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Tag: Eventi estremi

Precipitazioni intense: il “Tachisenzametro” ovvero il “Tachimatematico”.

Il tachimetro (dal greco ταχύς tachýs, “veloce”) è lo strumento di misura della velocità istantanea di un mezzo di trasporto, generalmente terrestre. Facciamo finta che ancora non sia stato inventato e che, delle carrozze e negli ultimi due secoli, siano stati archiviati solo i giorni in cui si sono mosse ed in questi, generalmente, quanti km  sono stati percorsi.

Ipotizzate ora che qualche  statistico-matematico armato di un ottimo calcolatore, effettui uno studio sull’evoluzione temporale della velocità aggregando i dati e calcolando giornalmente la “velocità della carrozza” come distanza giornaliera diviso le 24 ore. Alla fine, confrontando i dati,  ipotizziamo che si arrivi ad affermare scientificamente che le carrozze sono divenute più veloci di una volta.

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IPCC ed eventi estremi, prime indiscrezioni, molta incertezza.

Gli eventi estremi e il loro potenziale inasprimento ad opera del riscaldamento globale sono stati l’hot topic delle ultime settimane. Complici i fatti di cronaca, naturalmente, ma complici anche quanti hanno voluto commentare quella cronaca mettendo l’accento su di un presunto/previsto aumento dell’intensità e della frequenza di questi eventi nonostante il livello di comprensione scientifica dell’argomento sia effettivamente piuttosto basso.

A questo riguardo la comunità scientifica è in attesa della pubblicazione di uno Special Report dell’IPCC che si propone di affrontare l’argomento. In questa settimana la prima sessione congiunta dei Working Group I e II dell’IPCC si riunirà insieme ai rappresentanti dei paesi membri a kampala, in Uganda, per l’approvazione del Summary for Policy Makers e del corpo stesso del report (qui per il press release).

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Che si decidano, magari rifacendo qualche conto…

Leggiamo su Meteoweb:

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In 20 anni nel mondo si sono registrati oltre 650mila morti causati da circa 14mila eventi meteorologici estremi, con una perdita di oltre 2mila miliardi di dollari. E gli eventi estremi che hanno funestato l’Italia nelle ultime settimane, mietendo anche molte vittime, sono un campanello d`allarme anche per il nostro paese: “L`Italia – l’allarme lanciato dal Wwf – non può continuare a ignorare il cambiamento climatico, anche perché il suo territorio, reso fragile dall`intervento umano, dalla cattiva gestione e dalle caratteristiche morfologiche, è fortemente a rischio. Al contrario, la urgente pianificazione della messa in sicurezza del territorio e della prevenzione dei rischi dovrà tenere conto dell`aumento del numero e dell’intensità dei fenomeni, provocata dal riscaldamento globale“.
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Quando la bomba ti scoppia in faccia

Sarà una deformazione professionale, ma credo che molti di quelli che ci seguono, ognuno nel proprio campo, abbiano maturato una decisa malsopportazione per la serie pressoché continua di neologismi e mode che la comunicazione mediatica ci propina regolarmente.

L’avversione poi, diventa quasi voglia di gettare la spugna quando ti rendi conto che nonostante il neologismo e la moda di turno distorcano, sviliscano e travisino completamente l’oggetto della discussione che ti capita incidentalmente di conoscere, molti di quelli che come te lo conoscono si adeguano perfettamente, fornendo mirabolanti spiegazioni tecniche per fornire una patente di credibilità a quella che altrimenti sarebbe un’autentica boiata.

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Clima tempeste e alluvioni

Di solito i titoli non li copiamo, ma quello che leggete è lo stesso titolo di un post pubblicato qualche giorno fa da Stefano Caserini su climalteranti.it. I lettori più attenti ricorderanno che dopo l’evento alluvionale di Roma, abbiamo pubblicato un post in cui chiedevamo ai vari esperti intervenuti di fornire delle spiegazioni, di motivare scientificamente le affermazioni con cui si ricollegava quel genere di eventi ai cambiamenti climatici, ovvero a quanto è stato previsto che debba accadere in ragione del riscaldamento del Pianeta.

Successivamente, è successa esattamente la stessa cosa per l’evento nelle Cinque Terre. Le stesse domande cui però sono giunte delle risposte da parte di due degli interessati. Nel primo caso siamo in attesa di ulteriori approfondimenti che speriamo di poter pubblicare direttamente su CM. Nel secondo caso gli approfondimenti già ci sono, e sono nel post linkato poche righe più su. Risposte tuttavia non dirette, perché si tratta più che altro di una opinione sull’argomento, proprio come annunciato nella segnalazione in questo commento sulle nostre pagine.

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Piove sempre dove ha già bagnato, eppure ogni volta sembra una sorpresa – Aggiornamento

Con le informazioni che seguono, il CNR che descrive brevemente ciò che è accaduto in Liguria negli ultimi 50 anni (Nell’immagine: Sarno, 5 maggio 1998 – Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco).

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Tirare l’acqua al proprio mulino

Certo, di questi tempi parlare d’acqua non è proprio il massimo, tuttavia, siamo comunque nella stretta attualità. Gli eventi atmosferici recenti ed attuali hanno fatto suonare più di qualche campanello d’allarme. Siamo di fronte ad una deriva incontrollabile degli effetti del maltempo sul territorio? Siamo alle prese con danni e perdite economiche sempre più ingenti?

Uno dei cavalli di battaglia di quanti sostengono che gli eventi estremi siano aumentati per numero e intensità, è quello che tale segnale sarebbe inoltre evidenziato dall’aumento esponenziale dei costi sociali di questi eventi (qui un esempio). In tutti questi interventi tuttavia, non è chiaro perché ci si dimentichi sempre di specificare che, in particolare per il nostro Paese, la bibliografia scientifica sull’argomento è decisamente scarsa, spesso contraddittoria e, soprattutto, assolutamente poco ‘robusta’, per effetto di una sostanziale assenza di dati storici che siano stati resi opportunamente omogenei ed affidabili. E questo vale tanto per gli aspetti puramente meteorologici e climatici, quanto per quelli economici.

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Domande difficili, risposte altrettanto difficili, ovvero, assenti.

Ci abbiamo provato. Abbiamo lanciato un appello. Opinionisti, esperti, specializzati in incursioni da altre branche della scienza. Niente da fare, ai quesiti posti ai seri professionisti che hanno sgomitato sulle pagine dei giornali in occasione degli eventi in Liguria e Toscana nessuno si è degnato di rispondere.

Forse allora non sono così le tante le prove del cambiamento (ovviamente in peggio) del regime delle piogge e della frequenza e intensità degli eventi estremi in Italia. Forse sono ancora inferiori le prove che questo cambiamento sia attribuibile ad una modifica delle dinamiche del clima di origine antropica. Allora dobbiamo immaginare che affermarlo con tanta sicurezza non sia esattamente una buona pratica di divulgazione scientifica. Nè lo è di divulgazione in senso più generico. Semplicemente parlare con scarsa cognizione di causa non è una buona pratica.

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Nulla di nuovo sotto la pioggia”, purtroppo!

“Ci dicono «visionari» se difendiamo i boschi. Antico flagello, in Italia, quello dei fiumi in piena. Si legge in Strabone della grande quantità d’acque che recavano giù dai monti dell’Appennino l’Arno ed il Serchio, che allora si congiungevano presso Pisa; e quando erano gonfi, scrive l’antico geografo, “alla confluenza, l’acqua dell’uno contrastando a quella dell’altro, la corrente cresceva tanto d’altezza clic da una riva non si poteva vedere chi stesse su quella dirimpetto”. E poiché gli abitanti alzavano argini con dighe per timore di essere inondati, i due fiumi fecero solenne promessa che non avrebbero più invaso le campagne; «e mantennero l’impegno-». Ma allora i fiumi erano dei e si poteva trattare con essi. Anche il Tevere, scrisse Plinio un secolo più tardi, usciva sì ogni tanto ad allagare la città, «ma piuttosto come profeta e ammonitore, più per richiamare al timore degli dei che per minacciare disastri ».

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Italia e eventi estremi: una serie di quesiti.

Le agenzie di stampa sono inondate da dichiarazioni a dir poco preoccupanti. Gli eventi disastrosi della Riviera Ligure e della Lunigiana sono da ascrivere al riscaldamento globale. A livello regionale l’Italia, immersa nell’hot spot del Mediterraneo, avrebbe visto tra l’altro un aumento delle temperature ancora più incisivo, sia sulla terra che sul mare. Questa è considerata essere una evidenza di questa relazione di causa effetto.

Luca Mercalli, Vincenzo Ferrara, Stefano Caserini, e, nei giorni scorsi, Massimiliano Pasqui e Giampiero Maracchi. Con argomentazioni molto simili hanno tutti messo in evidenza il problema. Piove più forte perché fa più caldo e perché il mare è più caldo.

A tutti questi seri professionisti faccio una serie di domande che spero non cadano nel vuoto:

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Ciliegie fuori stagione

Se chiedete a chi è convinto della totale o quasi responsabilità umana sui cambiamenti climatici se è anche favorevole al cibo a chilometri zero, risponderà sì senza esitare un attimo.

Provate però a chiedergli se gli piacciono le ciliegie. Otterrete un’altro sì. Un gradimento così sfrenato da non resistere alla tentazione.

Studi come quello di cui parliamo oggi dovrebbero avere la bontà di uscire solo a maggio, nel mese delle ciliegie, così sapremmo in anteprima di cosa si tratta.

Ecco qua, dal Blog di Roger Pielke jr:

Increase of extreme events in a warming world

 

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Pensieri e parole

Riscaldamento climatico, eventi estremi?

Cominciamo con alcuni punti molto semplici, ma spesso confusi:

  1. Non tutti gli estremi sono uguali. Discutere di ‘cambiamenti negli eventi estremi’, in generale, senza specificare esattamente di cosa si stia parlando, non ha alcun senso. Un tornado è un evento estremo, ma le cui cause, la cui sensibilità ai cambiamenti e le cui conseguenza non hanno niente a che vedere con quelli relativi a una tempesta di ghiaccio, o a un’ondata di caldo o di freddo o una siccità.
  2. Ogni tipo di estremo necessita di essere esaminato specificatamente – e spesso anche regionalmente. Non c’è nessuna teoria e nessuna indicazione che dica che il cambiamento climatico aumenti gli estremi in generale.
  3. L’attribuzione poi di eventi estremi alla variabilità naturale o all’effetto delle emissioni di origine umana è difficile. Ci sono tanto per cominciare pochi dati osservativi, poche verifiche delle simulazioni climatiche di eventi estremi, e (per il momento) valutazioni solo limitate delle proiezioni basate sui modelli.
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Eventi estremi: Chi di mantra ferisce di mantra perisce

Alcuni giorni fa su Science Daily è uscito un articolo che preannunciava un intervento del climatologo Kevin Trenberth al meeting annuale della Geological Society of America tenutosi poi dal 9 all’11 ottobre. Il titolo della sessione era Extreme Climate and Weather events: Past, Present and Future. La presentazione di Trenberth nello specifico aveva questo invece questo titolo: The Russian Heat Wave and Other Climate Extremes of 2010.

Analizzando i dati relativi all’ondata di calore che ha colpito la Russia nel 2010, Trenberth arriva a concludere che l’evento ha avuto sostanzialmente una doppia radice, ovvero sia naturale che antropica. Per questo, come per altri (quasi tutti sembrerebbe) eventi estremi registrati nel 2010 e nella prima parte del 2011, periodo che non è stato affatto avaro al riguardo, Trenberth individua il contributo antropico nel fatto che abbiano avuto origine in zone del Pianeta caratterizzate da anomalie positive delle temperature di superficie del mare, avendo quindi a disposizione una maggiore quantità di vapore acqueo e di energia, scaricata poi nell’intensità degli eventi. Per la Russia in particolare, sarebbe stata la forza anomala del monsone indiano, appunto innescata dall’anomalia positiva della temperatura del mare, a generare le condizioni per la persistenza del blocco anticiclonico che ha poi favorito e alimentato le condizioni per l’intensa ondata di calore.

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Danni da eventi estremi tra scienza e propaganda

Un paio di settimane fa vi abbiamo dato conto, seppur brevemente, dell’ultima iniziativa mediatica dell’uomo politico più impegnato di tutti a far proseiliti sul catastrofismo…

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