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Tag: Global Warming

Mezzo global warming grazie… anzi no, un quartino!

Un nuovo paper, tanto per cambiare:

 

Recent global-warming hiatus tied to equatorial Pacific surface cooling

 

C’è chi ha reagito riportando di aver sentito volar via la testa, chi, invece, ha voluto approfondire ulteriormente. Questa qui sotto è la figura chiave del lavoro:

 

 

poga-plot

 

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Il prossimo global warming? Sulla Luna!

Il prossimo AGW (quello vecchio si è fermato 15 anni fa e ‘A’ sta per anthropic) sarà sulla Luna. Ovviamente, però, sulla faccia nascosta, dove solo le menti argute e lungimiranti dei catastrofisti generici medi lo potranno vedere, studiare, misurare, spiegare e, ovviamente, pubblicizzare. A noi toccherà crederci e basta, come sempre.

 

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Se la mazza da hockey diventa un panettone

Questo articolo, è uscito nel giugno scorso sul Giornale del Popolo, il quotidiano della Svizzera Italiana. la versione originale la trovate in pdf qui e qui.

 

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L’hockey Stick, appunto mazza da hockey, lunga e piatta ma con una estremità che s’impenna verso l’alto, è l’emblema del riscaldamento globale. Forse sarebbe meglio dire lo è stata, perché dopo essere assurta agli onori della cronaca nel 3° Report dell’IPCC del 2001 e dopo aver subito una rivisitazione nel report successivo del 2007, la ricerca che aveva prodotto il grafico di ricostruzione delle temperature dell’ultimo millennio è stata soggetta a critiche piuttosto pesanti, al punto di minarne seriamente l’attendibilità. Questa però, è ormai storia vecchia in materia di clima e di dibattito sulle origini delle sue più recenti dinamiche, perché, nel frattempo, più specificatamente a partire dal 1998, il trend delle temperature medie superficiali del pianeta ha cessato di essere statisticamente significativo. La pendenza della curva, cioè, pur calcolabile e ancora lievemente positiva, rientra nella fascia d’errore della stima. Traduciamo per i non addetti: la temperatura media del pianeta ha smesso di aumentare.

 

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El Nino e il Global Warming, questioni di uova e di galline

Un paio di anni fa, forse anche tre, Roy Spencer ha pubblicato un libro in cui dice di essere convinto che l’errore più grosso che la moderna scienza del clima abbia commesso, sia quello di aver confuso i rapporti di causa effetto, ossia di attribuire tutta la responsabilità del riscaldamento delle ultime decadi del secolo scorso alla CO2 attraverso l’aumento del vapore acqueo in atmosfera. Secondo lui, una buona parte del riscaldamento potrebbe essere attribuito anche a piccole variazioni della copertura nuvolosa totale – ossia di vapore acqueo condensato. Sarebbe dunque la nuvolosità a modulare almeno una parte del riscaldamento e non il contrario.

 

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Chantal, Kerry Emmanuel e il Carpe Diem

Quella in corso dovrebbe essere una stagione degli uragani particolarmente attiva, spceialmente per l’area atlantica e quindi per la costa est degli USA e i paesi del Golfo del Messico. Almeno così recitava l’outlook della NOAA uscito a fine maggio, giusto pochi giorni prima dell’inizio nominale della stagione. Nel frattempo, altri centri di prognosi, allora in accordo con la NOAA, hanno rivisto leggermente al ribasso i loro outlook. Tra questi l’ECMWF, il centro di Reading al cui mantenimento partecipa anche il nostro Paese. Il modello di reading, tra l’altro, si è dimostrato parecchio più performante di quello della NOAA in occasione del passaggio dell’uragano Sandy, prevedendone con molto più anticipo la deviazione che poi lo avrebbe portato ad interessare le coste USA, sebbene scendendo allo stato di Post-Tropical Storm, cioè sotto la categoria 1 della scala Saffir Simpson, usata appunto per misurare l’intensità di questo tipo di eventi.

 

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Clima: credo all’AGW da 24 ore e già gli scettici mi…

Allora, per chi l’avesse persa, la mia conversione, avvenuta come da tradizione in un lampo di luce, è arrivata appena ventiquatttro ore fa. Con questo post. Chi legge CM da un po’ sa anche che in realtà non ho detto niente di nuovo, ma è un Fatto che l’aver aderito al consenso mi fa sentire decisamente diverso.

 

No, non è la nuova sensazione di appartenenza a pilotare lo stato d’animo, piuttosto il suo opposto. Sto iniziando ad odiare gli scettici, al punto, udite udite, di aver voglia di chiamarli negazionisti, cioè con l’appellativo loro affibbiato da qualcuno che comincio a capire solo ora. Mala gente, gente sicuramente al soldo dei potenti petrolieri, gente disturbata di mente, gente che pratica il pensiero di gruppo (ho detto pensiero eh?), gente che sta bene solo con i propri simili, gente che nel branco rafforza le proprie convinzioni incurante di essere clamorosamente in errore. Prima di dirvi chi sono costoro vi racconto una cosa in cui mi sono imbattuto un paio di giorni fa.

 

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CO2 e Temperature, la causalità di Granger non funziona

Forse qualcuno ricorderà che ormai più di un anno fa, precisamente nel febbraio 2012, abbiamo pubblicato un post di commento ad un lavoro di ricercatori italiani in cui veniva applicato il principio di causalità di Granger alle serie storiche della concentrazione di anidride carbonica e delle temperature medie superficiali globali.

 

Il nostro post, pur essendo di fatto un mirror, aveva suscitato una lunga discussione in cui sono intervenuti anche gli autori dello studio. I toni, dapprima piuttosto accesi e non propriamente costruttivi, si sono poi rilassati e hanno condotto ad un proficuo approfondimento. Il tema centrale della discussione, ha poi finito per essere quello dell’applicabilità della tecnica statistica del principio di Granger per tramutare la correlazione esistente tra le serie in un rapporto di causalità.

 

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Il ritorno dell’Hockey Stick

Ebbene sì, a volte ritornano. Avete presente le trame horror generiche medie? Un crescendo di malefatte da parte del pazzo o del fantasma della situazione, poi l’ultimo dei buoni che riesce a salvare la pelle magari rispedendo il pazzo o il fantasma in questione da dove era venuto, poi scatta la doccia ristoratrice finale e…zac, scatta anche la coltellata definitiva subito seguita dai titoli di coda.

 

L’Hockey Stick di Michael Mann, la ricostruzione delle temperature emisferiche prima e globali poi, è probabilmente il pezzo di letteratura scientifica in ambito climatico attorno al quale si è più discusso e, climategate, insegna, anche litigato. Per quanti non dovessero avere ben presente di cosa parliamo c’è una pagina di wikipedia che, sebbene addolcita dal sapiente filtro dell’estensore poi privato dei diritti per qualche tempo, rende bene l’idea della situazione. Il punto su cui si è discusso di più e che soprattutto ha indebolito di più i risultati acquisiti da Mann, è stata la scelta dei dati di prossimità impiegati per la ricostruzione e il trattamento statistico degli stessi. Fatto sta che quella ricostruzione è stata un’icona del terzo report IPCC ed è stata invece eliminata dall’ultimo.

 

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Per la gioia di chi pensa ai dettagli

Si dice, o meglio si sente dire, che i cambiamenti climatici siano scientificamente definiti, che le origini antropiche delle recenti dinamiche del clima siano ormai accertate. Quel che resta, dicono, è concentrarsi sui dettagli, cioè su come e dove il  global warm… no, cambiamento climat… no, disfacimento climatico colpirà. A meno che, dicono sempre, non si agisca ora e subito mettendo in pratica sostanziali azioni di mitigazione del nostro sciagurato contributo, prima tra tutte, ovviamente, la riduzione delle emissioni di gas serra.

 

I quali, invece, continuano ad aumentare, mentre le temperature, guarda un po’ non aumentano più. Sorge il dubbio che a qualcuno sia sfuggito qualcosa. Forse il sistema climatico è un po’ meno sensibile all’azione umana di quanto si ritiene. Questo non mi pare esattamente un dettaglio.

 

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Mirror Posting: Il Punto sul Global Warming

Aldo Meschiari, già amico di CM da parecchi anni, mi ha mandato il link di un suo articolo uscito sul Meteogiornale. Ricevuta la sua autorizzazione, lo ripropongo di seguito. Buona lettura,

gg

 

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La situazione attuale – Gli ultimi dati provenienti dai cinque indici principali (GISS, NCDC, HadCrut, RSS, UAH) che rappresentano la temperatura media globale non cambiano una situazione consolidatasi da circa 15 anni. Come ammette lo stesso IPCC, è infatti dal 1998 che non si assiste ad un trend evidente. D’altra parte, con l’ultimo salto termico del 1998, le temperature sono posizionate sui livelli massimi del Global Warming.

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Antò, fa caldo…

Era la frase chiave di un riuscitissimo spot pubblicitario. Troppo caldo per fare certe cose evidentemente. Ma si potrebbe anche prendere ad esempio il testo dell’altrettanto ben riuscita canzone di Pino Daniele “Voglio di più“, che recita: “…mentre a sud il caldo ti ammazza e ti viene voglia di cambiare”.

 

Pare che li dovremo rispolverare entrambi, almeno così dice il Corriere, perché lo dice Nature Climate Change, perché lo dice la NOAA.

 

Reductions in labour capacity from heat stress under climate warming – Dunne et al., 2013

 

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Se n’è accorto pure lui!

Pausa, intervallo, intermezzo, sospensione, tutte parole con lo stesso significato, riferibile a qualcosa che va in una certa direzione, smette di farlo per un po’ e poi riprende il suo percorso.

Siete lettori di CM, perciò avete già capito dove voglio andare a parare: il global warming si è preso le ferie. Un periodo di riposo neanche tanto breve se vogliamo, c’è chi dice siano dieci anni, chi dice siano quindici, insomma, qualcosa che comincia ad avere un certo significato. Pur vero che in termini di clima due o tre lustri sono un battito di ciglia, ma visto che ormai stiamo con la lente d’ingrandimento fissa sulle questioni climatiche è inevitabile che la cosa venga notata.

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