-tropicale.

 

Il jet stream, o corrente a getto, è il motore della circolazione atmosferica a livello emisferico, dove il calore ricevuto dal Sole ne è invece il carburante. Volendo potremmo andare avanti parecchio con i paragoni tra un mezzo meccanico e la circolazione dell’aria attorno al Pianeta, ma per il momento ci fermiamo qui.

 

Ci basti sapere che le oscillazioni latitudinali e longitudinali della corrente a getto polare determinano la rotta delle perturbazioni. Quella che stiamo vivendo per esempio è una stagione che sta vedendo il getto polare muoversi a latitudini piuttosto basse, sicché le perturbazioni viaggiano basse e la stagione è piuttosto piovosa. I “puristi” del meteo mi perdoneranno per questa descrizione a dir poco grossolana, ma ne avevo bisogno per preparare l’argomento di oggi.

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CICERO pro domo nostra

Si chiama Cicero il Center for International Climate and Environmental Research di Oslo, ed è il posto da dove arriva il sasso nello stagno di oggi. Uno stagno, quello della catastrofe climatica, che sta diventando sempre più mosso. Pare infatti siano lontani anni luce i giorni in cui non passava giorno che qualcuno non tirasse fuori qualche nuova e mirabolante ricerca per dirci che nel breve volgere di qualche anno avremo fatto la fine del tacchino al forno.

 

Adesso succede esattamente il contrario e la spiegazione è semplice. Fino alla fine degli anni ’90, le temperature medie superficiali del Pianeta salivano senza tregua e tutti cercavano di spiegarci dottamente il perché. Adesso che hanno smesso di farlo, i dotti più irriducibili di allora ci dicono che tanto prima o poi ricominceranno a salire, mentre quelli di oggi cercano di capire cosa stia accadendo.

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Si tratta solo di vedere se dura

Non è detto che debba o possa mantenere le sue prestazioni il modello climatico messo su dal Global Warming Prediction Project, perché chi lo ha costruito ci tiene a specificare che si tratta di un modello pensato per il breve e medio termine climatico, tipicamente la scala decadale. Ma per ora le prestazioni sono eccellenti, molto più di quanto non riescano a fare i modelli impiegati dall’IPCC per redigere ad esempio il report del 2007.

 

La figura in testa a questo post è piuttosto eloquente, la curva delle temperature medie globali “prevista” all’inizio del progetto è sorprendentemente vicina a quella dei dati osservati i quali, ma questo lo sappiamo già, continuano inesorabilmente ad allontanarsi da quelli che ci saremmo dovuti aspettare secondo gli scenari “ufficiali”.

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Il massimo spettrale a 2.87 anni – #2

Dopo il post sul massimo a 2.87 anni, che trovate qui, ho pensato che sarebbe stato più corretto rendere quel massimo indipendente dal singolo dataset e usarlo per confrontare tra loro le diverse variabili climatiche. Anche se in genere i massimi spettrali si normalizzano rispetto al massimo assoluto dello spettro, nel caso della Massima Entropia non mi è sembrato di doverlo fare a causa dei picchi che vengono generati alle alte frequenze, in particolare usando un numero di poli alto, pari alla metà dei dati.

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