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Tag: CO2

Clima: Un fine incerto e una strada sbagliata.

E’ un dibattito distorto quello sul ruolo delle attività umane nelle dinamiche del clima. Lo è perché la scienza è stata politicizzata. Lo è perchè sono piovute valanghe di soldi, assolutamente benvenuti quando si tratta di ricerca sia essa scientifica o tecnologica, molto pericolosi invece quando si tratta di lobbying.

Quando è iniziato tutto questo? Si potrebbe dire molto tempo fa, per esempio con la conferenza di Rio del 1992, ma la svolta vera e propria è molto più recente. Senza la pubblicazione del Rapporto Stern del 2007, la pubblicazione che presagiva una netta contrazione del PIL mondiale a causa degli sconquassi climatici, la scienza del clima non sarebbe mai entrata nei salotti buoni della finanza. A seguire, sempre nel 2007, il 4° report dell’IPCC che svelava al mondo le ragioni della presunta emergenza.

E l’argomento clima, ovvero la necessità di porre in essere delle politiche di mitigazione, balzò in cima all’agenda politica. Ma, un summit fallito dopo l’altro e, soprattutto, la crisi finanziaria che ha messo in ginocchio quelle che se non sono più le locomotive economiche del mondo certamente lo erano per le policy climatiche, hanno via via contribuito a spegnere gli entusiasmi sulle tematiche climatiche. Più pressante, inevitabilmente, la necessità per molti di evitare il disastro finanziario, al quale forse hanno contribuito nel recente passato anche le disinvolte politico clima-economiche drenando risorse ai cicli produttivi del mondo occidentale.

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É solo questione di protocollo

Etichetta, non nel senso del bon ton, ma in quello del cartellino. Se la CO2 viene da un paese che ne produce poca ha un valore, se viene da uno che ne produce tanta ha un costo. Questa, a grandissime linee e senza alcuna pretesa di entrare nel dettaglio, la filosofia dell’ETS, il mercato dove si scambiano le quote di emissione. Filosofia e norme che scaturiscono dal Protocollo di Kyoto.

Ora, che in quella surreale attività che a molti piace definire ‘lotta ai cambiamenti climatici’ il suddetto protocollo e tutto quello che questo comporta non servano a un accidente é cosa nota. Qualora infatti tutti i paesi firmatari lo ratificassero e decidessero di fare di tutto per centrare gli obbiettivi fissati, in termini di simulazioni climatiche forse il global warming arriverebbe nel 2106 anziché nel 2100. Che invece in termini finanziari sempre il suddetto protocollo sia un affarone per pochi e un disastro per tutti gli altri é forse meno noto, benché anche su queste pagine lo si vada dicendo da tempo.

Ma no, é necessario, vedrete, quando il sistema andrà a regime sarà un’altra cosa, ci saranno ricchi premi e cotillons per tutti, ci dicevano.

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Nel 2100 un’Africa con più boschi, più praterie e meno deserti…e tutto per merito della CO2

La letter di Higgins e Scheiter (che d’ora in avanti chiameremo per comodità H&S) pubblicata qualche giorno orsono su Nature

Atmospheric CO2 forces abrupt vegetation shifts locally, but not globally”, Nature, doi:10.1038/nature11238

è ricca di spunti interessanti e che giustificano il commento che su sollecitazione di Guido mi sono deciso a scrivere.

H&S descrivono infatti il comportamento passato e futuro (dal 1850 al 2100) della vegetazione africana utilizzando un modello di simulazione dinamico, l’aDGVM (adaptive Dynamic Global Vegetation Model) fatto girare sia su dati pregressi sia su dati previsti ottenuti applicando il modello climatico GCM ECHAM5 allo scenario emissivo A1B dell’IPCC.

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Nuova ricetta: Pane e CO2.

Si potrebbe rivisitare così la famosa frase di Maria Antonietta: “Maestà il popolo non ha pane. Dategli la CO2″”.

Allora, il volume d’affari della coltivazione e commercio del grano a livello globale è di circa 182 miliardi di dollari. Il volume di affari del mercato del carbon trading è arrivato nel 2011 a 176 miliardi di dollari. Ciò significa che l’aria, o meglio uno dei suoi componenti, nonostante la sua nota inconsistenza anche quando è fritta,  ora vale come il pane.

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CO2 o non CO2

Tra pochi giorni festeggeremo il quinto compleanno di CM. Stiamo per finire la pre-scolarizzazione, nel prossimo autunno andremo in prima elementare. Eh sì, perché questo è il livello che ci è stato assegnato. Ma non siamo solo giovani e inesperti, abbiamo anche scarsa propensione all’apprendimento.

Ma, finalmente, ho capito che non è tutta colpa nostra. Se quelli bravi, anzi, bravissimi, continuano a confonderci le idee non miglioreremo mai.

Avevo letto quanto sto per far leggere anche a voi qualche giorno fa. Lì per lì avevo anche deciso di lasciar perdere, perché non avevo capito quasi niente. Dal momento che si trattava delle parole del premio nobel Carlo Rubbia, ero certo che fosse colpa mia o, nella migliore delle ipotesi, di chi aveva riportato la sua opinione.

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La CO2 nel cortile di casa

Le dinamiche della circolazione delle notizie sono strane e imprevedibili almeno quanto quelle del clima. Alcuni giorni fa ho intercettato su Tallbloke il commento ad un articolo scritto da alcuni ricercatori Italiani, un paper comunque attualmente disponibile solo in abstract sui proceedings di EGU.

CO2 fluxes from Earth degassing in Italy – Cardellini et al., 2011

Si tratta dei risultati di una campagna di misura dei flussi di CO2 rilasciati dal terreno, con origini vulcaniche e non vulcaniche. Sebbene come detto si possa consultare solo l’abstract, a questo link c’è una presentazione dello stesso team di ricerca che chiarisce un po’ le idee.

Ad ogni modo, perché ci interessa l’argomento? Vediamo.

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Mirror posting: Il capro espiatorio è sempre la Co2

Questo post è uscito venerdì scorso su La Bussola Quotidiana

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Da oltre trent’anni è in atto un’Hiroshima culturale che indica nell’anidride carbonica la responsabile di tutti i mali del pianeta. Se piove poco è colpa della CO2, se piove troppo è sempre colpa della CO2, se fa’ più caldo del normale è colpa della CO2 ed analogamente se fa’ più freddo del dovuto. La CO2 è stata ormai assunta come tracciante di qualsiasi inquinante emesso in atmosfera dall’uomo e la sostenibilità ambientale viene oggi sempre più intesa come sinonimo di bassa emissione di CO2.

Questi concetti, fatti propri dalle Nazioni Unite, dall’Unione Europea e dai nostri Governi, sono oggi la colonna portante della green economy e come tali vedono l’adesione entusiastica dell’intero sistema economico (industria, terziario, agricoltura, trasporti, ecc.) e sono quindi incessantemente divulgati dai media, andando a costituire una “verità inoppugnabile” contro la quale è pericoloso o quantomeno donchisciottesco cercare di opporsi.

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Temperatura e CO2, il termostato c’è ma non lo controlliamo noi

Sulle nostre pagine, ma anche sulla maggior parte delle aree di discussione di materia climatica, si fa spesso riferimento alla complessità del sistema Pianeta, al suo essere unitario, in un continuum indistinguibile tra i suoi sottosistemi, di cui il clima di per se’ non è che una manifestazione parziale.

Un sistema che va osservato in tutti i suoi molteplici aspetti il cui studio non può che essere altamente multi-disciplinare. Non solo climatologia quindi, ma anche geologia, biologia e quant’altro possa venire in mente. Non è un caso, infatti, se alcuni dei contributi più interessanti anche per le nostre piccole discussioni, siano giunti ad esempio proprio da chi si occupa di geologia. Nella fattispecie, qualcuno potrà ricordare che spesso questi contributi si posizionano in chiave scettica circa le origini antropiche delle recenti dinamiche del clima. Non credo e non so se si possa dire altrettanto per la lettura che sto per consigliarvi, perché l’autore, affrontando il tema delle dinamiche di mantenimento dell’equilibrio del sistema a dispetto di molteplici eventi perturbanti, ci tiene a precisare che “non è alla scala della vita umana che si ristabiliscono gli equilibri perturbati”, e che “Pochi gradi centigradi in più o in meno signifi cano caldo umido o freddo secco su tutta la Terra, ma già dieci gradi in più o in meno possono signifi care lo scompenso degli equilibri che regolano la vita. Stiamo quindi attenti a non giocherellare con il termostato della Terra”.

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Il Pianeta perde calore, ma non la CO2

Ma quanto manca alla conferenza di Rio? Due mesi? Per la miseria, sarà una fatica arrivarci. Ogni giorno ne esce una nuova a causa dei lavori preparatori all’ennesimo annuncio di disastro imminente. Nature, (ex)autorevole rivista scientifica (ex almeno in termini climatici), è in prima linea.

Alcuni giorni fa è uscito un articolo di quelli destinati a far saltare il banco.

Global warming preceded by increasing carbon dioxide concentrations during the last deglaciation – Shakun 2012

Che cosa? L’aumento della CO2 ha preceduto l’aumento delle temperature alla fine dell’ultima glaciazione? Questa sì che è una notizia, dai proxy delle carote di ghiaccio antartiche si era sempre visto il contrario, prima la temperatura e poi, solo poi la CO2, anche con un ritardo di centinaia d’anni. E invece, collezionando ben 80 serie di dati proxy di vario genere, gli autori di questo articolo giurano di aver scoperto esattamente il contrario, sovvertendo una delle più solide critiche mai fatte all’ipotesi delle origini totalmente umane del riscaldamento globale. Se infatti la CO2 ha preceduto le temperature vuol dire che ne ha più probabilmente causato l’aumento.Vale la pena investigare.

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Discontinuità nel tasso atmosferico di CO2 nel 1976 e nel 1994

La sedicente saggezza convenzionale continua a riempire giornali, radio e TV con anticipazioni di un estremo riscaldamento globale – entro il secolo. Sostengono che probabilmente è dovuto alla combustione di carbone, gas e petrolio producendo anidride carbonica che accentua l’effetto serra. La EPA, agenzia USA per la protezione dell’ambiente, ha scioccamente classificato questo gas (CO2) fra quelli dannosi e inquinanti. Se non ci fosse, la terra sarebbe gelida, non crescerebbero piante, non ci sarebbe l’umanità.

I miei amici climatologi non sono d’accordo. Fanno i calcoli giusti e spiegano molti fenomeni in modi sempre migliori. Gli altri climatologi (che sbagliano arrogantemente) continuano a cercare di calcolare quanto sarà l’aumento della temperatura atmosferica in funzione del tasso di CO2. Questo certo influisce, ma i fattori rilevanti sono moltissimi. Asseriscono che la causa del riscaldamento è antropica e che hanno ragione loro perché sono in maggioranza. Trascurano che nelle loro file non hanno potuto contare: Tom Gold, Freeman Dyson, Luigi Mariani, H. Tennekes, Lord Monkton, Roger Pielke e altri “cani grossi”. Pretendono di sapere che limitando l’aumento di anidride eviteremmo che la temperatura cresca più di due gradi.

È vero che il tasso di CO2 nell’atmosfera nell’ultimo mezzo secolo è cresciuto di quasi il 25% (da 315 a 392 parti per milione). Però l’anidride carbonica costituisce ancora meno di metà dell’uno per mille dell’atmosfera.

Se consideriamo la serie storica dei tassi di CO2 (misurati a MaunaLoa nelle Hawaii) dal 1959 a oggi, vediamo che ci sono state 2 discontinuità. Dal 1959 al 1976 l’aumento medio annuo era di 0,95 parti per milione (ppm). Dal 1976 al 1994 cresce  a 1,48 ppm e dal 1994 al 2011 cresce ancora a 1,81 ppm.

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Piante e Clima Globale – Parte III

CO2 e Produttività Globale dei Vegetali

Per i nostri scopi è interessante anzitutto evidenziare gli strettissimi legami esistenti fra livelli atmosferici di anidride carbonica e produttività globale dei vegetali. In tal senso sono qui di seguito riportate alcune interessanti evidenze.

Anzitutto i proxy data presenti in carote glaciali antartiche pubblicati da Prentice et al (2011) indicano che la produttività dell’ecosistema globale nell’ultimo massimo glaciale (Last Glacial Maximum – LGM) era inferiore del 25/40% rispetto a quella dell’Olocene Pre-industriale (Pre Industrial Holocene PIH) e inoltre un valore coerente con tali misure (-30%) è risultato da simulazioni svolte con modelli matematici. Tale fenomeno è probabilmente frutto dei soli ecosistemi terrestri, poiché quelli marini evidenziano solo variazioni marginali nella transizione da LGM a PIH.

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